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SOVERATO :: Le
“Raccomandazioni del Parlamento europeo e del Consiglio del
2006” e l’anno successivo il Regolamento dell’obbligo, D.M.
22 /08/2007, n. 139, individuano competenze indispensabili e
generative di un nuovo apprendimento, che sappiano
assicurare l’equivalenza formativa di tutti i percorsi,
quali imparare ad imparare, progettare, comunicare,
collaborare e partecipare, risolvere problemi, acquisire ed
interpretare l’informazione. L’Italia, in linea con l’Europa
, promuove il processo di sviluppo metacognitivo, tramite il
quale il soggetto acquista la consapevolezza della sua
stessa crescita cognitiva . A tal proposito gli apporti
forniti dalle neuroscienze e ricerche epistemologiche ci
confermano che è in crisi del PENSIERO FORTE, lineare,
logico-deduttivo. Impariamo strutture e il metodo
strutturalista interazionista si può realizzare tramite una
costruttiva e creativa COMUNITA’ di PRATICA. Una riflessione
pedagogica ci richiama agli studiosi a noi più vicini e in
particolare Bruner e Gardner (Bruner1980, Gardner1987)
tenendo conto sia delle ricerche di Piaget sia di quelle di
Vygotskji (Vygotskji 1969) convergono nella stessa
direzione: poiché è l'apprendimento di un ambito
disciplinare consiste soprattutto nell'acquisizione delle
sue "strutture" profonde, la scuola non può e non riesce mai
a fare apprendere tutte le nozioni, che sono sempre più
ampie e non immagazzinabili da una persona. Essa deve
fornire i quadri concettuali, le strutture ,appunto, che
sono "isomorfe" , secondo Piaget, alle strutture mentali del
bambino. Il processo educativo si inserisce nella continuità
del processo di apprendimento il quale trova nelle strutture
concettuali degli ambiti disciplinari il fine-mezzo del suo
realizzarsi. Pertanto necessita l'organizzazione di un
itinerario scolastico che, rispettando i ritmi naturali di
apprendimento dell'alunno, crei una "continuità" nello
sviluppo delle capacità critiche dall'ingresso nella scuola
fino ad orientarlo consapevolmente nelle scelte future,
superando "compartimenti stagno", e frammentarietà. Il DS è
tenuto a promuovere la continuità dei processi educativi e
di apprendimento, sia definendo criteri mirati ad un
percorso di formazione il più possibile unitario ed armonico
all’interno delle diverse scuole, sia attivando una
molteplicità di iniziative in ambito didattico ed
organizzativo, che agevolino il passaggio degli alunni da un
ordine di scuola all’altro. Gli ambiti d’intervento sono
sostanzialmente due: quello dell’organizzazione, del
confronto e della progettazione, che impegna gli insegnanti
sia all’interno dei singoli plessi, sia a livello
d’Istituto; quello della pratica didattica, che vede gli
alunni direttamente coinvolti nella normale attività
quotidiana in classe, ma anche in attività di conoscenza
reciproca, confronto e apprendimento con alunni ed
insegnanti di altre scuole di diverso ordine.
La continuità educativa e didattica del processo di
integrazione scolastica tra i diversi gradi dell'istruzione,
è garantita e disciplinata da disposizioni legislative ed
amministrative: “La continuità educativa nasce dall’esigenza
di garantire il diritto dell’alunno a un percorso formativo
organico e completo, che mira a promuovere , uno sviluppo
articolato e multidimensionale del soggetto… “ (D.M.
04/03/1991). La Legge quadro prevede "forme obbligatorie di
consultazione tra insegnanti del ciclo inferiore e del ciclo
superiore" (L. 104/92, art. 14, comma 1, lett. c). La
continuità educativa in senso lato e per tutti gli alunni
(ivi compresi gli alunni con handicap) è trattata anche
nella Circolare Ministeriale numero 339 del 16 novembre 1992
(Trasmissione del Decreto Ministeriale applicativo
dell’articolo 2 della Legge 148 del 5 giugno 1990). Ai sensi
del DPR 275/99 il Ds è tenuto espressamente a predisporre “
la realizzazione di iniziative di recupero/sostegno, di
continuità e orientamento scolastico e professionale...”.
Nella Legge 53 del 28 marzo 2003 si specifica: “Nel primo
ciclo è assicurato altresì il raccordo con la scuola
dell'infanzia e con il secondo ciclo..”
Per quanto riguarda la scuola dell'obbligo la normativa di
riferimento più importante sull’Handicap è la C.M.1/88.
Questa normativa indica criteri e modalità di raccordo a
livello didattico-istituzionale per agevolare il passaggio
dell'alunno handicappato da un ordine di scuola a quello
successivo. Prevede incontri tra gli operatori scolastici e
socio - sanitari, la trasmissione di notizie e
documentazioni e in particolare la possibilità che
l'insegnante di sostegno della scuola di provenienza segua
l'alunno nella fase di passaggio e di iniziale frequenza
della nuova istituzione scolastica.
Sulla continuità educativa in senso lato e per tutti gli
alunni (ivi compresi gli alunni con Handicap) si parla nel
D.M. del 16/11/90 e nella C.M. n° 339/92.
Nel collegato alla legge finanziaria 662 del 23/12/96, art.1
comma 72, è previsto il principio che sancisce: "è garantita
la continuità del sostegno per gli alunni portatori di
Handicap". Tale norma è ribadita dall’art.40 del D.M.
n°331/98).
Nelle Indicazioni per il curricolo (D.M. 31/07/ 2007) si
esplicita: “ … E’ importante valorizzare simbolicamente i
momenti di passaggio che segnano le tappe principali di
apprendimento e di crescita di ogni studente.)
Nelle nuove Indicazioni uno dei punti di forza consiste
nella VISIONE UNITARIA del curricolo (dall’infanzia alla sc.
Secondaria di I grado). In linea col PECUP ( D.Lvo 53/2004)
si riconferma l’unitarietà e la continuità pedagogica tra i
diversi ordini di scuola, per facilitare un percorso
diacronico, valoriale e curricolare. Si individua il
medesimo sfondo pedagogico per i 3 diversi ordini di scuola:
centralità della persona, cittadinanza, comunità educante.
Si rileva, inoltre, l’unitarietà dei traguardi per lo
sviluppo delle competenze: processualità degli
apprendimenti; dinamiche di acquisizione di conoscenze,
abilità, affettività, relazioni sociali, capacità di
problematizzazione, organizzazione di pensiero
convergente/divergente). Anche l’unitarietà metodologica fra
i tre ordini di scuola è oggetto di esplicitazione nelle
indicazioni per il curricolo: aree, percorsi affini,
contenuti condivisi tra discipline.
In consonanza con gli obiettivi e le strategie utilizzate in
ambito internazionale, il Piano programmatico (di cui
all’art. 64 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112
convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133) promuove
essenzialità, coerenza e continuità dei contenuti dei
curricoli e dei piani di studio, nella prospettiva di un
progressivo passaggio ad una didattica per competenze, i cui
esiti vanno certificati con “strumenti” oggettivi.
L’Europa prosegue in tale ricerca di senso e significati
dell’educazione e nel 2008 il Quadro Europeo delle
qualifiche per l’apprendimento permanente (EQF) descrive le
competenze in termini di “responsabilità e autonomia”.
Allontanandoci dalle rigidità del Positivismo e dallo
Scientismo, riconosciamo la crisi della “disciplina”
considerata “pacchetto precostituito di conoscenze”: il
metodo costruttivista interazionista prevale nella scuola
della scoperta, della ricerca, del dialogo tra i saperi,
della creatività, della “conoscenza “fallibile” (Popper) e
dell’apprendimento cooperativo sostenuto da Bruner, nella
scuola dell’innovazione, quindi della LIM (Lavagna
Interattiva Multimediale), che ne rappresenta un aspetto
significativo. Questa è la scuola in cui il carattere
implosivo della struttura consente il tranfert ed è
potenziato il potere rigenerativo della memoria.
Un curricolo basato sulle competenze si pone come obiettivo
il raccordo tra saperi formali-informali e saperi non
formali e il rapporto tra saperi disciplinari e trasversali.
Maturare competenza significa possedere capacità di
padroneggiare e utilizzare le conoscenze in un contesto
disciplinare o lavorativo, attivando una importante
dimensione meta-cognitiva di consapevolezza del
funzionamento dei propri processi mentali.
In base all’articolo 1 del Regolamento dell’Autonomia ogni
scuola è tenuta a garantire al cittadino un livello
essenziale di competenze e creare un ambiente che favorisca
il successo formativo. In questo senso l’idea del curricolo
verticale appare vincente. Il curricolo verticale mira
fondamentalmente ad un arricchimento ed ampliamento
dell’offerta formativa tramite l’attribuzione di crediti
formativi, all’offerta integrativa di parti di curricolo,
nella direzione della comprensività, e all’offerta
aggiuntiva per il recupero e il “saldo” di debiti, per gli
allievi in difficoltà, o per la promozione delle eccellenze.
La dimensione verticale include ciò che facilita lo sviluppo
delle competenze: la sistematizzazione e la ristrutturazione
di conoscenze acquisite, le connessioni delle conoscenze
nuove con quelle precedenti, la giusta enfasi sulla
produttività di certi concetti. La necessità del raccordo e
della continuità del percorso formativo della scuola si
coniuga con il dovere di un’accoglienza continua e costante,
vale a dire di una quotidiana elaborazione di tutto quello
che il bambino possiede, manifesta, richiede, sogna e
desidera.
Progettare e attuare percorsi che favoriscono la
“transizione“ significa per la nostra scuola organizzare,
curare e tenere sotto controllo questo delicato momento,
carico di emozioni ed aspettative, creando situazioni,
atteggiamenti e un clima adatto ad accogliere alunni e
genitori.
Pertanto la continuità è intesa come capacità di valorizzare
le competenze già acquisite dall’alunno nel rispetto
dell’azione educativa di ciascuna scuola, pur nella
diversità di ruoli e funzioni. Come sosteneva J. Dewey, deve
esserci uno stretto rapporto tra scuola, famiglia e società.
A tal fine la scuola dovrà effettuare un’accurata analisi
della realtà sociale e della situazione delle famiglie degli
alunni al fine di rilevarne le peculiarità, i bisogni e le
aspettative che si nutrono nei confronti dell’istituzione
scolastica. Il dirigente scolastico della scuola autonoma
sceglie come priorità assoluta del suo servizio l’incremento
dell’efficienza dei processi e della la qualità attraverso
la pianificazione strategica, intesa come definizione della
“mission” e l’identificazione degli obiettivi operativi. La
sua azione propulsiva porrà basi solide ad una struttura
organizzativa efficiente vissuta come l’insieme dei
dispositivi operativi di funzionamento e la gestione del
personale attraverso forme di valorizzazione delle risorse
umane. Ciò implica da parte del dirigente scolastico la
promozione di una cultura organizzativa caratterizzata da
dinamiche relazionali ispirate dalla comune volontà di
costruire al fine di erogare un servizio di qualità
orientato al successo formativo di tutti gli allievi. In
questo sfondo di complessità organizzativa si delineano,
perciò, i connotati del nuovo profilo professionale del
dirigente scolastico, al quale è richiesta una capacità
gestionale in grado di pilotare il cambiamento e influenzare
positivamente i comportamenti. A tal fine egli è tenuto a
promuovere il miglioramento della professionalità dei
docenti delle singole discipline nei quattro settori
fondamentali delle competenze disciplinari, didattiche,
relazionali ed organizzative, attraverso la promozione della
costituzione di reti di scuole, ciascuna delle quali diventi
polo di aggiornamento in una specifica disciplina o ambito
disciplinare.
Nella scuola dell’Autonomia, in un clima di democrazia
partecipata attiva, il DS sarà propulsivo di obiettivi
condivisi, attraverso l’instaurazione di relazioni
collaborative di sostegno e di guida. Si prefigura un
modello organizzativo dinamico in rete (DPR 275/99), non
gerarchico e decisionale, ma basato su elementi di
diffusione, sensibilizzazione e divisione dei ruoli.
Cafa
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