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Legislazione scolastica e processi di apprendimento.

005 ..:: 18.01.2017 :: 18:30

 

 

 

 

 

::: SOVERATO :: Le “Raccomandazioni del Parlamento europeo e del Consiglio del 2006” e l’anno successivo il Regolamento dell’obbligo, D.M. 22 /08/2007, n. 139, individuano competenze indispensabili e generative di un nuovo apprendimento, che sappiano assicurare l’equivalenza formativa di tutti i percorsi, quali imparare ad imparare, progettare, comunicare, collaborare e partecipare, risolvere problemi, acquisire ed interpretare l’informazione. L’Italia, in linea con l’Europa , promuove il processo di sviluppo metacognitivo, tramite il quale il soggetto acquista la consapevolezza della sua stessa crescita cognitiva . A tal proposito gli apporti forniti dalle neuroscienze e ricerche epistemologiche ci confermano che è in crisi del PENSIERO FORTE, lineare, logico-deduttivo. Impariamo strutture e il metodo strutturalista interazionista si può realizzare tramite una costruttiva e creativa COMUNITA’ di PRATICA. Una riflessione pedagogica ci richiama agli studiosi a noi più vicini e in particolare Bruner e Gardner (Bruner1980, Gardner1987) tenendo conto sia delle ricerche di Piaget sia di quelle di Vygotskji (Vygotskji 1969) convergono nella stessa direzione: poiché è l'apprendimento di un ambito disciplinare consiste soprattutto nell'acquisizione delle sue "strutture" profonde, la scuola non può e non riesce mai a fare apprendere tutte le nozioni, che sono sempre più ampie e non immagazzinabili da una persona. Essa deve fornire i quadri concettuali, le strutture ,appunto, che sono "isomorfe" , secondo Piaget, alle strutture mentali del bambino. Il processo educativo si inserisce nella continuità del processo di apprendimento il quale trova nelle strutture concettuali degli ambiti disciplinari il fine-mezzo del suo realizzarsi. Pertanto necessita l'organizzazione di un itinerario scolastico che, rispettando i ritmi naturali di apprendimento dell'alunno, crei una "continuità" nello sviluppo delle capacità critiche dall'ingresso nella scuola fino ad orientarlo consapevolmente nelle scelte future, superando "compartimenti stagno", e frammentarietà. Il DS è tenuto a promuovere la continuità dei processi educativi e di apprendimento, sia definendo criteri mirati ad un percorso di formazione il più possibile unitario ed armonico all’interno delle diverse scuole, sia attivando una molteplicità di iniziative in ambito didattico ed organizzativo, che agevolino il passaggio degli alunni da un ordine di scuola all’altro. Gli ambiti d’intervento sono sostanzialmente due: quello dell’organizzazione, del confronto e della progettazione, che impegna gli insegnanti sia all’interno dei singoli plessi, sia a livello d’Istituto; quello della pratica didattica, che vede gli alunni direttamente coinvolti nella normale attività quotidiana in classe, ma anche in attività di conoscenza reciproca, confronto e apprendimento con alunni ed insegnanti di altre scuole di diverso ordine.
La continuità educativa e didattica del processo di integrazione scolastica tra i diversi gradi dell'istruzione, è garantita e disciplinata da disposizioni legislative ed amministrative: “La continuità educativa nasce dall’esigenza di garantire il diritto dell’alunno a un percorso formativo organico e completo, che mira a promuovere , uno sviluppo articolato e multidimensionale del soggetto… “ (D.M. 04/03/1991). La Legge quadro prevede "forme obbligatorie di consultazione tra insegnanti del ciclo inferiore e del ciclo superiore" (L. 104/92, art. 14, comma 1, lett. c). La continuità educativa in senso lato e per tutti gli alunni (ivi compresi gli alunni con handicap) è trattata anche nella Circolare Ministeriale numero 339 del 16 novembre 1992 (Trasmissione del Decreto Ministeriale applicativo dell’articolo 2 della Legge 148 del 5 giugno 1990). Ai sensi del DPR 275/99 il Ds è tenuto espressamente a predisporre “ la realizzazione di iniziative di recupero/sostegno, di continuità e orientamento scolastico e professionale...”. Nella Legge 53 del 28 marzo 2003 si specifica: “Nel primo ciclo è assicurato altresì il raccordo con la scuola dell'infanzia e con il secondo ciclo..”
Per quanto riguarda la scuola dell'obbligo la normativa di riferimento più importante sull’Handicap è la C.M.1/88. Questa normativa indica criteri e modalità di raccordo a livello didattico-istituzionale per agevolare il passaggio dell'alunno handicappato da un ordine di scuola a quello successivo. Prevede incontri tra gli operatori scolastici e socio - sanitari, la trasmissione di notizie e documentazioni e in particolare la possibilità che l'insegnante di sostegno della scuola di provenienza segua l'alunno nella fase di passaggio e di iniziale frequenza della nuova istituzione scolastica.
Sulla continuità educativa in senso lato e per tutti gli alunni (ivi compresi gli alunni con Handicap) si parla nel D.M. del 16/11/90 e nella C.M. n° 339/92.
Nel collegato alla legge finanziaria 662 del 23/12/96, art.1 comma 72, è previsto il principio che sancisce: "è garantita la continuità del sostegno per gli alunni portatori di Handicap". Tale norma è ribadita dall’art.40 del D.M. n°331/98).
Nelle Indicazioni per il curricolo (D.M. 31/07/ 2007) si esplicita: “ … E’ importante valorizzare simbolicamente i momenti di passaggio che segnano le tappe principali di apprendimento e di crescita di ogni studente.)
Nelle nuove Indicazioni uno dei punti di forza consiste nella VISIONE UNITARIA del curricolo (dall’infanzia alla sc. Secondaria di I grado). In linea col PECUP ( D.Lvo 53/2004) si riconferma l’unitarietà e la continuità pedagogica tra i diversi ordini di scuola, per facilitare un percorso diacronico, valoriale e curricolare. Si individua il medesimo sfondo pedagogico per i 3 diversi ordini di scuola: centralità della persona, cittadinanza, comunità educante. Si rileva, inoltre, l’unitarietà dei traguardi per lo sviluppo delle competenze: processualità degli apprendimenti; dinamiche di acquisizione di conoscenze, abilità, affettività, relazioni sociali, capacità di problematizzazione, organizzazione di pensiero convergente/divergente). Anche l’unitarietà metodologica fra i tre ordini di scuola è oggetto di esplicitazione nelle indicazioni per il curricolo: aree, percorsi affini, contenuti condivisi tra discipline.
In consonanza con gli obiettivi e le strategie utilizzate in ambito internazionale, il Piano programmatico (di cui all’art. 64 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133) promuove essenzialità, coerenza e continuità dei contenuti dei curricoli e dei piani di studio, nella prospettiva di un progressivo passaggio ad una didattica per competenze, i cui esiti vanno certificati con “strumenti” oggettivi.
L’Europa prosegue in tale ricerca di senso e significati dell’educazione e nel 2008 il Quadro Europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente (EQF) descrive le competenze in termini di “responsabilità e autonomia”.
Allontanandoci dalle rigidità del Positivismo e dallo Scientismo, riconosciamo la crisi della “disciplina” considerata “pacchetto precostituito di conoscenze”: il metodo costruttivista interazionista prevale nella scuola della scoperta, della ricerca, del dialogo tra i saperi, della creatività, della “conoscenza “fallibile” (Popper) e dell’apprendimento cooperativo sostenuto da Bruner, nella scuola dell’innovazione, quindi della LIM (Lavagna Interattiva Multimediale), che ne rappresenta un aspetto significativo. Questa è la scuola in cui il carattere implosivo della struttura consente il tranfert ed è potenziato il potere rigenerativo della memoria.
Un curricolo basato sulle competenze si pone come obiettivo il raccordo tra saperi formali-informali e saperi non formali e il rapporto tra saperi disciplinari e trasversali. Maturare competenza significa possedere capacità di padroneggiare e utilizzare le conoscenze in un contesto disciplinare o lavorativo, attivando una importante dimensione meta-cognitiva di consapevolezza del funzionamento dei propri processi mentali.
In base all’articolo 1 del Regolamento dell’Autonomia ogni scuola è tenuta a garantire al cittadino un livello essenziale di competenze e creare un ambiente che favorisca il successo formativo. In questo senso l’idea del curricolo verticale appare vincente. Il curricolo verticale mira fondamentalmente ad un arricchimento ed ampliamento dell’offerta formativa tramite l’attribuzione di crediti formativi, all’offerta integrativa di parti di curricolo, nella direzione della comprensività, e all’offerta aggiuntiva per il recupero e il “saldo” di debiti, per gli allievi in difficoltà, o per la promozione delle eccellenze. La dimensione verticale include ciò che facilita lo sviluppo delle competenze: la sistematizzazione e la ristrutturazione di conoscenze acquisite, le connessioni delle conoscenze nuove con quelle precedenti, la giusta enfasi sulla produttività di certi concetti. La necessità del raccordo e della continuità del percorso formativo della scuola si coniuga con il dovere di un’accoglienza continua e costante, vale a dire di una quotidiana elaborazione di tutto quello che il bambino possiede, manifesta, richiede, sogna e desidera.
Progettare e attuare percorsi che favoriscono la “transizione“ significa per la nostra scuola organizzare, curare e tenere sotto controllo questo delicato momento, carico di emozioni ed aspettative, creando situazioni, atteggiamenti e un clima adatto ad accogliere alunni e genitori.
Pertanto la continuità è intesa come capacità di valorizzare le competenze già acquisite dall’alunno nel rispetto dell’azione educativa di ciascuna scuola, pur nella diversità di ruoli e funzioni. Come sosteneva J. Dewey, deve esserci uno stretto rapporto tra scuola, famiglia e società. A tal fine la scuola dovrà effettuare un’accurata analisi della realtà sociale e della situazione delle famiglie degli alunni al fine di rilevarne le peculiarità, i bisogni e le aspettative che si nutrono nei confronti dell’istituzione scolastica. Il dirigente scolastico della scuola autonoma sceglie come priorità assoluta del suo servizio l’incremento dell’efficienza dei processi e della la qualità attraverso la pianificazione strategica, intesa come definizione della “mission” e l’identificazione degli obiettivi operativi. La sua azione propulsiva porrà basi solide ad una struttura organizzativa efficiente vissuta come l’insieme dei dispositivi operativi di funzionamento e la gestione del personale attraverso forme di valorizzazione delle risorse umane. Ciò implica da parte del dirigente scolastico la promozione di una cultura organizzativa caratterizzata da dinamiche relazionali ispirate dalla comune volontà di costruire al fine di erogare un servizio di qualità orientato al successo formativo di tutti gli allievi. In questo sfondo di complessità organizzativa si delineano, perciò, i connotati del nuovo profilo professionale del dirigente scolastico, al quale è richiesta una capacità gestionale in grado di pilotare il cambiamento e influenzare positivamente i comportamenti. A tal fine egli è tenuto a promuovere il miglioramento della professionalità dei docenti delle singole discipline nei quattro settori fondamentali delle competenze disciplinari, didattiche, relazionali ed organizzative, attraverso la promozione della costituzione di reti di scuole, ciascuna delle quali diventi polo di aggiornamento in una specifica disciplina o ambito disciplinare.
Nella scuola dell’Autonomia, in un clima di democrazia partecipata attiva, il DS sarà propulsivo di obiettivi condivisi, attraverso l’instaurazione di relazioni collaborative di sostegno e di guida. Si prefigura un modello organizzativo dinamico in rete (DPR 275/99), non gerarchico e decisionale, ma basato su elementi di diffusione, sensibilizzazione e divisione dei ruoli.
 

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