029..:: 24.08.2013

Nella foto, la soprano, Luciana Distante.
Proseguiamo questo «percorso musicale» a
cura di Luciana Distante, soprano. E' una iniziativa
dell'Assodolab riservata a coloro che amano la "buona
musica" e gli "autori del passato" che ci accompagnerà per tutto l'anno 2013 su
queste pagine web del nostro Supplemento di informazione
on-line
www.lasestaprovinciapugliese.it
La prossima uscita sarà il prossimo sabato.
La Redazione
Prof. Agostino Del Buono
Regione Puglia, LECCE..:: La produzione verdiana,
che va dall’Oberto (1839) al Falstaff (1893), abbraccia più
di cinquant’anni. In questo ampio arco cronologico che vede
profonde trasformazioni nel contesto storico e culturale
italiano, Verdi delinea un’evoluzione straordinariamente
ricca e complessa, rivela una capacità di rinnovamento, una
disponibilità ad accogliere diversi stimoli e a farli
propri, che ammettono pochi confronti.
I primi settant’anni dell’Ottocento, nonostante il Congresso
di Vienna e la Santa Alleanza, che misero fine all’avventura
napoleonica e sembravano aver messo definitivamente una
pietra sopra a tutti gli ideali della rivoluzione francese,
vedono la borghesia lottare strenuamente in tutta Europa,
spesso alleandosi con operai e contadini contro il ritorno
dell’ancien régime. L’aristocrazia perdeva il suo potere
politico, il processo di industrializzazione pareva
inarrestabile, così come i progressi nella ricerca
scientifica, nell’innovazione tecnologica, nell’uso dei
mezzi comunicativi.
La letteratura, l’arte e quindi la musica diventano più
emotive, più sensibili, sconfinando inevitabilmente nel
dramma passionale. L’opposizione ai poteri aristocratici
dominanti vuole avvalersi di un consenso il più vasto
possibile, usando tutte le espressioni culturali, cercando
di sfuggire alle maglie della censura attraverso linguaggi
indiretti, allusivi, ma avendo sempre come obiettivo quello
di educare il pubblico a coltivare l’esigenza di resistere
all’oppressione, anche solo sul piano morale. In Italia
dunque la cultura smette di essere un affare privato
dell’aristocrazia e diventa occasione di fruizione pubblica.
In particolare i ceti borghesi di qualunque censo possono
assistere a spettacoli teatrali e musicali di ottimo
livello, dove il messaggio culturale trasmesso appare
persino politicamente impegnato, seppure in forma metaforica
o simbolica. Il Teatro alla Scala di Milano, costruito dal
Piermarini nel 1778, diventa uno dei più famosi del mondo.
Una forte trasformazione di genere musicale avverrà nel
melodramma, che da romantico passerà ad essere verista. La
corrente letteraria e artistica, detta “Realismo” o
“Naturalismo”, che si sviluppa negli ultimi decenni
dell’Ottocento francese, in Italia prese il nome di
“Verismo”, di cui Verga e Capuana furono gli autori più
significativi. In campo musicale il punto di riferimento
francese era Bizet (con Carmen); in Italia c’erano Puccini
(Manon Lescaut) e Mascagni (quest’ultimo si ispirò
direttamente alle Novelle rusticane di Verga per comporre la
Cavalleria rusticana). Ma indimenticabili restano anche
Leoncavallo coi suoi Pagliacci e Giordano col suo Andrea
Chenier.Le vicende prese dalla vita quotidiana e trasposte
musicalmente nella loro cruda realtà, si avvalevano di una
scenografia più semplice, più domestica; la stessa musica
doveva restare costantemente legata all’azione di persone
del popolo, in grado di agevolare una facile identificazione
da parte del pubblico, benché i drammi e le tensioni fossero
particolarmente acuti. I sentimenti espressi sono portati
all’eccesso tramite una vocalità caratterizzata da continui
sbalzi e da una ricca orchestrazione. Tra i modi di comporre
più vicini ai nuovi bisogni espressivi vi è quello del tema
conduttore (Leitmotiv), applicato da H. Berlioz alla sua
Sinfonia fantastica e, con rigorosa sistematicità, nelle
opere di R. Wagner, ove ogni personaggio è raffigurato da un
tema musicale, nel senso che tutte le volte che sulla scena
compare un certo personaggio (o viene anche solo ricordato),
si ode il suo tema, più o meno modificato secondo la
situazione.
Il Romanticismo, sul piano culturale, aveva cercato di
recuperare gli ideali della rivoluzione francese con la
finalità di togliere a clero e aristocrazia la gestione
esclusiva delle leve dello Stato. L’Ottocento fu
caratterizzato da continui moti popolari, che alla fine
sortirono l’effetto sperato di portare la borghesia al
potere politico e là dove era necessario, come in Italia,
cacciare l’oppressore straniero e realizzare l’unificazione
nazionale.
Il melodramma recepì questa tensione e questi ideali, alla
sua maniera, quella borghese. Chi si è avvicinato di più al
sentire popolare è stato proprio Giuseppe Verdi che usò
questo genere musicale per far credere nell’idea di
liberazione nazionale e di progresso sociale e culturale. La
vera rivoluzione popolare, in campo musicale, avviene perciò
nel melodramma (mélos = canto, dramma = recitazione), ove si
può constatare più facilmente l’influenza reciproca tra
musica e società. In Italia era dunque impensabile separare
Romanticismo da Risorgimento e, non a caso, il compositore
più significativo dell’Ottocento fu Giuseppe Verdi. Quasi
tutti gli spartiti da lui composti fra il 1842 e il 1849,
nell’epoca più intensa della lotta politica italiana,
contengono vicende, frasi, cori in cui si parla di
liberazione nazionale (Nabucco, I Lombardi alla prima
crociata, La battaglia di Legnano, ecc.). La stessa musica,
col suo ritmo energico, incalzante, con la sua persuasività
e anche con la facilità con cui molte volte poteva essere
memorizzata e riprodotta al di fuori dei teatri,
rispecchiava perfettamente gli stati d’animo del tempo.
Il carattere della musica può essere gioioso o triste, a
seconda che l’opera (o la singola azione) sia buffa o seria.
L’opera seria può contenere storie con risvolti tragici,
commoventi, drammatici, e puòriferirsi a singoli personaggi
o a popoli interi, in cui il conflitto tra bene e male
appare con una certa evidenza.La ricerca di una realtà più
umana e interiorizzata, l’approfondimento dello studio
psicologico dei personaggi e delle situazioni di una vicenda
letteraria (il cui massimo protagonista era stato in
letteratura il Manzoni), viene raccolta in campo musicale da
quattro grandissimi compositori: Rossini, Bellini, Donizetti
e soprattutto Verdi.
Il significato dell’opera verdiana va ricercato nell’idea
del compositore non meramente musicista, ma capace di
accollarsi anche l’onere del drammaturgo e più in generale
di essere impresario di sé stesso, al fine di controllare
molti aspetti dell’opera, per poi essere sicuro del
risultato finale.
In un paese in cui gli analfabeti ufficialmente censiti sono
il settantotto per cento della popolazione, il romanzo o la
poesia restano fatalmente chiusi in un cerchio ristretto.
L’unico mezzo artistico e immediato di diffusione delle idee
è il teatro. Nell’opera verdiana è spesso contenuto anche un
importante messaggio che ha permesso la divulgazione della
cultura dei grandi scrittori stranieri nel nostro paese,
come Byron, Schiller, Shakespeare. Le vicende dei personaggi
delle opere inscenavano sempre episodi estremamente
concreti, reali e tangibili (concetto del “vero”, che già fu
di A. Manzoni), e portavano anche avanti alti ed onorevoli
ideali secondo la prassi romantica; nonostante spesso le
opere finivano con il dramma finale troviamo sempre il
messaggio di “redenzione” (catarsi).
Ricchissimo fu anche l’epistolario di Verdi con amici,
parenti ed impresari, che ci ha permesso di conoscere
moltissimi lati della sua “poetica” (l’insieme di regole che
egli stesso si diede): egli amava i libretti chiari, concisi
e diretti, mentre curiosamente ogni atto era sempre più
breve del precedente. Secondo questo concetto, denominato
“parola scenica”, le parole del libretto erano semplici,
dirette, concrete, immediate; ed anche la musica fece sempre
più uso del cosiddetto “declamato melodico” ossia di cellule
melodiche in sostituzione delle estese frasi tradizionali.
Vi era infine nelle opere verdiane un “motivo conduttore”,
chiamato “tinta musicale”, che divenne elemento portante
nell’ambito di un’opera. Poteva trattarsi di una determinata
tonalità sulla quale si insisteva particolarmente, di
un’ambientazione ricorrente, di una certa cellula ritmica, o
quant’altro.
Tenendo presenti questi elementi, possiamo affermare che le
opere di Verdi sono suddivisibili in tre gruppi
corrispondenti ai tre momenti della sua vita creativa.
Il primo periodo, tra il 1839 e il 1853, abbracciava anni di
intenso lavoro producendo opere con viva personalità, ma
abbastanza fedeli alla tradizione operistica precedente:
l’organizzazione era sempre in tre-quattro atti, con una
orchestrazione ancora acerba, con largo uso delle forme
chiuse (arie, duetti, ecc...). Si ricordano di questo
periodo Nabucco (1842) , Hernani (1844), Macbeth (1847) su
libretto di Shakespeare che proponeva elementi
sovrannaturali, alquanto inusuali per Verdi, Rigoletto, Il
Trovatore e La Traviata. In queste prime opere esisteva già
un forte messaggio verdiano di alti ideali, che indicavano
come deplorevole e portatrice di sventura il comportarsi in
modo disdicevole e scorretto.
Il secondo periodo, che abbracciava gli anni tra il 1875 e
il 1871, mostrava già una certa evoluzione stilistica, e
faceva emergere una notevole varietà nelle vicende dei
personaggi, con situazioni anche brillanti e comiche.
L’orchestrazione divenne più importante, mentre si faceva
strada un progressivo raffreddamento nei confronti dei
vocalizi virtuosistici. Nacquero in questo periodo le figure
del soprano e del tenore drammatici. Di questo periodo si
ricordano Un ballo in maschera (1859), La forza del destino
( 1862), Don Carlos (1867), e soprattutto Aida che sfoggiava
tre temi caratteristici ricorrenti (di Aida, di Amneris, sua
rivale, e dei Sacerdoti).
L’ultimo periodo, che comprendeva gli anni dal 1887 al 1893,
vide la produzione del capolavoro Otello, che mostrava la
tendenza ormai compiuta di eliminare le forme chiuse,
narrando la storia di un personaggio vinto dal destino,
secondo una figura non dissimile dal Tristano di Wagner.
Luciana Distante

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