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323 ..:: 06.10.2024

..:: Nella foto, Alberto Savinio.

TRINITAPOLI ..:: Il giovane Alberto Savinio, ‘compositore quindicenne’ come era stato soprannominato in quegli anni, si trasferì a Milano nel 1907, dove l’editore Tito Ricordi si era espressamente interessato alla sua prima opera, “Carmela”, accendendo in lui le speranze di una possibile pubblicazione; fu infatti così che avvenne, quando nel 1907 l’opera “fu presa da casa Ricordi, e Tito Ricordi dichiarò in un’intervista al Corriere della Sera la scoperta da lui fatta.”
Nacque uno stretto rapporto tra i due che si protrasse per diversi mesi in cui frequentarono i caffè letterari di Milano, il Cova in particolare.
Fu inoltre grazie alla “Conversazione” con Tito Ricordi e ad un’intervista del 19 ottobre 1907 con il titolo “Il compositore quindicenne” comparsa sul Corriere della Sera, che il Nome di Alberto Savinio venne reso noto al grande pubblico.
Nel 1911 si trasferisce a Parigi dove incontra il musicologo Calvocoressi con cui prova a scrivere un’opera musicale-teatrale, ‘Le trèsor de Ramsenit’ dove Calvocoressi fu il librettista, eseguita in forma parziale da Savinio il 24 maggio. Fece anche alcune prove di musica per balletto, grande novità di questi anni portata dal russo Djagilev, e di cui Igor Stravinskij fu il maggior rappresentante e innovatore.
Compose dunque i primi balletti ‘Persèe’ con soggetto e coreografia di Fokine del 12 novembre 1913 e ‘Deux amours dans la nuite’ con soggetto proprio nel novembre 1913.
I balletti di Sergej Djagilev, dice Savinio, nacquero “per reagire col suo amaro, col suo acido, col suo legnoso, col suo povero, col suo angoloso, col suo storto, al rotondo, all’imbottito, al cremoso, allo zuccherato del wagnerismo, che ci era salito fino sopra gli occhi e minacciava di mandarci tutti quanti all’altro mondo in una crisi generale di diabete galoppante.”
Il ‘legnoso, spigoloso, storto, amaro’ a cui si riferisce Savinio, descrive appieno l’opera di Igor Stravinskij, seguita poi da tutti i compositori di quel periodo, i quali “cercavano la vita e la salute nell’imbarbarimento, ossia nel ritorno alla schiettezza e allo stupore elementare dell’uomo primitivo.”
Questa è l’esatta descrizione di una delle opere più spartiacque del repertorio di Stravinskij: La Sagra della primavera, alla quale Savinio assistette alla prima rappresentazione il 28 Marzo 1913 a Parigi al Teatro Astruc; in Italia essa fu rappresentata solo il 27 marzo 1941, generando una reazione nel pubblico completamente diversa da quella che fu a Parigi, questo perché secondo Savinio “il 1913 era il tempo delle battaglie artistiche e delle sfide al convenzionale, mentre oggi tutti sanno che sfide, in arte per lo meno, nessuno si sogna più di lanciarle.”
Savinio descrive le composizioni di Stravinskij ognuna come una nuova invenzione, “Lui ha completato l’opera iniziata da Debussy, sganciando definitivamente la musica dal wagnerismo: lui l’a indirizzata prima verso il puro colore (Fuochi d’artificio), poi verso il funambolismo pittoresco (Petruska), poi verso il selvaggismo cita della Sagra della primavera; lui ha inaugurato i ‘ritorni’ (a Rossini, a Pergolesi, a Bach); lui ha fatto rompere la fila all’orchestra berlioziana, wagneriana, straussiana, dei centoventi strumentisti, grassa e opaca, l’ha divisa in tanti piccoli gruppi nei quali ciascuno strumento ha ritrovato il suo carattere proprio e il suo proprio suono.”
Infine, particolarmente apprezzato era l’Oedipus rex, per quella capacità propria di Stravinskij di “conoscere anche i paesi che non ha mai veduto. La Grecia, Stravinskij forse l’ha visitata da turista. Non so.” Si nota infatti in quest’opera una dettagliata descrizione della cultura greca.
Savinio ebbe l’opportunità di partecipare allo scenario, costumi e regia dell’Oedipus rex commissariato da Antonio Ghiringhelli e Mario Labroca per i Teatro alla Scala, andato poi in scena il 24 aprile 1948.

Salvatore Alibrando


 

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