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303 ..:: 15.08.2024

TRINITAPOLI ..:: Il vibrafono è entrato a far parte del panorama jazzistico relativamente tardi, ma il suo impatto è stato profondo e duraturo. Inventato nel 1916 da Hermann Winter della Leed Drum Company, il vibrafono si distinse rapidamente per le sue caratteristiche. La successiva aggiunta di ventole girevoli e di un motore silenzioso ne ampliò ulteriormente le capacità espressive, permettendo di modulare il suono in modo nuovo e affascinante.
Il vibrafono entrò nel jazz grazie a pionieri come Lionel Hampton e Red Norvo, che lo portarono al centro della scena musicale. Lionel Hampton, rappresentante della tradizione afroamericana, divenne il primo vero protagonista del vibrafono jazzistico, utilizzando lo strumento non solo come accompagnamento, ma come una voce solista potente e versatile. Fu il primo a portare il vibrafono alla ribalta nelle big band degli anni '30 e '40, suonando con giganti come Louis Armstrong e Benny Goodman. La sua tecnica prevedeva l’uso di due bacchette ed enfatizzava il ruolo melodico del vibrafono, integrandosi perfettamente nel contesto swing, e definendo uno stile che sarebbe stato imitato da molti.
Red Norvo, d'altro canto, rappresentava una diversa corrente, quella euro-americana, e fu tra i primi a sperimentare l’uso delle quattro bacchette. Questa tecnica trasformò il vibrafono in una sorta di tastiera armonica, capace di sostenere complesse strutture armoniche e di adattarsi alle esigenze del bebop e del cool jazz, contribuendo ad ampliare le possibilità espressive dello strumento.
Il dibattito sull'uso di due o quattro bacchette nel vibrafono ha accompagnato gran parte della sua storia nel jazz. La tecnica a due bacchette enfatizza il ruolo melodico dello strumento, permettendo di ottenere un suono più diretto e percussivo. Questo approccio è particolarmente efficace nello swing, dove il ritmo e il groove sono fondamentali. Bobby Hutcherson, un altro grande esponente del vibrafono jazz, ha sottolineato come suonare con due bacchette possa essere persino più difficile rispetto a quattro, poiché richiede una maggiore capacità di improvvisazione melodica e un maggiore senso del groove.
D'altra parte, l'uso di quattro bacchette, offre un ventaglio più ampio di possibilità armoniche e permette una maggiore complessità nell'accompagnamento e nell'improvvisazione, trovando ampio spazio nel bebop e nei generi successivi, dove la sperimentazione e la libertà espressiva sono al centro del linguaggio musicale. Con quattro bacchette, il vibrafonista può suonare accordi e melodie simultaneamente, creando tessiture sonore ricche e complesse.
Negli anni '50 e '60, il vibrafono trovò nuovi spazi nel cool jazz e nel free jazz, grazie a innovatori come Gary Burton e Bobby Hutcherson. Questi musicisti sperimentarono nuovi suoni e tecniche, portando il vibrafono in territori ancora inesplorati. Il cool jazz, con il suo approccio più rilassato e sofisticato, vide il vibrafono emergere come uno strumento ideale per esprimere complessità armonica senza rinunciare alla leggerezza. Nel free jazz, invece, lo strumento è stato spesso usato per creare atmosfere astratte e sperimentali, con un'attenzione particolare all'innovazione sonora e alla rottura delle convenzioni ritmiche e melodiche tradizionali.
Oggi, il vibrafono continua a essere uno strumento centrale nel jazz, grazie alla sua capacità di adattarsi a una vasta gamma di stili e contesti musicali. Che sia utilizzato per creare melodie accattivanti, tessiture armoniche complesse o atmosfere sperimentali, il vibrafono continua a ispirare e a sfidare musicisti di tutto il mondo. La sua storia è ricca di innovazioni tecniche e stilistiche, e il suo futuro promette di essere altrettanto prolifico.
 

Salvatore Luca Lana Delli Santi

 

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