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302 ..:: 15.08.2024

TRINITAPOLI ..:: La batteria, all'interno del panorama jazzistico, ha sempre giocato un ruolo cruciale, evolvendosi da semplice strumento di accompagnamento a vero e proprio protagonista del linguaggio ritmico e sonoro. Esplorare l'evoluzione dei principali stili jazzistici, dallo swing al be-bop, permette di comprendere non solo le trasformazioni tecniche e stilistiche che hanno caratterizzato questo strumento, ma anche il modo in cui esso ha influenzato l'intero genere.
Lo swing, emerso negli anni '30, rappresenta uno dei periodi più prolifici del jazz. Questo stile, caratterizzato da un ritmo fluido e coinvolgente, divenne la colonna sonora di quest'epoca, portando il jazz a una popolarità senza precedenti. Il ruolo del batterista swing era principalmente quello di sostenere il tempo, in un classico 4/4, ponendosi come riferimento stabile e costante per l'intera orchestra, intorno al quale gli altri musicisti potevano costruire le proprie improvvisazioni. L'uso della grancassa, spesso suonata su ogni quarto, conferiva stabilità al ritmo, mentre il ride e l'hi-hat, sul II e IV movimento, contribuivano a creare il tipico andamento "shuffle" che definisce lo swing.
Le tecniche utilizzate dai batteristi dell'epoca, come Gene Krupa e Chick Webb, si concentravano sull'accompagnamento, con occasionali interventi solistici che enfatizzavano i momenti chiave del brano. Le spazzole, utilizzate per ottenere un suono più morbido e vellutato, erano spesso impiegate nelle ballad, dove il mood richiedeva una maggiore delicatezza.
Con l'avvento del be-bop negli anni '40, la batteria jazz subì una radicale trasformazione. Questo nuovo stile, nato dall'esigenza di esplorare territori musicali più complessi e articolati, pose una maggiore enfasi sull'improvvisazione e sulla complessità ritmica. Il be-bop richiedeva al batterista un livello di interazione con i solisti senza precedenti, trasformando il semplice accompagnamento in un dialogo continuo e dinamico.
Batteristi come Max Roach e Kenny Clarke furono pionieri di questo nuovo approccio, introducendo tecniche innovative che avrebbero rivoluzionato il modo di suonare la batteria nel jazz. Il ride, precedentemente utilizzato per mantenere un ritmo costante, divenne ora lo strumento principale per accentuare i tempi dispari e creare complessi pattern ritmici. Allo stesso tempo, l'hi-hat, suonato spesso sul "2" e sul "4", contribuiva a creare un senso di continuità, ma con una maggiore libertà d’interpretazione della cassa.
Un'altra innovazione fondamentale introdotta dal be-bop fu l'uso estensivo dei fill e dei break, non più limitati ai momenti di transizione, ma integrati come parte essenziale del discorso musicale. Questa nuova concezione ritmica richiedeva una grande indipendenza degli arti, poiché mani e piedi dovevano operare in modo sincrono ma indipendente, per creare una struttura poliritmica sempre più complessa.
Analizzando i due stili, emergono differenze sostanziali che riflettono non solo un'evoluzione tecnica, ma anche un cambiamento nella filosofia musicale.
Nel passaggio dallo swing al be-bop, la batteria si evolve da strumento di accompagnamento a elemento chiave dell'improvvisazione jazzistica. Il batterista be-bop diventa un interlocutore attivo, parte integrante del processo creativo e dell'interazione musicale. Questa trasformazione rappresenta una delle pietre miliari nella storia del jazz, aprendo la strada a ulteriori sviluppi stilistici e tecnici che avrebbero segnato le decadi successive.
 

Salvatore Luca Lana Delli Santi

 

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