Ecco la Proposta di Legge
delle ragazze dello "Staffa":
«Misure a sostegno
del lavoro penitenziario e di introduzione di
benefici per l'inserimento lavorativo dei detenuti».
Onorevoli Senatori! -
Presentiamo questo disegno di legge per il recupero
e il regolare e stabile reinserimento del detenuto
nel tessuto sociale e produttivo. Il reinserimento e
la rieducazione del detenuto avvengono attraverso
l’inserimento in un progetto lavorativo esterno e
controllato volto a risanare beni pubblici in stato
di abbandono da destinare alla collettività. Le
carceri italiane sono piene di detenuti, l’Istat ne
ha stimati cinquanta mila nel 2016 che rappresentano
un costo sociale e, invece, potrebbero diventare una
risorsa per l’intera collettività.
Sono circa 32.500 i beni pubblici, come informa
l’Agenzia delle Entrate, che in parte sono svenduti
e in parte abbandonati e che con la nostra proposta
potrebbero trovare una reale possibilità di
ripristino. D’altra parte, l’articolo 118 della
Costituzione prevede che le amministrazioni
pubbliche favoriscano la partecipazione dei
cittadini e in questo caso dei detenuti per lo
svolgimento di attività di interesse generale.
L’articolo 24 della legge n. 164 del 2014 ha
introdotto il “baratto amministrativo”, scambio di
beni tra amministrazioni e cittadini con la
concessione di riduzione o esenzione dei tributi in
cambio di lavori e interventi di pubblica utilità.
Nel nostro caso il lavoro è svolto dai detenuti in
cambio di benefici a vario titolo. Pensiamo che una
simile proposta potrebbe dare un notevole impulso
per affrontare in maniera concreta i cronici e
insoluti problemi connessi alla degradante
condizione carceraria.
La Costituzione Italiana all’articolo 27 sottolinea
che “le pene non possono consistere in trattamenti
contrari al senso di umanità e devono tendere alla
rieducazione del condannato”. Ciò è ribadito nella
legislazione Europea. L’articolo 48 della Carta dei
diritti fondamentali dell’Unione Europea sancisce il
principio di presunzione di innocenza e il diritto
di difesa. La legge n. 354 del 1975 prevede inoltre,
la necessità della destinazione dei detenuti al
lavoro e la partecipazione a corsi di formazione.
La nostra proposta, tenendo conto della legislazione
già vigente in materia, vuole consentire la
partecipazione attiva, su base volontaria, di tutti
i detenuti e le detenute sia italiani che stranieri,
volta al recupero a favore della collettività di
beni pubblici in stato di abbandono per un corretto
ripristino e una destinazione sociale. Si prevede un
periodo formativo in carcere che dia al detenuto la
possibilità di comprendere i valori fondamentali
della convivenza civile e la presa di coscienza
della devianza e dei reati ad essa connessi. Sono
previsti controlli da parte delle autorità
competenti e l’impegno del detenuto sarà valutato
dalla magistratura come elemento per la concessione
di eventuali benefici. Ai fini del reinserimento del
condannato, sarà fondamentale sia l’impegno del
detenuto sia la disponibilità manifestata dalla
società civile di accogliere colui che ha violato le
regole.
La proposta consente alla Magistratura di avere a
disposizione elementi valutativi certi, legati
all’impegno del detenuto nell’attività lavorativa,
al fine di bilanciare l’interesse pubblico a
difendersi contro il crimine con il diritto del
detenuto al reinserimento nella società civile alla
quale con il proprio lavoro di interesse generale
risarcisce il danno prodotto con la sua attività
criminale.
art 1
(Finalità)
1. La presente legge ha come obbiettivo la
rieducazione e il reinserimento nella società civile
dei detenuti italiani e stranieri attraverso
l’impiego in iniziative lavorative utili per la
collettività di cui all’articolo 2.
2. L’inserimento nel progetto lavorativo avviene su
base volontaria e su richiesta dei detenuti. Le
richieste saranno esaminate da una commissione
appositamente istituita, formata dal Direttore del
carcere, dallo Psicologo del carcere, da un
Rappresentate della Polizia Penitenziaria, eletto
all’interno della categoria di appartenenza e
dall’Assessore ai beni culturali dell’ente
interessato o dal Ministro dei beni culturali.
3. Possono presentare domanda i detenuti che non
siano stati condannati ad una pena detentiva
superiore a 10 anni, non abbiano superato 60 anni di
età, non abbiano usufruito di misure alternative con
esito negativo.
art 2
(Recupero dei beni pubblici)
1. Il progetto lavorativo è volto al recupero e al
mantenimento a favore della collettività dei beni di
cui all’articolo 3 al fine di un loro corretto
utilizzo e della loro destinazione sociale.
art 3
(Beni da recuperare)
1. Le amministrazioni penitenziarie stipulano
convenzioni con lo Stato e gli enti proprietari dei
beni finalizzate ad individuare i beni destinatari
dell’attività di recupero.
2. Il Ministero dei beni e delle attività culturali
e del turismo di concerto con le Regioni, i comuni e
le associazioni ambientaliste del territorio
provvedono a redigere un albo di beni pubblici da
recuperare destinatari della presente legge. Tra
questi l’amministrazione penitenziaria sceglie i
beni da inserire nel progetto lavorativo.
3. I beni devono essere individuati tra quelli in
stato di abbandono e che per le loro caratteristiche
rendono antieconomico il recupero consentendo il
risanamento ambientale e salvando dall’attuale
degrado beni di interesse storico-artistico e
culturale.
4. I beni recuperati dovranno essere destinati ad
attività sociali. Per attività sociali si intende la
realizzazione di centri per giovani, per anziani,
per disabili, centri ricreativi e culturali,
impianti per attività sportive con finalità sociali
e aggregative.
art 4
(Corsi di formazione)
1. L’amministrazione penitenziaria stipula
convenzioni con il Ministero dell'istruzione,
dell'università e della ricerca per l’organizzazione
di cosi di formazione affidati ad enti accreditati,
selezionati sulla base di un bando pubblico.
2 I corsi avranno una durata di 400 ore e dovranno
comprendere l’insegnamento degli elementi
fondamentali relativi all’assetto giuridico del
nostro Stato. Al termine verrà rilasciato un
attestato spendibile nel mondo del lavoro.
3. L’accesso ai corsi sarà valutato da una
commissione, costituita dal Direttore del carcere e
dai rappresentanti di centri territoriali
dell’impiego, attraverso colloqui destinati a
conoscere le attitudini e le professionalità del
detenuto.
4. I costi per la progettazione e le risorse
necessarie saranno a carico dell’ente proprietario
del bene da recuperare.
art 5
(Attività lavorativa)
1. L’attività lavorativa ha carattere volontario ed
è intesa quale manifestazione di natura risarcitoria
che il detenuto propone alla collettività.
2. Al detenuto, in base all’impegno mostrato nella
attività lavorativa, saranno riconosciuti permessi
premio o riduzioni della pena o il godimento di un
regime di semi-libertà. L’attività varrà come
esperienza lavorativa documentata.
3. I detenuti devono essere organizzati in gruppi di
lavoro controllati dalla polizia penitenziaria.
4. Il controllo può avvenire anche attraverso
strumenti elettronici individuati
dall’amministrazione stessa, nel rispetto dei
diritti e della dignità umana.
art 6
(Copertura finanziaria)
1. All’onere finanziario derivante dall’attuazione
della presente legge si provvede attraverso
contributi pagati dai visitatori dei beni pubblici
riqualificati, contributi pagati da enti o
associazioni private che usufruiscono a vario titolo
del bene, sponsorizzazione da parte di privati o
eventuali fondi europei.
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