129 ..:: 10.06.2017 :: 18:30
..:: Nella fotografia: Edward Deci e Richard Rayan.
:::
CIVITANOVA MARCHE :: Dietro quella che sembra una frase fatta, ovvero
“La voglia di studiare”, si nasconde un argomento molto
serio con implicazioni di carattere psicologico e sociale.
Tra gioie e dolori, minacce e promesse, fatica e indolenza,
la voglia di studiare è spesso al centro delle dinamiche di
molte famiglie. La sua assenza è causa di tragedie, di veri
e propri drammi che minano l’armonia familiare senza
distinzioni di carattere socio economico. L’uomo è un
animale curioso! Sempre alla ricerca di nuove scoperte! La
voglia di sapere è una componente centrale nella natura
umana. Perché allora la naturale curiosità che è in ognuno
di noi stenta ad applicarsi ad uno studio regolare,
sistematico e si rifiuta di imboccare i canali socialmente
ed istituzionalmente previsti e programmati dall’istruzione?
E’un fenomeno interessante, ma poco studiato, per
comprenderlo meglio bisognerebbe in primo luogo cercare di
approfondire il significato della parola studiare. Studiare
è un’operazione ben diversa dal semplice leggere, scrivere,
pensare: è una sinergia, una sintesi di tutte queste azioni
mentali. Non basta, nello studio occorre aggiungere altri
ingredienti: attenzione, concentrazione, organizzazione!
Ma da dove partire? Dalla “motivazione” che scatta quando la
persona prova una forte passione e un coinvolgimento, che
diventa appagante in sé, al di là di ogni compenso. Due
studiosi della motivazione contemporanei sono gli psicologi
Edward Deci e Richard Ryan che hanno approfondito per lunghi
anni la tematica della motivazione umana sotto ogni aspetto.
Essi affermano che esistono due tipi di motivazioni: quella
«intrinseca» e quella «estrinseca». La «motivazione
intrinseca» è il Santo Graal della crescita personale.
L’individuo possiede già nel suo interno tutte le risorse
necessarie per poter affrontare e superare qualunque
problema. Può essere paragonata ad una forza interiore, che
permette di raggiungere gli obiettivi fissati. Tre sono le
caratteristiche della motivazione intrinseca: competenza,
relazionalità, autonomia. Sono tre bisogni psicologici a cui
ogni essere umano sente di aver diritto e che, se trovano
piena soddisfazione, portano una persona a risultati
notevoli. La «competenza» è il bisogno che spinge una
persona a migliorarsi, a studiare in continuazione, non
subendo lo studio come imposizione, ma godendolo
dall'interno come vorace apprendimento. La nostra capacità
di apprendimento è una delle caratteristiche più importanti
che possiamo avere e coltivare, per rimanere sempre
aggiornati e reattivi di fronte alle sfide di ogni giorno.
Se all'interno di un gruppo/classe ogni componente può
dimostrare la propria competenza senza che venga messa in
discussione, allora si sentirà fortemente motivato, per
dimostrarla agli altri ma anche a se stesso, trovando
piacere nell'apprendimento continuo. La «relazionalità»
riguarda i rapporti sociali, cioè la relazioni fra pari, fra
persone. Questo bisogno nasconde una necessità più profonda:
“quella di sentirsi accettati, da se stessi e dagli altri”.
L’«autonomia» non va letta come indipendenza assoluta, ma
nell'ottica della mancanza di pressioni esterne. Una persona
si sentirà profondamente motivata se potrà esprimere i suoi
interessi in un ambiente non ostacolante, in cui poter far
valere la propria volontà, senza eccessive costrizioni
esterne. L'essere umano deve poter agire liberamente,
avvalendosi del suo libero arbitrio. Ciò porta
all'autodeterminazione e all'auto-organizzazione. La
«motivazione estrinseca» è quella motivazione che trova
appiglio solo in cose esterne alla persona. Il bastone e la
carota, con gli incentivi e i premi, i voti e le lodi. Tutti
trucchi che si spera possano portare la motivazione esterna
a livelli paragonabili a quella interna. Nella scala della
motivazione (il continuum dell'autodeterminazione, di Deci e
Ryan, 2000) i due autori spiegano che la «motivazione
esterna integrata» è da considerarsi ottimale per la spinta
al miglioramento. In tale motivazione il risultato è ancora
separabile dall'attività, ma l'individuo riesce ad esprimere
nel gruppo la propria «competenza» (cioè non ha il maestro o
il genitore che lo pressa continuamente), ha una certa
«autonomia» (cioè non è continuamente pressato da scadenze
inutili e verifiche estenuanti) e tramite una buona
«relazionalità» può scoprire un ambiente pieno di persone
capaci, che hanno vari obiettivi interessanti e sentirsi
partecipe degli obiettivi del gruppo. Ecco un primo passo da
poter intraprendere per stimolare nei nostri allievi la
“voglia di studiare” cercando di far coincidere gli
interessi e le filosofie proprie con quelle degli studenti.
Se obiettivi e valori sono comuni allora si potrà realizzare
meglio quella piena intesa fra insegnante e studenti, con
l'accettazione di se stessi e degli altri. Una volta
ottenuta la giusta motivazione occorre una riflessione sul
significato di «metacognizione» imparare ad imparare. Dal
1976, quando Flavell coniò il termine metacognizione in seno
ai suoi studi sulle abilità cognitive e metamemoria, la
didattica metacognitiva è stata teorizzata e sperimentata da
numerosi studiosi, fra i quali spicca la scuola italiana di
Cornoldi. Cosa significa quindi imparare ad imparare?
Significa riconoscere ed in seguito applicare
consapevolmente adeguati comportamenti, strategie, abitudini
utili ad un più economico ed efficace processo di
apprendimento. Significa sviluppare delle abilità di
controllo e di potenziamento delle performances cognitive, e
più in generale delle abilità di interazione con il mondo
che ci circonda e con il nostro microcosmo biopsichico.
Imparare ad imparare viene riconosciuta come una
meta-abilità che evolve con l'allievo e diviene il filo
conduttore che lo guida ad una positiva assunzione di
responsabilità in merito al proprio processo di
apprendimento.
Fonte: (Cornoldi, 1995;
Cottini, 2006)
Non soltanto l’insegnante, ma lo
stesso studente imparando a riflettere sulla metacognizione
potrà facilitare il suo metodo di studio e fare in modo che
esso diventi via via più consapevole e “agile”.
Viaggio alla scoperta di sé.
Grazie alla mia esperienza tra i banchi di scuola
(frequentati come studente e come insegnate) ho ideato una
serie di spunti, piccoli consigli che possono aiutare ad
affrontare lo studio.
1.
Individuare i propri punti di forza e di debolezza. |
Riflettere sui
propri punti di forza e sulle debolezze cercando
soluzioni possibili . A tal fine potrebbe essere
utile completare una tabella di confronto che possa
rendere tale riflessione chiara e esplicita. |
PUNTI DI FORZA |
PUNTI DI DEBOLEZZA |
POSSIBILI SOLUZIONI |
Concludo tutto ciò che inizio |
Ho difficoltà ad organizzare i miei impegni |
Cercherò di fare un orario per organizzare
impegni e compiti ... |
Faccio domande se non capisco |
Esprimo con difficoltà i miei pensieri |
Cercherò di preparare un discorso prima di una
conversazione / interrogazione |
So ascoltare |
Ho paura di sbagliare |
Proverò a rispondere alle domande anche se non
mi sento sicuro |
Non temo le critiche |
... |
... |
|
|
|
2.
Comprendere il proprio stile di apprendimento. |
Gli stili di
apprendimento rappresentano le modalità
preferenziali secondo cui i diversi individui
apprendono; in termini più specifici possono essere
considerati come la predisposizione ad adottare una
particolare strategia di apprendimento
indipendentemente dalle caratteristiche specifiche
del compito.
Essere aiutati a comprendere quale strategia
cognitiva utilizziamo per apprendere, potrebbe
sicuramente essere un valido aiuto nello studio e
nella facilitazione di esso. Scegliere il canale
sensoriale e la modalità personale di acquisizione
di un concetto potrebbe facilitare “la vita” a tanti
studenti! |
3.
Avviare un metodo di studio. |
E’ arrivato il
momento di studiare, ma come?
a) L’«attenzione» e la concentrazione possono essere
aiutate eliminando qualunque distrazione (tv,
telefonini, oggetti, persone..), sfruttando le ore
in cui si è meno stanchi (prima si comincia prima si
finisce) è inutile continuare a rimandare, fare un
piano mentale prima di iniziare lo studio (adesso
studio questo capitolo che è più noioso.. Eseguo
l’esercizio corrispondente .. provo a formulare
delle domande e delle risposte….). Ciò permetterà di
passare dallo svago allo studio meno bruscamente,
come fanno gli atleti prima di una gara.
b) «Sottolineare», un valido aiuto
Una vera e propria tecnica che va spiegata ed
esercitata.
Oltre a sottolineare, si possono utilizzare altri
importanti accorgimenti eccone alcuni esempi:
- riassumere in poche parole al lato del testo
(didascalie / parole chiave)
- realizzare schemi e tabelle
- schematizzare attraverso mappe concettuali. |
4.
«Memorizzare»? |
Se si ha
difficoltà a memorizzare ci si può aiutare
collegando una parola, una formula, un concetto a
oggetti, o cose che ci sono familiari. E’una tecnica
che usavano gli antichi Greci che si chiama tecnica
dei loci (= Luoghi): consiste appunto nel collegare
i punti da ricordare con immagini concrete, che si
conoscono bene e poi nel collegare ogni immagine
nell’ordine giusto lungo le tappe di un tragitto ben
noto. Provare per credere!
Un’altra tecnica di memorizzazione consiste
nell’inventare, con le iniziali della parola da
ricordare, delle piccole frasi o filastrocche, che
possono richiamare alla mente ciò che bisogna
ricordare. |
5.
«Organizzarsi» per non perdere tempo! |
Oggi è sempre
più complicato, per i più giovani super impegnati,
riuscire a gestire il tempo in modo da farci stare
tutto! E' giusto che un studente abbia tempo
necessario per lo sport, per coltivare i suoi
interessi, per lo svago…Perciò un piano settimanale,
che tenga conto di attività extrascolastiche e che
non sovraccarichi troppo il sabato e la domenica, è
molto importante. Bisognerà cercare di alternare
attività di studio che ci sembrano “più pesanti” con
quelle più “leggere”. Inoltre è importante cercare
di anticipare alcuni compiti e lo studio nelle
giornate più libere da impegni, in modo da avere più
tempo a disposizione negli altri. |
6.
«Ultimi consigli»? Una buona alimentazione e un buon
riposo. |
In conclusione,
questo breve contributo non ha avuto la presunzione
di svelare la ricetta magica per trovare la voglia
di studiare. Ogni individuo dovrà cercare la
soluzione dentro di sé. Spero sia stato un utile
spunto di riflessione per farci comprendere che,
dietro tale complessa operazione: studiare, si
celano molte variabili che, con sinergia, portano ad
una migliore capacità di affrontare le difficoltà
della scuola e della vita. Conoscerle e imparare a
gestirle, con un progressivo allenamento, potrebbe
essere la giusta strada da intraprendere. |
Michela Fava
michela.fava@virgilio.it
Note e Bibliografia: |
Borgono M.,
Secondaria pass vademecum per la scuola secondaria, LA SPIGA
LANGUAGES, Milano 2004
Boscolo, P., Psicologia dell'apprendimento scolastico,
Torino 1986.
Carcione, A. L’Intervista per la Valutazione della
Metacognizione (IVaM). Descrizione dello strumento.
Cognitivismo Clinico, Il Mulino, Bologna, 2008
Cornoldi C., Metacognizione ed Apprendimento, Il Mulino,
Bologna, 1995
Cornoldi C., Caponi B., Memoria e metacognizione, Rickson,
Trento, 1991
Cornoldi C., Vianello R., Handicap, comunicazione e
linguaggio, Juvenilia, Bergamo, 1988
Deci, E. e Ryan, R. Intrinsic motivation and
self-determination in human behaviour, New York, Plenum
Press, 1985
Crispiani, P. Pedagogia Clinica, Azzano S. Paolo,
Junior,2001.
Dimaggio, G., & Lysaker, P. H. Metacognizione e
psicopatologia. Valutazione e trattamento, Raffaello
Cortina. 2010
De Beni R., Moè A., Motivazione ed Apprendimento, Il Mulino,
2009
Gazzanica M. S., Ivry R. B., Mangun G. R., Neuroscienze
Cognitive, Zanichelli, Bologna, 2005 Bologna, 2000
Pesci, G. e Pesci A. Pedagogia clinica in classe, Roma,
Edizioni Magi, 1999
Piattellini Palmarini M., La voglia di studiare: che cos’è e
come farsela venire, MONDADORI, Milano. |
|