027 ..:: 24.02.2017 :: 18:30
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SOVERATO :: Con dichiarazione di nullità del sacramento del
matrimonio si intende quel riconoscimento legale ad opera
del tribunale ecclesiastico che, in virtù del diritto
canonico cattolico, riconosce la nullità del sacramento del
matrimonio.
Comunemente si parla di "annullamento della Rota", o
addirittura di "divorzio cattolico", ma tecnicamente si
tratta di un "riconoscimento di nullità". Infatti secondo la
dottrina cattolica il matrimonio è uno e inscindibile,
pertanto non possono sussistere motivi di annullamento o
risoluzione del matrimonio stesso. Se invece viene
verificata ex post la sussistenza di una causa di nullità,
tale da viziare la validità del matrimonio contratto, il
tribunale riconosce la nullità del vincolo e dichiara lo
scioglimento dei coniugi dai diritti e dagli obblighi di
coniugio.
Tribunale competente.
Per intentare una causa di nullità matrimoniale, uno dei due
coniugi deve rivolgersi ad un tribunale ecclesiastico. In
genere il tribunale a cui rivolgersi è il tribunale
diocesano; fanno eccezione le diocesi dell'Italia, dove la
Conferenza episcopale italiana ha eretto 18 tribunali
regionali e ha stabilito che soltanto questi tribunali sono
competenti per le cause di nullità matrimoniale.
Il primo tribunale a cui ci si rivolge viene chiamato
tribunale di primo grado.
Il coniuge che fa partire la causa (chiamato dal diritto
"attore") può scegliere il tribunale a cui rivolgersi in
base a quattro criteri:
il tribunale del luogo dove fu celebrato il matrimonio;
il tribunale del luogo di domicilio dell'attore;
il tribunale del luogo di domicilio dell'altro coniuge
(chiamato "convenuto");
il tribunale del luogo dove di fatto si dovrà raccogliere la
maggior parte delle prove.
Motivi di nullità.
Nell'individuazione delle cause di nullità, sono certamente
ammesse ragioni legate alla natura spirituale del vincolo e
perciò la mera formalità di una pur corretta conduzione di
un ménage matrimoniale, può ben essere vinta da un'analisi
sostanziale che disveli che alla forma non era conseguita
sostanziale corretta ricezione spirituale del sacramento da
parte di uno o entrambi i coniugi. Il tribunale non dichiara
inefficace un matrimonio, non ha il potere di annullarlo;
stabilisce se un matrimonio era nullo in partenza (nullità "ab
initio"), se un matrimonio realmente non c'è mai stato, e
questo, perché esisteva almeno una condizione da non
renderlo tale.
Ad esempio, in presenza di un matrimonio combinato, in cui
l'unione non è frutto di una libera scelta dei coniugi,
nonostante la cerimonia e che questo sia rato e consumato,
questi coniugi non sono mai stati sposati. Il tribunale
canonico non annulla il matrimonio, accerta che per questa
causa un matrimonio non c'è mai stato.
Il vizio di nullità può essere riconosciuto anche in fatti
preannunciati o precedenti al matrimonio, caso tipico
essendone la mancanza di alcune condizioni oggettive
ritenute in dottrina essenziali al buon esito del legame.
Sono i cosiddetti "impedimenti dirimenti", resi celebri ne I
promessi sposi da Don Abbondio che ne riassume a Renzo la
sequenza: «Error, conditio, votum, cognatio, crimen, Cultus
disparitas, vis, ordo, ligamen, honestas, Si sis affinis,
...».[1]
L'amministrazione del sacramento matrimoniale non ha
l'effetto di unire i coniugi in un vincolo davanti a Dio, se
manca la volontà e la consapevolezza di contrarre gli
impegni che derivano da un matrimonio religioso, e di farlo
insieme all'altro coniuge. Questi impegni riguardano
principalmente i cosiddetti tria bona matrimonii, ovvero
bonum sacramenti (indissolubilità del vincolo coniugale),
bonum prolis (apertura alla nascita di figli), bonum fidei
(accettazione del vincolo esclusivo di fedeltà all'altro
coniuge), ma si considerano anche l'accettazione della
sacramentalità del vincolo ed il cosiddetto bonum coniugum.
Il diritto canonico individua altri casi in cui è lecita la
dichiarazione di nullità, fra i quali: matrimonio imposto
contro la volontà di uno o entrambi i coniugi; incapacità
psicologica di effettuare una vera scelta coniugale ed
incapacità psicologica di adempiere agli obblighi sopra
ricordati; sono poi considerati capaci di viziare la
regolarità del vincolo la condizione e l'errore al momento
del consenso. La funzione riproduttiva connessa al
matrimonio cattolico consente l'ammissibilità di istanze
fondate sulla mancata consumazione materiale dello stesso.
Le persone il cui matrimonio religioso è stato riconosciuto
nullo dal Tribunale Apostolico della Romana Rota, sono
libere di risposarsi una seconda volta in forma religiosa,
anche se ad alcune di esse può essere comminato un divieto
amministrativo a contrarre nuove nozze senza il consenso
della Curia di appartenenza. Per la Chiesa cattolica la
nullità significa che matrimonio non vi è stato,[2] pertanto
esse non sono mai state sposate prima e sono quindi libere
di creare un nuovo legame.
Le istanze di dichiarazione di nullità del matrimonio sono
in genere informalmente inoltrate al Vicario giudiziale
della propria diocesi che provvede ad indirizzare gli
interessati nell'adizione della procedura. Presso il
Tribunale Apostolico della Rota Romana è tenuto un albo
degli avvocati rotali, che possono patrocinare in ogni
tribunale ecclesiastico senza limiti di territorialità.
Di seguito elenchiamo più specificamente i vari motivi di
nullità che sono contemplati dal codice di diritto canonico
(in latino Codex iuris canonici - c.i.c.).
L'impotenza (can. 1084 c.i.c.)
L'impedimento di impotenza, disciplinato dal can. 1084 del
codice di diritto canonico (c.i.c.) attiene all'incapacità,
sia per l'uomo che per la donna, di porre in essere l'atto
sessuale per cause di diversa natura organica, ad es. per
l'uomo incapacità di erezione del membro o per la donna il
vaginismo, ovvero di natura funzionale, quando l'impotenza
deriva da cause psichiche. Per rendere nullo il matrimonio
la norma stabilisce che l'impotenza copulativa deve essere
antecedente al matrimonio nonché perpetua, sia da parte
dell'uomo sia da parte della donna, sia nei confronti di
qualsiasi soggetto (assoluta), sia nei confronti solo del
proprio partner (relativa). Si dice perpetua l'impotenza che
non è guaribile se non con mezzi illeciti o straordinari che
ad. es. possano mettere a repentaglio anche la vita dello
stesso paziente. Occorre distinguere infatti la perpetuità
canonica dalla perpetuità medica.
Se l'impedimento di impotenza è dubbio, sia per dubbio di
diritto sia per dubbio di fatto, il matrimonio non deve
essere impedito né, stante il dubbio, dichiarato nullo.
La sterilità né proibisce né dirime il matrimonio, a meno
che la parte sterile abbia nascosto dolosamente la sua
condizione al coniuge il quale se avesse saputo della
sterilità non avrebbe acconsentito a contrarre matrimonio.
Incapacità per insufficiente uso di ragione (can. 1095 n. 1
c.i.c.)
Sono incapaci a contrarre matrimonio coloro che mancano di
sufficiente uso di ragione. L'uso di ragione indicato al
numero 1 del can. 1095 attiene alla natura dell'atto
presente quando per un motivo contingente la parte non abbia
sufficiente ragione per comprendere il patto matrimoniale
che sta per concludere. In quel momento il nubente non ha il
dominio congiunto e armonico delle sue facoltà sensitive,
appetitive, intellettive e volitive, necessario a far sì che
il suo atto di contrarre sia atto umano (Villadrich). Questo
può avvenire a causa ad esempio di assunzione di farmaci,
alcool, ovvero sostanze stupefacenti.
Incapacità per difetto di discrezione di giudizio (can. 1095
n. 2 c.i.c.)
L'incapacità consensuale attiene anche coloro che difettano
gravemente di discrezione di giudizio circa i diritti e i
doveri matrimoniali essenziali da dare e accettare
reciprocamente. Il soggetto in questo caso non è in grado di
valutare dal lato pratico, gli effetti del matrimonio che
sta per contrarre, sia in relazione a se stesso sia in
relazione al coniuge.
Incapacità per cause di natura psichica (can. 1095 n. 3
c.i.c.)
Attiene coloro che per cause di natura psichica, non possono
assumere gli obblighi essenziali del matrimonio. Dette cause
rientrano in psicopatologie che l'antropologia richiede
essere serie. Non bastano infatti delle semplici difficoltà
insorte tra i coniugi per dichiarare la nullità del
matrimonio. Giova riportare una celebre espressione di
Giovanni Paolo II: “Il fallimento dell'unione coniugale non
è mai in sé una prova per dimostrare tale incapacità dei
contraenti, i quali possono avere trascurato, o usato male,
i mezzi sia naturali che soprannaturali a loro disposizione,
oppure non avere accettato i limiti inevitabili ed i pesi
della vita coniugale, sia per blocchi di natura inconscia,
sia per lievi patologie che non intaccano però la
sostanziale libertà umana. Una vera incapacità è
ipotizzabile solo in presenza di una seria forma di anomalia
che comunque si voglia definire, deve intaccare
sostanzialmente la capacità di intendere o volere del
contraente.” Il criterio di valutazione dell'incapacità
psichica fonda la sua essenza sull'indisponibilità
sostanziale di intelligenza o volontà da parte del soggetto
nell'attuare il proprio comportamento, laddove esso sia
lesivo di qualche obbligo essenziale dello stato coniugale.
[3]
Le cause di natura psichica possono essere varie tra cui: il
narcisismo, il transessualismo, il lesbismo, la ninfomania,
il voyerismo, il sadismo, il masochismo, la noncuranza o
negligenza strafottente (“menefreghismo”), il satirismo,
l'alcolismo cronico, la tossicodipendenza etc.
Ignoranza (can. 1096 c.i.c.)
Questo è un capo di nullità ormai rarissimo ai nostri tempi
di società globalizzata. Perché possa esserci un valido
consenso matrimoniale, è necessario che i contraenti almeno
non ignorino che il matrimonio è la comunità permanente tra
l'uomo e la donna, ordinata alla procreazione della prole
mediante una qualche cooperazione sessuale. Tale ignoranza
non si presume dopo la pubertà. Corre l'obbligo di osservare
che le norme di diritto canonico sono state date per ogni
tipo di società che esiste sul nostro mondo e dunque vanno
ad interessare anche popoli in cui tale tipo di ignoranza
potrebbe ancora incontrarsi.
Errore (can. 1097 § 1 e § 2 c.i.c.)
L'errore è una falsa conoscenza della realtà per cui la
volontà di un atto dipende dalla convinzione dell'esistenza
di una situazione di fatto che in realtà non esiste.
L'errore di persona (can. 1097 § 1 c.i.c.) rende invalido il
matrimonio laddove ad esempio: "pensavo di sposare il Tizio,
invece ho sposato Caio".
L'errore circa una qualità della persona (can. 1097 § 2
c.i.c.), quantunque sia causa del contratto, non rende nullo
il matrimonio, eccetto che tale qualità sia intesa
direttamente e principalmente. Un esempio classico è quello
del coniuge che contrae matrimonio con il partner che
ritiene (erroneamente), essere medico laureato in medicina e
proprio questa qualità di medico ha determinato
principalmente e direttamente il suo consenso. Ai fini della
dichiarazione di nullità occorre distinguere che l'errore
cada sulla sostanza e non sulla persona. La nullità ha luogo
pertanto nel caso in cui il coniuge ha inteso: "Voglio
sposare un farmacista, che ritengo essere Tizio". Diverso
sarà invece il caso: "Voglio sposare Tizio, che ritengo
essere un farmacista". Nel secondo caso l'errore ricade
sulla persona e non sulla sostanza e dunque il matrimonio
sarà valido.
L'errore circa l'unità o l'indissolubilità o la dignità
sacramentale del matrimonio non vizia il consenso
matrimoniale, purché non determini la volontà. Ad esempio
Tizio sposa Caia solo sul presupposto (erroneo) che il
matrimonio non sia indissolubile ovvero che non sia un
sacramento e che, in qualsiasi momento potrà riacquistare la
propria libertà tramite il divorzio risposandosi con
un'altra persona.
Dolo (can. 1098 c.i.c.)
Il dolo è un vero e proprio inganno voluto coscientemente,
relativo ad una qualità particolare che viene ordito nei
confronti della comparte per estorcergli il consenso
nuziale. Il codice stabilisce che contrae invalidamente chi
celebra il matrimonio, raggirato con dolo ordito per
ottenerne il consenso, circa una qualità dell'altra parte,
che per sua natura può perturbare gravemente la comunità di
vita coniugale. L'inganno può essere ordito sia dall'altro
coniuge sia da terze persone diverse dal coniuge, come ad
esempio suoi parenti.
Simulazione - o esclusione (can. 1101 c.i.c.)
La simulazione è una difformità tra volontà interna e
manifestazione esterna. Il codice stabilisce che il consenso
interno dell'animo si presume conforme alle parole o ai
segni adoperati nel celebrare il matrimonio. Ma se una o
entrambe le parti escludono con un positivo atto di volontà
il matrimonio stesso, oppure un suo elemento essenziale o
una sua proprietà essenziale, contraggono invalidamente. La
simulazione viene detta anche esclusione.
Si ha la simulazione totale quando il contraente esclude il
matrimonio nella sua totalità interpretando il rito del
matrimonio in realtà una rappresentazione teatrale. In
questo caso il simulante esclude sia le proprietà che gli
elementi essenziali del matrimonio.
L'esclusione dell'indissolubilità si verifica quando il
contraente manifesti una riserva mentale per cui escluda
l'indissolubilità del matrimonio ritenendo di potere
divorziare qualora le cose non vadano bene durante la vita
coniugale.
L'esclusione della prole attiene alla volontà di procreare
dei figli nel corso del matrimonio. In questo caso occorrerà
esaminare attentamente se l'uso di metodi anticoncezionali
sia finalizzato ad una procrastinazione della procreazione
ovvero ad una esclusione assoluta della volontà di avere
figli.
L'esclusione dell'unità coniugale ammette la possibilità di
avere delle relazioni sessuali con altre persone diverse dal
coniuge in corso di matrimonio. Si nega pertanto
l'esclusività della donazione di sé al coniuge.
L'esclusione della dignità sacramentale si ha quando il
contraente esclude che il patto matrimoniale sia esso stesso
sacramento. Egli vuole il matrimonio ma esclude il
sacramento, e se il matrimonio dovesse essere sacramento,
rifiuta il matrimonio stesso.
Condizione (can. 1102 c.i.c.)
La condizione è una circostanza esterna da cui dipende
l'efficacia di un atto giuridico. Non si può contrarre
validamente il matrimonio sotto condizione futura mentre il
matrimonio celebrato sotto condizione passata o presente è
valido o no, a seconda che esista o no il presupposto della
condizione. Pertanto nel caso in cui il contraente ritenga:
"ti sposo a condizione che tu sia un avvocato (condizione
presente) oppure a condizione che tua abbia fatto il liceo
artistico (condizione passata)” il matrimonio sarà valido se
effettivamente nel momento della celebrazione il coniuge è
avvocato o se a suo tempo si è diplomato presso il liceo
artistico.
Non sarà invece valido ad es. il matrimonio in cui viene
posta la condizione: “ti sposo a patto che entro due anni
dal matrimonio farai abitare mia madre anziana in casa
nostra". In questo modo il legislatore ha cercato di evitare
dei vincoli futuri e dunque, ancora incerti, al volontario
consenso matrimoniale.
Timore - o Metus (can. 1103 c.i.c.)
Il timore è la trepidazione o l'inquietudine dell'animo a
causa di un pericolo immediato o futuro. È invalido il
matrimonio celebrato solo per violenza o timore grave
incusso dall'esterno, anche non intenzionalmente, per
liberarsi dal quale uno sia costretto a scegliere il
matrimonio. Solo il timore grave incusso dall'esterno
invalida il matrimonio. In caso di timore reverenziale il
matrimonio non è nullo a meno che detto timore reverenziale
non sia rivestito di gravità, nel qual caso potrebbe dare
adito a nullità.
La forma canonica (cann. 1108 e seg. c.i.c.)
Il sacerdote che non abbia i requisiti formali di delega per
assistere al matrimonio può determinare una causa di nullità
per difetto di forma canonica.[4] [5]
Sentenza esecutiva
Lo scioglimento del matrimonio religioso ha effetto
immediato dopo due sentenze conformi emesse dal tribunale
canonico. Quindi, se la prima istanza si conclude in modo
affermativo, è comunque necessario appellarsi in seconda
istanza per ottenere una seconda sentenza affermativa; se le
prime due sentenze non sono conformi, è necessaria una terza
sentenza per dirimere la questione.
Per ottenere una sentenza esecutiva bisogna dunque
percorrere diversi gradi di processo:
• primo grado: presso i tribunali territoriali (in Italia
sono tribunali regionali);
• secondo grado:
• presso i tribunali territoriali (in Italia i tribunali
regionali di primo grado appellano in secondo grado presso
un tribunale regionale vicino, già stabilito dal diritto)
• oppure, a scelta dell'attore, presso il Tribunale della
Rota Romana (detto impropriamente "Sacra Rota"): servirsi di
questo tribunale può risultare più difficile (soprattutto
per persone che abitano lontano da Roma e dall'Italia) e più
oneroso rispetto ai tribunali territoriali di secondo grado
• terzo grado: a partire dal terzo grado di giudizio il
ricorso alla Rota diventa obbligatorio.
Le cause di nullità matrimoniale costituiscono la stragrande
maggioranza (ma non la totalità) delle cause discusse presso
i tribunali ecclesiastici e presso la Rota.
Confronto tra dichiarazione di nullità canonica e divorzio
civile
La dichiarazione di nullità è diversa dal divorzio del
diritto civile: il divorzio riconosce la validità del
precedente matrimonio, ne stabilisce la fine e gli obblighi
verso il coniuge più debole; la dichiarazione di nullità,
invece, sancisce che (a livello giuridico) il matrimonio
precedente non c'è mai stato (non annullato, bensì nullo ab
initio) e quindi non sussistono obblighi a protezione del
coniuge più debole. Maggiori somiglianze ci sono tra la
dichiarazione di nullità del diritto canonico e
l'annullamento del matrimonio del diritto civile: i motivi e
le cause di queste due procedure sono però diversi.
Note |
Nel Codice di Diritto Canonico si legge:
Can. 1055 - § 1. “Il patto coniugale con cui un uomo
e una donna stabiliscono tra loro la comunità di
tutta la vita, per sua natura ordinata al bene dei
coniugi e alla procreazione ed educazione della
prole, tra i battezzati è stato elevato da Cristo
Signore alla dignità di sacramento. § 2. Perciò, tra
battezzati non può esistere in valido contratto
matrimoniale che non sia, proprio in virtù di ciò,
sacramento.”
Can. 1057 - 1. “L’atto che costituisce il matrimonio
è il consenso delle parti legittimamente manifestato
tra persone giuridicamente capaci; esso non può
essere supplito da nessun potere umano. § 2. Il
consenso matrimoniale è l’atto della volontà con cui
un uomo e una donna, con patto irrevocabile, si
danno e si accettano reciprocamente per costituire
il matrimonio”.
Il consenso espresso dalle parti, quindi, è l’atto
che costituisce il matrimonio che, per la Chiesa, è
anche sacramento. Proprio per ciò, nel Diritto
Canonico vi sono due rilevanti presunzioni di legge
enunciate nei seguenti canoni:
Can. 1060 – “Il matrimonio gode del favore del
diritto; in caso di dubbio, finchè non si provi il
contrario, bisogna perciò ritenerlo valido”.
Can. 1110 - 1: “Si presume che il consenso interno
della volontà sia conforme alle parole o ai segni
usati nella celebrazione del matrimonio. § 2. Ma se
una o entrambe le parti escludono con un positivo
atto di volontà il matrimonio stesso, oppure un suo
elemento essenziale o una sua proprietà essenziale,
contraggono invalidamente”.
Per superare quindi la presunzione di validità del
matrimonio bisogna che in sede processuale vengano
accertati determinati vizi del consenso che abbiano
potuto comportare la nullità del matrimonio.
Scopo del processo canonico presso i competenti
Tribunali Regionali e presso il Tribunale Apostolico
della Rota Romana è proprio quello dell’accertamento
della verità in merito alla validità o meno di un
matrimonio.
Occorre dunque indagare su tutte le cause ostative
alla corretta formazione del vincolo matrimoniale
che devono necessariamente essere preesistenti e/o
concomitanti alle nozze.
Ruolo dell’Avvocato rotale è quello di valutare
preliminarmente se vi siano, nel caso concreto, sia
i presupposti per la declaratoria di nullità che la
possibilità di prova degli stessi nel processo
tramite prove testimoniali e documentali. |
Deliberazione della sentenza ecclesiastica di nullità.
La sentenza di nullità matrimoniale emessa dai Tribunali
della Chiesa non viene riconosciuta automaticamente dallo
Stato Italiano; pertanto, affinché anche in Italia si abbia
il riconoscimento della sentenza ecclesiastica di nullità
matrimoniale occorre esperire il procedimento di delibazione
presso la compente Corte d’Appello italiana.
Ciò è previsto dall’art. 8 n. 2 dell’Accordo di Modifica del
Concordato Lateranense del 18/02/1984 e del relativo
Protocollo Addizionale, ratificato con Legge n. 121/1985.
Una volta ottenuta la delibazione della sentenza canonica,
anche in Italia il matrimonio viene riconosciuto nullo; ciò
comporta i seguenti effetti:
• non è più necessario, dopo la separazione, esperire la
procedura per il divorzio;
• la delibazione della sentenza ecclesiastica, prima che la
sentenza di divorzio diventi definitiva, travolge gli
effetti patrimoniali della sentenza divorzile.
Viene quindi meno ogni obbligo di solidarietà e di
mantenimento verso l’altro coniuge.
Per quanto riguarda invece i figli, la delibazione non
pregiudica i loro diritti ed il loro status di figli
legittimi. L’obbligo di mantenimento da parte dei genitori
rimane pertanto assolutamente inalterato.
Sono fatti salvi gli effetti verso i terzi in buona fede e
il risarcimento al coniuge incolpevole per matrimonio
putativo.
La delibazione tuttavia viene negata dalla Corte d’Appello
quando ravvisi la contrarietà con l’ordine pubblico italiano
e nelle ipotesi delle dispense pontificie per il matrimonio
“rato e non consumato”.
I motivi di nullità del matrimonio.
Simulazione - esclusione
Il matrimonio per la sua validità richiede che gli sposi
aderiscano con la propria volontà a quanto professato dalla
Chiesa; si ha simulazione quando vi è difformità tra quanto
manifestato esternamente e la volontà interna della persona
che si accinge a contrarre le nozze.
Il Codice di Diritto Canonico stabilisce una presunzione di
conformità tra quanto dichiarato e quanto voluto; tuttavia,
se una o entrambe le parti escludono, con un atto positivo
di volontà, o il matrimonio stesso o una sua proprietà o
elemento essenziale, contraggono invalidamente.
In tali ipotesi, infatti, il contraente, che ha una volontà
interna che non aderisce all’unico modello ritenuto valido
dalla Chiesa, simula il consenso, cioè pur affermando il
proprio “SI” all’altare, di fatto non intende accettare il
matrimonio così come voluto dalla Chiesa ma secondo i propri
desideri o necessità; così facendo, celebra invalidamente.
Simulazione totale
Si parla di simulazione totale quando il contraente esclude
il matrimonio nella sua totalità, svuotandolo di ogni
contenuto.
Quando invece il consenso, pur accettando il matrimonio nel
suo complesso, esclude un elemento essenziale o una
proprietà del matrimonio, si parla di simulazione parziale
che comprende i vari capi di nullità sotto elencati.
Esclusione dell’indissolubilità
Si verifica quando viene esclusa l’indissolubilità del
matrimonio, riservandosi il contraente, in ipotesi di vita
coniugale infelice, la possibilità di poter riacquisire la
propria libertà ricorrendo al divorzio o alla nullità del
matrimonio.
È anche il classico caso del “matrimonio a prova”, fatto da
colui che, molto incerto sull’esito delle nozze, si propone
di tentare comunque il matrimonio, riservandosi di potersi
liberare successivamente alla valutazione di alcune
circostanze.
Esclusione della prole
Attiene alla volontà di non procreare figli nel corso del
matrimonio in maniera assoluta e senza limiti di tempo.
Bisognerà quindi valutare, nel caso concreto, se vi sia
soltanto procrastinazione della procreazione per un tempo
determinato ovvero un’esclusione assoluta della stessa, e
che tipo di cautele sono state utilizzate dai coniugi.
Esclusione dell’unità - fedeltà
Si verifica quando si esclude la fedeltà, cioè l’esclusività
della donazione di sé stessi all’altro coniuge, riservandosi
la possibilità di intrattenere relazioni sessuali con altre
persone. Ci si sposa, quindi, volendo un matrimonio
“aperto”, non essendo rilevante la semplice propensione
all’infedeltà.
Esclusione del bene dei coniugi
Si verifica quando il contraente esclude che il matrimonio
tenda al bene ed alla felicità dell’altro coniuge, privando
il rapporto coniugale di affetto e sentimento.
Esclusione della dignità sacramentale
Si verifica quando il contraente esclude il matrimonio come
sacramento; vuole cioè il matrimonio ma non vuole il
sacramento. In altre parole, accetta il matrimonio come
contratto ma esclude la dignità sacramentale dello stesso.
Incapacità per mancanza di sufficiente uso di ragione
Sono incapaci di contrarre matrimonio coloro che mancano di
sufficiente uso di ragione. L’uso di ragione deve essere
tale da poter comprendere la natura dell’atto matrimoniale
che ci si accinge a contrarre.
Vari sono i motivi che possono costituire causa di
incapacità quali, ad esempio, l’assunzione di alcool,
sostanze stupefacenti o farmaci; a ciò si devono aggiungere
tutte quelle malattie psichiatriche o alterazioni mentali,
quali schizofrenia, paranoia, psicosi, che rendono il
soggetto non cosciente del proprio stato mentale ed incapace
di autodeterminarsi liberamente in ordine alla scelta del
matrimonio.
Incapacità per grave difetto di discrezione di giudizio
È causata non da vere e proprie malattie mentali, come nel
caso di incapacità per mancanza di sufficiente uso di
ragione, ma da gravi forme di nevrosi e psicopatie; inoltre
anche da alcolismo e tossicodipendenza. In tutti detti casi
il soggetto, pur rimanendo cosciente del proprio stato e
consapevole dell’importanza dell’atto del matrimonio in
generale, nel caso specifico del proprio matrimonio non è
capace di valutare dal lato pratico gli effetti del
matrimonio che si accinge a contrarre, sia in relazione a se
stesso che all’altro coniuge. Da ciò deriva incapacità di
scegliere in maniera libera e consapevole il matrimonio con
una determinata persona.
La discrezione di giudizio è intesa, quindi, come maturità
psicologica adeguata all’atto del matrimonio concreto, che
rende il soggetto capace di comprendere e valutare nel
concreto i diritti e doveri matrimoniali che dove assumersi
con le nozze. In mancanza di maturità psicologica adeguata
si parla di immaturità anche di tipo affettivo.
Incapacità di assumere ed adempiere gli obblighi essenziali
del matrimonio
Si verifica quando il soggetto, per cause di natura
psichica, non è in grado di assumere ed adempiere gli
obblighi essenziali del matrimonio. Non bastano, per
dichiarare la nullità del matrimonio, le semplici difficoltà
insorte dopo le nozze alla conduzione del coniugio, ma
necessitano gravi forme di anomalie che non permettono di
stabilire quella particolare relazione interpersonale duale
richiesta dalla vita coniugale.
Costituiscono causa di detta incapacità le affezioni di
carattere sessuale (tra cui l’omosessualità e la
ninfomania), le deviazioni o perversioni sessuali,
l’alcolismo cronico, la tossicodipendenza e altri gravi
disturbi di carattere psichico e caratteriali.
Ignoranza
Si verifica quando i contraenti ignorano che il matrimonio è
una comunità permanente tra un uomo ed una donna, ordinata
alla procreazione della prole mediante una qualche
cooperazione sessuale. Tale ignoranza non si presume dopo la
pubertà.
Errore sull’identità della persona
L’errore determina una falsa conoscenza della realtà per cui
il contraente si determina alla scelta del matrimonio nella
convinzione si sposare una persona diversa da quella che
invece sposa. È il classico caso del matrimonio per procura
nel quale ad esempio si sposa Tizio pensando di sposare
Caio.
Errore su una qualità dell’altra persona
L’errore riguardo ad una determinata qualità dell’altra
persona può rendere nullo il matrimonio quando la qualità
desiderata viene intesa “direttamente e principalmente”. Ciò
significa che si vuole sposare una persona che abbia detta
qualità, e la scelta del matrimonio viene fatta prima sulla
qualità e successivamente sulla persona.
Classico esempio è quello di Tizia che vuole sposare un
medico e, credendo che Caio sia proprio un medico, si decide
per le nozze; ma se Tizia avesse saputo che Caio in realtà
non era un medico non avrebbe mai deciso di sposarlo. Per
Tizia, infatti, la qualità di medico è quella che l’ha
determinata direttamente e principalmente alle nozze con
Caio.
Errore sull’unità o l’indissolubilità o la dignità
sacramentale del matrimonio
L’errore sull’unità o l’indissolubilità o la dignità
sacramentale non rende nullo il matrimonio a meno che non
abbia determinato la volontà. È il caso, ad esempio, di
Tizio che sposa Caia pensando erroneamente che il matrimonio
che si accinge a contrarre non comporti l’unità o
l’indissolubilità o la dignità sacramentale. In ipotesi di
conoscenza da parte di Tizio della corretta dottrina della
Chiesa in punto, Tizio non si sarebbe determinato alle
nozze.
Dolo
Il dolo è un inganno provocato per ottenere dall’altra parte
il consenso al matrimonio. Detto inganno deve avere ad
oggetto una qualità che per sua natura può perturbare
gravemente la vita matrimoniale e viene posto in essere
proprio per estorcere un consenso nuziale che altrimenti non
sarebbe stato concesso.
Condizione
La condizione è una circostanza esterna da cui far dipendere
l’efficacia di un atto giuridico. Nel diritto canonico solo
la condizione apposta per il verificarsi di un atto futuro
determina la nullità del vincolo; e ciò perché in detta
circostanza manca del tutto la volontà matrimoniale dal
momento che l’efficacia di un matrimonio viene subordinata
al verificarsi di un evento futuro ed incerto. L’apposizione
di una circostanza relativa al presente oppure al passato
rende invece il matrimonio valido oppure invalido a seconda
che esista o meno il presupposto della condizione.
Violenza o timore
Il timore è la trepidazione dell’animo a causa di un
pericolo immediato o futuro. In ipotesi di matrimonio
contratto per violenza o grave timore incusso dall’esterno,
per liberarsi del quale si accettano le nozze, si ha la
nullità del matrimonio.
In particolare, il timore deve essere grave, sia dal punto
di vista soggettivo che oggettivo; deve provenire
dall’esterno; può essere anche non intenzionale; non dà
alcuna alternativa, costringendo la parte alle nozze quale
unico mezzo per liberarsi dal timore di subire violenze
fisiche o psicologiche.
Impedimenti dirimenti
Sono numerosi gli impedimenti dirimenti che rendono nullo il
matrimonio: l’età, l’impotenza coeundi, il vincolo di un
precedente matrimonio, l’ordine sacro, il voto perpetuo di
castità, la disparità di culto, il ratto, il coniugicidio,
la parentela, l’affinità, la pubblica onestà e l’adozione.
Impotenza
L’incapacità sia maschile che femminile di porre in essere
l’atto sessuale per cause sia organiche, quali ad esempio
incapacità di erezione del membro o vaginismo, che
funzionali , cioè derivanti da cause psichiche, può rendere
nullo il matrimonio. Per la dichiarazione di nullità,
tuttavia, è necessario inoltre che l’impotenza copulativa
sia antecedente al matrimonio, perpetua, assoluta, cioè nei
confronti di qualsiasi soggetto, o relativa, ovvero nei
confronti soltanto del proprio partner.
L’impotenza si dice perpetua quando non è guaribile se non
con mezzi illeciti o straordinari, che possano mettere a
repentaglio la vita del paziente.
La semplice sterilità non è causa di nullità del matrimonio,
a meno che la parte sterile abbia tenuto dolosamente
nascosta la sua condizione all’altra parte al fine di
ottenere il consenso alle nozze, che altrimenti non sarebbe
stato prestato.
La forma canonica
In mancanza dei requisiti formali richiesti al sacerdote
celebrante le nozze in caso di delega, il matrimonio può
essere dichiarato nullo per difetto di forma.
Matrimonio rato e non consumato
Secondo il Codice di Diritto Canonico il matrimonio è
consumato quando i coniugi, dopo la celebrazione delle
nozze, hanno compiuto tra loro, in modo umano, cioè
volontariamente e scientemente, un atto idoneo alla
generazione della prole. In mancanza i coniugi, o uno
soltanto di essi, possono chiedere al Santo Padre la grazia
della dispensa dal matrimonio rato, cioè celebrato, ma non
consumato.
Marfa
Note: |
1. ^ E
non dunque "come se matrimonio non vi fosse stato";
le cause «facta retractant».
2. ^ Vincenzo Di Michele, "Come sciogliere un
matrimonio alla Sacra Rota", casa editrice Fernandel
3. ^ Avvocato Sacra Rota - Bologna - Chiara Bruno -
Nullità del matrimonio canonico
4. ^ Tribunali Ecclesiastici - I capi di nullità. |
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