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Ma Internet è davvero un media potente?    

002..:: 10.01.2011

 

..:: Coppola Gaetana.

 


MARIGLIANO - NA ..:: Lavoro nel mondo della scuola da 15 anni di cui 3 come docente, coltivando un pervicace interesse per le teorie della comunicazione e per la diffusione delle nuove tecnologie nella pratica didattica.
La tecnologia sta diventando sempre di più e sempre meglio una nuova forma di arte che non rinuncia alla creatività, evolvendosi e trasformandosi nella semplicità, sfrondandosi delle ricercatezze e degli arzigogoli, “sottraendo l’ovvio e aggiungendo il significativo”1 : nella direzione quindi di integrare e far “convergere” tutti i possibili strumenti verso un unico fine, quello di “comunicare e trasmettere”.
Tutto questo comporta grandi pericoli.
Trovo straordinariamente attuale la teoria della “Spirale del silenzio” di Elisabeth Neumann, elaborata come superamento della cosiddetta “Teoria ipodermica” in auge nel periodo storico tra le due guerre mondiali, che si basava sull’assunto che l’individuo fosse personalmente e direttamente attaccato in maniera sostanzialmente passiva dal messaggio comunicativo proveniente da un gruppo dominante.
La Neumann lavorava per una società che si occupava in Germania di sondaggi elettorali: analizzando i risultati delle campagne politiche tra il 1965 e il 1972 constatò che esisteva una parte consistente di elettori, quella da lei definita “Last minute voters”, i votanti dell’ultimo momento, che indecisi avevano poi scelto sulla scorta di quello che la studiosa definisce “Bandwagon effect”, l’effetto carrozza o effetto traino: avevano manifestato cioè la loro preferenza per quel gruppo che in quella contingenza temporale e culturale veniva considerato e percepito come il più forte.
Gli strumenti di comunicazione di massa, i Mass Media sono in grado di abbattere le resistenze dei destinatari dei messaggi, mentre i pochi che non si fanno “persuadere” tendono poi a nascondere le opinioni dissenzienti e minoritarie per paura di essere esclusi dal gruppo dominante.
Il mezzo che contribuisce a orientare più di ogni altro le masse e a veicolare le opinioni del gruppo più forte è la televisione, la moderna avanguardia digitale, la grande affabulatrice: chi non ricorda la più grande beffa mediatica del nostro secolo, la celebre versione radiofonica de “La guerra dei mondi” di Orson Welles, che con la falsa notizia di un’invasione aliena nel 1938 creò il panico negli Stati Uniti e fece emergere con palpabile chiarezza quanto fosse grave la potenza d’impatto e il rischio di manipolazione dell’opinione pubblica da parte dei mezzi di comunicazione di massa?
Sessant’anni dopo, c’è Internet, ci sono le infinite “realtà possibili” generate dal grande collettore, dalla rete universale.
La tecnologia moderna creata dall’elettricità ha cambiato le condizioni dell’esperienza umana e non è più vista come una sfida o una minaccia: l’uomo, superato il confronto con “la macchina infernale”, inizia a sfidare anche se stesso, cercando un’estensione dei propri sensi attraverso varie protesi (es. il cellulare) che lo stanno trasformando sempre di più in un mutante, in un cyborg, in un “corpo virtuale”, del tutto inglobato e fagocitato dal mondo digitale.
Il limite tra l’organico e l’inorganico, tra l’elettronico e il mentale, tra il vivo e il sintetico si fa sempre più frammentario, incerto e nebuloso: viene superato il problema di percepire l’ambiente esterno da parte della “macchina”, e la “visione” connettiva si amplifica, fino a determinare quella che è stata definita con felice espressione “la fine delle teorie”, vale a dire la fine della distanza sicura stabilita dal principio del “predominio visivo nel rapporto tra l’utente e il mondo”.
Il tatto e non più l’occhio porta il mondo dentro di noi, lo rende percettibile e comprensibile: e così anche la disincarnata rete connettiva acquista sensibilità e intelligenza.
Chi naviga on line non è più un punto di vista ma è diventato un punto d’essere totale di un mondo cristallizzato, sintetizzato in un istante eterno dove gli afflati della vita si dilatano e si condividono all’infinito (è “l’effetto Albemuth” descritto da Philip Dick).
Allo stesso modo, è uno spazio difeso da robuste recinzioni cognitive quello che Derrick De Kerchove delinea con le sue teorie e dove quelle che definisco le “turgide immagini del pensiero” diventano carne e sangue, sono più vere del vero: sono l’unica verità.
In questo senso, secondo Marshall Mac Luhan tramite la mediazione delle tecnologie elettroniche “indossiamo l’intera umanità come una pelle” e ne percepiamo i profumi come i cattivi odori.
Internet diventa così il luogo di interazione ideale per una generazione di “nativi digitali” che macina informazioni a tempo di record, con scarsa riflessione sui contenuti e mezzi espressivi sciatti e scadenti.
E’ la infinita comunità del “mordi e fuggi”, priva di esaltazioni emotive e di travolgenti entusiasmi, senza regole, senza sentimenti e senza schemi, immersa nel liquido amniotico di una esistenza arida, “liquida”, destabilizzante e insicura.
Ma proprio per questo, perché esiste una “esplosione” anarchica di informazioni e notizie rumorosa, caotica e praticamente senza filtri, i destinatari dei messaggi devono necessariamente selezionarli e quindi non sono fruitori passivi, ma attivi: da qui la sostanziale debolezza di Internet come “media potente”.
Umberto Eco condivide la debolezza di Internet come strumento di conoscenza: il numero di informazioni presenti nella rete sarebbe così sconfinato da precludere un vero sapere, cosicché di esso è impossibile risalire alle fonti.
L’opinione della studiosa Neumann mi trova sostanzialmente d’accordo: infatti, solo una sparuta minoranza di internauti del web si collega alla rete per cercare informazioni (una informazione efficace richiede troppe oggi troppe risorse economiche); attivissimi sono invece i servizi di “entertaiment”, creati apposta per “riempire” il tempo: connettività, social network, posta elettronica e chat.
C’è anche chi, come lo scrittore Paolo Landi, sottolinea i rischi del WEB nel suo libro “impigliati nella rete”: egli mette in evidenza il rischio di “nuove forme subdole di persuasione e di manipolazione dei cervelli”, che rendono Internet più pericoloso e invasivo della televisione.
Secondo Landi “non c’è dittatura più proterva del WEB”, che si manifesta come il coacervo di tutto lo schifo e lo sporco che può esserci al mondo (truffe commerciali, violenze, manie, pornografia).
Ulrick Beck descrive invece con efficace potenza stilistica i “rischi della libertà” degli individui nell’era della globalizzazione, che divengono “titubanti come funamboli sotto il tendone del circo”.
E’ vero, Internet è anche questo: ma fortunatamente si può ancora scegliere e decidere consapevolmente e razionalmente di non farsi manipolare dal grande “melting pot” delle illusioni facili e delle false occasioni.
Decisamente a rischio sono invece i più giovani, che sono i nostri studenti, i nostri figli.
Salviamo i bambini.
 

 

Coppola Gaetana

 

 
 

 


 

 

 

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