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Guardati dalla mia fame.

011 ..:: 30.04.2016 :: 07:30

 

..:: Guardati dalla mia fame, recensione del libro a cura di Matteo de Musso.

 

 

TRINITAPOLI ..:: Subito in apertura del volume una drammatica quanto realistica constatazione: nel recente dopoguerra, dopo la Liberazione, la Puglia era una polveriera pronta ad esplodere. La miscela esplosiva era costituita in linea prioritaria dalla fame, ma ad essa si aggiunsero eventi concatenati come: la protervia di quei proprietari terrieri che non volevano assumere per i lavori nei campi apposite quote di lavoratori (come prevedeva la legge) e la guerra tra chi non possedeva terreni verso quei contadini che ne possedevano magari solo mezzo ettaro.
Se a tutto questo aggiungiamo la presenza nella regione di migliaia di profughi di nazionalità diverse, dei soldati reduci che non potevano risalire al Nord per l’invasione tedesca ed ancora delle prostitute e degli apolidi alloggiati nei campi di rifugio, nonché al “regno fantoccio” di Brindisi, agli americani che nominavano prefetti alcuni fascisti combattuti fino a poco prima, il quadro che vien fuori è abbastanza completo. In questo scenario già di per sé tuonante, si videro braccianti assaltare la Camera del Lavoro di Bari (a motivo di Giuseppe Di Vittorio, segretario della CGIL), bruciare gli schedari del Fascismo e picchiare i Prefetti, esposti anche al pubblico ludibrio.
Ebbene, in siffatto panorama esplosivo, e mentre Di Vittorio si apprestava a tenere un comizio in occasione della “Festa della donna” (la prima della storia d’Italia), il 7 marzo 1946, le sorelle Luisa e Carolina PORRO mentre si allontanavano dal loro palazzo venivano barbaramente trucidate ad Andria. Il pretesto fu labile: dalla loro residenza patrizia erano partiti degli spari sulla massa radunata in Piazza Municipio. L’esasperazione tolse il tempo ad una ponderata riflessione, difatti si procedette contro le due signorine (altri riuscirono a scampare all’eccidio o furono solamente feriti), che avevano trascorso una vita rintanate in casa a pregare e ricamare, ignare delle ingiustizie che venivano consumate, magari anche in loro nome, ed abbandonate in quel frangente da chi sapeva il rischio che stavano per correre e ben conoscendo il fuoco che divampava in città.
Questa oscura ed ignota pagina è tornata in auge grazie alle due autrici che, ciascuna per proprio conto, hanno scoperchiato la pentola del passato e chiarito il concetto che se la Storia del dopoguerra si deve ricostruire, è giusto che si guardi anche al Sud, non lasciandosi però imbrigliare solo nei fatti di Napoli e Salerno. Nella prima parte del volume (curata dalla Agus) viene affrontata la vicenda più intima e familiare delle sorelle Porro, nella seconda (curata dalla Castellina) viene sviscerato il clima sociale che fece da scenario alla vicenda tragica ed al successivo processo che vide come imputati ben 130 contadini analfabeti schierati dietro le sbarre della Corte d’Assise di Trani (8 giugno 1948). Questa comminò 6 ergastoli e diecine di anni di carcere, anche se la sentenza d’appello, pronunciata il 6 marzo 1953, accolse alcune obiezioni della difesa e ridimensionò i precedenti verdetti.
Alla fine viene spontanea nel lettore una domanda: le Porro avevano provocato davvero l’ira dei braccianti? E fino a che punto esse erano state vere protagoniste delle prepotenze e delle ingiustizie consumate a danno degli “affamati”, tanto per riagganciarci al discorso iniziale? Quelli furono misfatti imputabili certamente dagli uomini di casa, ma loro ne furono informate? La tentazione alla fine è quella di proclamare la loro assoluzione, ma una posizione storica più equa e veritiera, chissà, potrebbe anche propendere per una insufficienza di prove. Alle due autrici, invece, deve andare il plauso dei lettori per aver recuperato una pagina di storia pugliese dimenticata.
 


Matteo de Musso
mdemusso@alice.it 
 

 

 

Recensione del libro a cura di: Matteo de Musso

Luciana Castellina – Milena Agus
GUARDATI DALLA MIA FAME
Ed. Nottetempo (G. Bompiani) 2014
 

 

 

 

 

 

 

 

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