007 ..:: 24.06.2017 :: 20:00
..:: Il libro di Ernesto Brunetta dal
titolo: "1917: Annus Horribilis" pubblicato da Editoriale
Programma.
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TRINITAPOLI ..:: Il 1916 era ormai alle spalle e con esso anche
l’illusione di una guerra breve, che invece si presentava
lunga e sanguinosa. Nel 1917, mentre serpeggiavano idee
contrarie al conflitto, che raggiunsero anche le trincee,
tanto da far dire al gen. Cadorna che prima, durante e dopo
la battaglia dell’Isonzo v’erano stati 50.000 disertori, i
nostri soldati si trovarono in gravi difficoltà almeno in
tre occasioni: 1° - L’assalto all’Ortigara (Giugno);
2° - La Conquista dell’altopiano della Bainsizza sul
Carso (Agosto); 3° - Caporetto (Ottobre).
1° - L’Ortigara. L’offensiva sul fronte degli
altipiani venne affidata al generale Ettore Mambretti,
considerato uno iettatore. In tempi normali, questo dato non
sarebbe stato sufficiente per giudicare le capacità
professionali di un comandante, ma quelli non erano tempi
normali. Il piano tattico prevedeva l’assalto al Monte
Ortigara, ma si sarebbe dovuto attaccare dal basso verso
l’alto un monte che era una specie “panettone pelato”. Date
queste premesse la battaglia non doveva nemmeno iniziarsi,
anche considerando il clima pessimo e la neve in quota. Ci
si affidò invece ad una brigata di fanteria e agli alpini,
ma l’assalto fallì, nonostante gli alpini del “Battaglione
Bassano” fossero riusciti a tenere la vetta per qualche ora,
ricacciati subito dal contrattacco nemico. 28.000 furono le
perdite italiane, di cui 13.800 alpini. Del “Battaglione
Bassano” un solo ufficiale subalterno tornò vivo. Al di là
della fama di iettatore che lo precedeva, pare fosse
comunque d’obbligo per ogni alpino fare i debiti scongiuri
ogni qualvolta si nominava il gen. Mambretti, che si era
intestardito a reiterare l’attacco. I pochi superstiti
cercarono di tenere lontani quei terribili ricordi,
esorcizzandoli con canzoni fiorite in quei giorni, come:
«Venti giorni sull’Ortigara / senza cambio per dismontà. /
Ta-pum, ta-pum, ta-pum… / Quando poi si discende a valle /
battaglione non hai più soldà… / Nella valle c’è un cimitero
/ cimitero di noi soldà… / Cimitero di noi soldati / forse
un giorno ti vengo a trovà…».
2° - La Baisizza. Delle quattro previste, due
soltanto furono le “spallate” inferte al nemico.
Interessante quella dell’XI Armata, tenuta dal 17 agosto al
15 settembre, che portò alla conquista della Bainsizza, una
specie di terrazza che dal Carso si protende sul Golfo di
Trieste. Questo lo scritto del tenente austriaco Fritz
Weber, testimone oculare: «Il monte fumava. Tutte le
centinaia di fauci d’acciaio erano puntate contro di lui… La
roccia si scheggiava, cumuli di sassi volavano frammisti a
sacchi di terra, a brani di lamiera ondulata, a pezzi di
travi, a paletti di reticolati, ricadevano sparpagliandosi
finché una nuova esplosione non provocava nuovo caos. Uomini
accovacciati qua e là tra i sassi, montavano la guarda a
questa desolazione: erano le “sentinelle avanzate”, con gli
occhi arrossati per la polvere e le esplosioni, l’uniforme
coperta di frammenti di pietra, l’elmetto ammaccato.
Respirare era una tortura. Il monte era immerso nell’odore
pestilenziale della putrefazione, un odore dolciastro,
indicibilmente nauseabondo. Le salme si decomponevano sui
suoi versanti, amici e nemici. Nessuno poteva raccogliere i
morti».
L’Italia subì 40.000 perdite. «I soldati non si ribellano –
scrisse il comandante di un reggimento di fanteria in
quell’occasione – quando sono spinti fuori dalle trincee
vanno, ma piangono». A settembre 1917, coll’approssimarsi
dell’inverno, Cadorna diede ordine alle truppe di assumere
uno schieramento difensivo. Nel frattempo si era registrato
uno scadimento del morale dell’esercito; si pensò fosse
causa degli ammutinamenti, delle diserzioni, delle idee
sovversive o delle condanne emesse dai tribunali e dei
militari inviati al fronte per scontare la pena. Ma la
verità era una: la guerra durava da troppo tempo e non si
vedevano spiragli che indicassero una via d’uscita. Ma cosa
dicevano i soldati? Uno di loro, scrivendo al parroco di
Salgareda (Tv) affermava: «Ancora quindici giorni e poi
abbiamo finito in trincea. Ci vada Cadorna! O finiamo loro o
finiamo noi!»
L’Italia era in ginocchio ed il fronte diede segni di
cedimento. Stanchezza per una guerra lunga e logorante.
Intervenne anche papa Benedetto XV che parlò di “un’inutile
strage”, ma finì coll’esser accusato di “germanofilia”.
3°- Caporetto. Intanto anche sul fronte austriaco si
muoveva qualcosa. Il generale Kraft von Delmensingen,
comunicò alla Stato Maggiore che un’offensiva sul piano
dell’Isonzo era possibile. Quel generale desiderava
infiltrarsi in pianura con colonne mobili ed agire su
Caporetto per seminare il panico nelle retrovie italiane.
Puntare sul panico era determinante, perché le colonne
irrompenti avrebbero dovuto frastornare i soldati non
abituati a trovarsi il nemico di fronte ed essere indotti a
ritirarsi senza combattere. Ed è proprio ciò che accadde,
insieme all’uso massiccio delle bombe asfissianti e dei
lanciafiamme. I tedeschi dilagarono schiacciando le
artiglierie e travolgendo ospedaletti da campo, cucine,
servizi vari di cui ogni esercito ha bisogno.
Cadorna pensò ad una linea di difesa e scelse come punto
d’arresto il Piave ed il Montello, quest’ultimo congiunto,
attraverso la stretta di Quero, con il Grappa a sua volta
saldato con la linea degli altipiani, rimasta intatta.
Occorreva però disciplina ferrea e riportare indietro le
truppe scivolate in zona Carnia e sui monti del Cadore.
Il bilancio di Caporetto fu pesantissimo: 40.000 fra morti e
feriti, 280.000 prigionieri, 350.000 sbandati e poi riuniti
con molta fatica, oltre alla perdita di autocarri, cannoni,
mortai, mitragliatrici, materiale di casermaggio. Nel
novembre 1917 il comando delle truppe italiane passò al
generale Armando Diaz e la guerra, come si sa, prese
tutt’altra direzione per giungere nel 1918 alla pace
definitiva.
Matteo de Musso
mdemusso@alice.it
Note: Ernesto
Brunetta, professore universitario, originario di
Treviso, è autore di numerosi studi storici. In
questo suo lavoro, (febbraio 2017 – p. 160 -
Editoriale Programma – TV) prende in esame un anno
particolarmente intenso della storia della I^ Guerra
Mondiale, drammatico per l’Italia. Corredato da un
apparato fotografico di prim’ordine, il testo
consente al lettore d’immergersi nello spirito del
tempo. |
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