006..::.16.03.2013
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Nella foto, la soprano, Luciana Distante.
Proseguiamo questo «percorso musicale» a
cura di Luciana Distante, soprano. E' una iniziativa
dell'Assodolab riservata a coloro che amano la "buona
musica" e gli "autori del passato" che ci accompagnerà per tutto l'anno 2013 su
queste pagine web del nostro Supplemento di informazione
on-line
www.lasestaprovinciapugliese.it
La prossima uscita sarà il prossimo sabato.
La Redazione
Prof. Agostino Del Buono
Regione Puglia, LECCE..:: In musica, il termine soprano
designa sia la più acuta delle voci femminili, sia la
cantante che la possiede, sia il suo registro peculiare.
L’estensione tipica della voce di soprano è di due ottave,
dal do centrale al do sovracuto (do3 – do5), ma può variare
ampiamente a seconda della tipologia. Il termine è riferito
anche alle voci bianche. Fino al XVIII secolo fu utilizzato
anche per le voci maschili di castrato .
Oggi si distinguono le seguenti tipologie fondamentali:
Soprano leggero, di coloratura o d’agilità (dal re centrale
al fa sovracuto, re3 - fa5): caratterizzata da timbro
chiaro, dolce e limpido e volume limitato, in compenso è
dotata di grande agilità e ricca estensione nel registro
acuto. Inoltre, tra le voci di soprano è quella di tessitura
più acuta poiché spazia quasi esclusivamente tra la zona
acuta e quella sovracuta e non scende quasi mai nel registro
grave. Il soprano leggero è caratterizzato dall’utilizzo
della coloratura, un’ornamentazione virtuosistica eseguita
su una melodia. Si è imposto tra la fine del Settecento e la
prima metà dell’Ottocento, quando i compositori iniziarono a
rinunciare all’utilizzo di passaggi cantabili e dalla
vocalità legata in favore di pezzi di bravura di carattere
“acrobatico”, ottenendo una linea vocale spezzata e
frastagliata, più variegata e irregolare di quella
precedente. Nel corso del XIX secolo, con l’affermarsi di un
teatro musicale che imponeva una caratterizzazione più
drammatica dei personaggi, i compositori ricorsero sempre
più di rado al registro di soprano leggero: a questi scopi
fu introdotta una nuova tipologia di soprano, oggi chiamato
“soprano drammatico d’agilità”, che relegò la coloratura in
secondo piano, in favore di una vocalità più espressiva ed
incisiva. Negli ultimi decenni dell’Ottocento, tuttavia, la
progressiva identificazione tra drammaticità e canto
sillabico, ossia privo di agilità, spinse ad assegnare a
voci leggere i ruoli che contenevano passaggi d’agilità.
Soprano lirico (dal do centrale al re bemolle sovracuto, do3
- re♭5): voce calda, piena, ricca e graziosa; spazia dalla
zona centrale a quella acuta ed è adatto a una vocalità
legata e cantabile.registro di soprano lirico fu il primo a
essere individuato. Nella musica colta occidentale è questa
la voce che esegue le parti acute nelle composizioni
polifoniche, soprattutto di carattere sacro, in virtù della
sua bellezza timbrica e della naturale inclinazione
all’abbandono elegiaco. Anche all’inizio del XVII secolo,
con la nascita dell’opera, il soprano lirico ottiene i ruoli
da protagonista, incarnando i soggetti allora più di moda:
donne virginali, soprannaturali, innamorate, persino ruoli
tragici, parti – quest’ultime - che in futuro saranno
appannaggio del soprano drammatico. La vocalità è patetica e
sentimentale, dalla linea legata e cantabile, sostenuta da
musiche dolci e languide di ritmo lento.
Verso la fine del secolo fu introdotto un nuovo stile di
canto basato sui virtuosismi e sulla coloratura, più adatta
al nuovo stile che andava diffondendosi: il buffo. La linea
di canto è ora vivace e briosa, frastagliata e spezzata,
ideale per “alleggerire” i personaggi e renderli più
civettuoli e maliziosi. Il nuovo soprano, detto leggero o di
coloratura, prende il sopravvento sul soprano lirico nel
repertorio operistico, relegandolo al ruolo di “contraltare
morale”. Un’ulteriore battuta d’arresto per il soprano
lirico ha luogo in epoca romantica, quando i nuovi soggetti
a tinte forti imposero l’impiego di voci potenti e vocalità
stentoree, introducendo un nuovo tipo di soprano detto
drammatico. Anche il soprano leggero viene relegato in
secondo piano, considerato ormai troppo frivolo. Un parziale
recupero del soprano lirico si verifica alla fine del XIX
secolo con la produzione verdiana matura, quando il
compositore creò soggetti con una forte carica di
sentimentalismo (Amelia, Desdemona), ma sarà con l’avvento
di Puccini che questo registro tornerà in auge: Mimì, Manon,
Magda, Lauretta e Liù saranno le paladine dell’amore e del
sentimentalismo, pur con tratti diversi.
Già a partire dal tardo Verdi nacque inoltre una nuova
tipologia di soprano lirico, detta lirico-drammatico o
lirico-spinto, che incontrerà il favore della produzione
verista. Questo soprano, pur mantenendo la vocalità e il
pathos del soprano lirico, possiede una voce più robusta,
necessaria a mettere in risalto la tragicità del soggetto:
la cantante, all’occorrenza, “spinge” la voce verso tonalità
drammatiche, senza però sforare nell’autentico registro di
soprano drammatico.
Soprano drammatico (dal la grave al do sovracuto, la2 -
do5). La voce del soprano drammatico è caratterizzata da
timbro scuro, ricchezza, pienezza, intenso volume e buona
tenuta nel registro grave.
Sopranista: il termine indicava i cantanti castrati che
cantavano nel registro del soprano. Oggigiorno indica invece
un uomo integro dall’estensione molto più ampia rispetto a
un comune controtenore. I caratteri generali di questa voce
molto rara sono la peculiarità del timbro, il volume, la
sonorità e la grande agilità; spazia dalla zona centrale a
quella sovracuta (solitamente fino al do sovracuto) anche se
le incursioni verso la zona grave non mancano. L’estensione
tipica e più diffusa nel repertorio per voce di sopranista è
comunque riscontrabile in linea di massima nel tratto la
grave fino al do sovracuto, la2 - do5.
Luciana Distante
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