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001 ..:: 15.01.2019

::: Mariangela Cacace, Dream Time, 2012, 160 x 200 cm. (Olio su tela).

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SANTA MARIA CAPUA VETERE ..:: La Fantasia di ciò che noi definiamo inconscio trasmette a suo modo, imperturbabile ed eterno stati di chiarezza e stati di ombrosità. Le linee ora avvolgenti ora sinuose risultano come effimere chimere che alludono a scorci di coscienza ed incoscienza. Noi ci chiediamo davanti ad opere di tale pittura quale sia il legame tra il tempo, lo stato della coscienza e quello dell’inconscio? La Fantasia, decisa e determinata, apre le porte di netto ed espone il suo potenziale all’artista che la segue, l’accarezza e la ama donando la propria virtù. «La scienza si sente inferiore nel trattare il corpo umano come un complesso meccanismo composto da numerose piccole macchine che lavorano automaticamente in una relazione reciproca piuttosto insoddisfacente… l’anima se le è dato di esistere siede un po’ vaga all’interno della macchina e mai ben definita....».*
L’arte e la pittura, definirla o non definirla? Non è raro incontrare artisti che vedono nella loro arte un turbamento in modo perpetuante, quasi lacerante affrontando la tela colpendola. Altri artisti amano leggere i tratti decadenti dei colori del mondo e della natura raccogliendoli su questa stessa tela. La tela riceve pennellate dolci e deliziose ma altrettanto squarci, attacchi e pretese. Chi più di un’artista donna può comprendere alla perfezione tale dualismo di intenti?
«L’anima vivente non è automatica, e la logica automatica non le appartiene».**
Il quadro è dunque l’esposizione agli altri della forma onirica del proprio autore, le forme oniriche sottratte alla notte esplodono durante il giorno attraverso il pennello.
«Poi ci leviamo con una sensazione di monotonia ed automatismo della vita. Non vi è alcun rinnovamento bello e felice. Ci sentiamo stanchi in partenza. Perciò protraiamo il nostro io-cosciente diurno nella notte, quando infine ci svegliamo e ci diciamo che dobbiamo dormire, dormire, dormire al mattino e durante il giorno».*** Per meglio leggere i tratti delle opere della pittrice Mariangela Cacace, mi rifarò al grande pittore ed incisore William Hogarth, che scrisse “L’analisi della bellezza” (1753) in cui smantellò i canoni della bellezza.
«Unitamente al procedimento regolare che è stato qui offerto delle linee, "sentire" la natura delle forme a tal punto da farsi un giudizio accettabile di cosa è bello a vedersi. Qui di nuovo ci devono assistere gli altri sensi, anche se in questo capitolo dobbiamo limitarci piuttosto a cosa sia trasmesso all'occhio attraverso i raggi della luce (…) rivelate unicamente per mezzo di luci, di ombre e di colori. Dalle diverse circostanze di questi fattori, chiunque sa che sulla superficie piana dello specchio abbiamo raffigurate forme uguali a quelle originali da esso riflesse. Anche il pittore, dalla giusta disposizione di luci, di ombre e di colori sul suo canovaccio, susciterà idee simili. Persino le incisioni, con luci e con ombre soltanto, informeranno perfettamente l'occhio di ogni qualsivoglia forma e distanza, in cui anche le linee devono considerarsi come esigue parti di ombra; (…) chiamato ombreggiatura (…), quando l'artista per prima ci mette mano, è tutta lavorata con un utensile affilato, in modo da rendere l'incisione un tutt'uno uniformemente nero, come la notte, e tutto il suo lavoro dopo di ciò consiste semplicemente nell'introdurvi le luci».**** Un quadro è dunque la tesi e l’antitesi del divenire umano, un gioco delle parti sula scena bianca che è la tela del pittore, su cui fluiscono le ombre, gli errori, la noia, la monotonia, e le luci, con la bellezza e la giocosità. E’ pur vero che la luce esiste e la possiamo definire, con i suoi contorni magici perché sappiamo cosa sia la notte e il buio. La pittura superba ed austera, si distacca in forme sempre più fluide per ridonarsi alla sua mente che febbrilmente, ha raccolto gli stadi onirici e li ha saputi rendere agli altri, l’arte per amore di sé stessa, per essere arte si ama svelando i suoi segreti a pochi.

Natalia Di Meo
 

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