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001 ..:: 15.01.2019

..:: L'ultimo capolavoro di Matteo de Musso, "Ricordando ieri".

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TRINITAPOLI ..:: Nulla faceva prevedere che nel suo ultimo scritto, appena apparso per Natale: RICORDANDO IERI, Matteo de Musso ci giocasse un tiro mancino! Già, perché egli ci costringe, e non è agevole, a stare in bilico su una “giostra” in perenne movimento senza ancoraggi sicuri, costringendoci a retrocedere, cavalcando una sorta di visione “archeologica” del tempo, per poi spingerci a viaggiare un po’ a sbalzi nell’oggi per poi, dulcis in fundo, catapultarci nel futuro!
Dobbiamo però premettere un dato: per lui raccontare vuol dire anche sorprendere i suoi lettori, tenerli avvinti alle sue parole, indirizzando la mente al tracciato segnato, al percorso che la sua sfrenata creatività narrativa persegue, ed in questo suo ultimo scritto, dobbiamo dirlo, egli si fa per davvero “maestro” della scrittura, sempre pronto a mettere in atto, con un sapiente tocco, la sua fervida fantasia.
Come dicevamo prima, già il tema era ostico, ma imbastire un canovaccio che contempla un’interlocuzione continua e perseverante con lo scorrere del tempo, è fuori del nostro modo di registrare la vita. La nostra meraviglia iniziale diviene così forse anche più comprensibile.
Ben presto però, dissoltasi la scansione ordinaria dei giorni, dei mesi e degli anni, ecco presentarsi davanti a noi, con sempre più chiarezza ed evidenza, l’immagine di una donna del tempo che fu. Una donna del Sud capace di condurre una vita che non si può definire certo comune, ordinaria. Donna del Sud, tanto per intenderci, solo per convenzione. Non vorremmo che si provincializzasse la vicenda: donne del genere esistevano ed esistono ancora al Sud come al Nord e nel centro Italia. Sia ben chiaro!
Non è certo di tutti i giorni, comunque, dover registrare litigi familiari, discussioni e prese di posizione impostati con così grande rigidità! Sì, perché il fulcro del racconto appare subito chiaro: voler a tutti i costi congelare la vita ed uniformarla ad atavici e desueti ritmi che imperavano in passato. Eppure non possiamo fare a meno di chiederci: possibile che una mamma, divenuta ben presto anche nonna, non sia stata capace di assimilare e digerire i cambiamenti intervenuti nella sua, e nostra, realtà sociale? Possibile, poi, ch’ella non sia riuscita a mascherare la sua disapprovazione per il legittimo sottrarsi dei figli ai suoi diktat? Eppure è ciò che accade nel racconto propostoci in questo testo. Ma se si è costretti, diciamolo pure, a registrare una vicenda dal sapore vagamente triste, l’autore non può fare a meno dall’aprire un varco di speranza nel futuro, facendo cioè intravedere un’assoluzione liberatoria finale, capace di spalancare all’anziana le porte del perdono da parte, come si può leggere nel testo, della “più bella delle stelle che sono in Cielo”!

Felice D’Emilio

 

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