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Le nostre donne: protagoniste e vittime.

005 ..:: 28.05.2017 :: 10:00

 

..:: Studio per una gigantografia "Le nostre donne: protagoniste e vittime".

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TRINITAPOLI ..:: “Quella carta al macero”! A volte c’è ancora qualche buontempone che se ne esce con questa battuta quando sorge la necessità impellente di far spazio negli Archivi. Si volge uno sguardo di compatimento alle carte più antiche, obsolete, e quasi schifati si sentenzia: kaputt! Non sanno quegli stessi buontemponi (e dovremmo definirli semplicemente ignoranti) quanta memoria trasudi da quei fogli, da quei registri, da quegli appunti, da quelle minute… Essi sono autentici tesori nascosti, consultabili da studiosi e studenti che desiderano riappropriarsi del passato, senza del quale, è il caso di dirlo a voce alta: NON SAPREMMO DA DOVE VENIAMO! Così a mo’ d’esempio ascoltate ciò che ci raccontano alcune di quelle carte.
Ai tempi in cui l’economia andava come andava e fame e miseria la facevano da padroni, ci si arrangiava come si poteva e si trafficava illecitamente, è notorio. Qui in zona c’era il sale: Monopolio di Stato. In Veneto, invece, i “contrabbandieri” erano donne, per lo più madri di famiglia senza lavoro, costrette ad arrabattarsi per sopravvivere, e la secolare presenza in loco della coltura del tabacco dava loro la possibilità di realizzare un guadagno, sia pur modesto.
Ma non era facile, come si potrebbe pensare, perché la sorveglianza delle forze dell’ordine era strettissima e così la maggior parte di quelle donne, ingenue e per lo più analfabete, venivano colte con le mani nel sacco. I verbali di denuncia e degli interrogatori (registrati proprio in quelle “cartacce” di cui si diceva prima) ci danno un quadro eloquente della situazione: «Ho speso le ultime 200 lire per l’acquisto del tabacco da rivendere per comperare le magliette per i miei figli». «Sono disoccupata, ho sei figli, mio marito è disperso in Russia, così ho impegnato gli ultimi oggettini d’oro per comperare il tabacco da rivendere per le necessità della famiglia». Questi sono solo alcuni esempi tra le migliaia di casi contenuti in vecchi registri del Tribunale di Bassano e relativi ai Procedimenti Penali del dopoguerra, in cui vi sono anche delle note anche pittoresche, del tipo: «Ho acquistato del tabacco con l’intento di farlo bollire e poi con l’estratto disinfettare i mobili che sono sporchi d’insetti».
Una concessionaria di licenza di coltivazione, rea di non aver sotterrato la bassa foglia dopo l’autorizzazione, ma di averla fatta seccare per rivenderla di contrabbando, si giustificava: «Non era mia intenzione rivendere il tabacco di ripulimento, ma distruggerlo in un secondo tempo senza che lo venissero a sapere i miei figli minorenni, che se lo sarebbero altrimenti fumato, come sono soliti fare se lo avessi sepolto, essendogli dannoso alla salute».
Ingenuità, incoscienza, innocenza emergono dagli arresti della Guardia di Finanza, come quello delle 5 giovani sulla trentina, incontrate da una pattuglia sulla pubblica via ciascuna con in spalla un sacco di 6 kg. Se lo lasciarono sequestrare senza opporre resistenza e senza tentare la fuga. Tutte affermarono di aver acquistato il tabacco da “uno sconosciuto”, per cui nessuno dei veri contrabbandieri “pagava” per il reato, a differenza delle donne fermate.
Le pene pecuniarie andavano dalle 2.000 alle 60.000 lire e per le sventurate v’era anche il carcere, da uno a sei anni. A siffatto contrabbando erano dediti quasi tutti gli abitanti della vallata del Brenta fino a Trento, senza contare i forestieri provenienti da Piemonte e Lombardia e Sicilia. Per snellire la marea di denunce e sequestri, un migliaio di casi minori fu amnistiato nel 1950. Questa è la “memoria storica”, cui facevamo riferimento prima! Vogliamo proprio distruggere tutto e dimenticare?
 


Matteo de Musso
mdemusso@alice.it  


 

 

 

 

Note:

Matteo de Musso, Giornalista e scrittore.

Abita in Via Cavour, 96

76015 TRINITAPOLI BT

mdemusso@alice.it

 

 

 

 

 

 

 

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