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I rapporti tra Stato Italiano e la Chiesa.

019 ..:: 16.02.2017 :: 18:30

 

 

 

 

 

 

::: SOVERATO :: Il primo comma dell’art. 7 Cost. dispone che «Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani».
Tale disposizione esprime, pertanto, il riconoscimento dell’originarietà dell’ordinamento della Chiesa cattolica, nonché della sua indipendenza e sovranità.
I rapporti tra i due ordinamenti sono regolati dai Patti Lateranensi (cfr. art. 7, co. 2 Cost.).
La loro stipula, avvenuta l’11 febbraio 1929, costituì la soluzione della cd. questione romana, insorta dopo l’annessione di Roma al Regno d’Italia (1870).
I Patti Lateranensi possono essere modificati con legge ordinaria, purché le modificazioni siano preventivamente concordate tra le parti.
Qualora manchi l’accordo, lo Stato può procedere unilateralmente alle modifiche, ricorrendo, però, al procedimento di revisione costituzionale ex art. 138 Cost. (cfr. art. 7, co. 2 Cost.).
Si tratta di una fonte atipica, atteso il carattere di legge speciale e la particolare resistenza all’abrogazione di norme di legge ordinarie.
Le norme dei Patti Lateranensi possono inoltre derogare a norme di rango costituzionale, trattandosi di norme pattizie a carattere speciale.
L’unico limite è rappresentato dai principi supremi dell’ordinamento costituzionale dello Stato (cfr. C. Cost., sent. n. 175/1973 ).
I Patti Lateranensi sono stati rivisti nel 1984 con l’accordo di Villa Madama, che ha apportato alcune novità piuttosto significative nei rapporti tra Stato e Chiesa.
Tra queste si possono ricordare le seguenti:
- l’abrogazione del principio della religione di Stato;
- le innovazioni nella disciplina del matrimonio alla luce della legge sul divorzio (l. n. 898/1970);
- il superamento del principio dell’obbligatorietà dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole.
Patti Lateranensi è il nome che è stato stabilito per gli accordi di mutuo riconoscimento tra il Regno d'Italia e la Santa Sede sottoscritti l'11 febbraio 1929, grazie ai quali per la prima volta dall'Unità d'Italia furono stabilite regolari relazioni bilaterali tra Italia e Santa Sede.
Presero il nome del Palazzo di San Giovanni in Laterano in cui avvenne la firma degli accordi, che furono negoziati tra il Cardinale Segretario di StatoPietro Gasparri per conto della Santa Sede e il Presidente del Consiglio dei ministri nonché duce d'Italia Benito Mussolini per conto del Regno d'Italia.
Il rapporto tra Stato e Chiesa era precedentemente disciplinato unilateralmente dalla cosiddetta «legge delle Guarentigie», approvata dal Parlamento italiano il 13 maggio 1871 dopo la presa di Roma. La legge delle Guarentigie non venne mai riconosciuta dai Pontefici, da Pio IX in poi; la somma stanziata anno per anno dal governo italiano venne conservata in un apposito conto, in attesa di concludere un accordo con la Santa Sede.


Il contenuto dei Patti Lateranensi.
I Patti Lateranensi consistono in tre distinti documenti: il primo riconosce l'indipendenza e la sovranità della Santa Sede che fondava lo Stato della Città del Vaticano; secondo: la "Convenzione Finanziaria" che prevedeva un risarcimento di 750 milioni di lire a beneficio della Chiesa. Regolava cioè le questioni sorte dopo le spoliazioni degli enti ecclesiastici a causa delle leggi eversive; e terzo: il Concordato che definiva le relazioni civili e religiose in Italia tra la Chiesa e il Governo (prima d'allora, cioè dalla nascita del Regno d'Italia, sintetizzate nel motto: «libera Chiesa in libero Stato»). E’ stata inoltre prevista l'esenzione, al nuovo Stato denominato «Città del Vaticano», dalle tasse e dai dazi sulle merci importate e il risarcimento di "1 miliardo e 750 milioni di lire e di ulteriori titoli di Stato consolidati al 5 per cento al portatore, per un valore nominale di un miliardo di lire"[1] per i danni finanziari subiti dallo Stato pontificio in seguito alla fine del potere temporale.
Nel precedente Concordato, nel quale ancora vigeva la norma del giuramento dei nuovi vescovi al Governo italiano, l'unico vescovo che non era obbligato a giurare fedeltà all'Italia era colui che fa le veci del Pontefice nella sua qualità di vescovo di Roma, cioè il cardinale vicario. Questa eccezione alla regola, che appariva nel Concordato, era stata prevista proprio in segno di rispetto dell'indipendenza del Papa da parte dell'Italia.
Il suo vicario non deve essere sottoposto al giuramento, perché rappresenta il vescovo effettivo della città di Roma, cioè il Papa. Il governo italiano acconsentì di rendere le sue leggi sul matrimonio e il divorzio conformi a quelle della Chiesa cattolica di Roma e di rendere il clero esente dal servizio militare. I Patti garantirono alla Chiesa il riconoscimento del cattolicesimo quale religione di Stato in Italia, con importanti conseguenze sul sistema scolastico pubblico, come l'istituzione dell'insegnamento della religione cattolica, già presente dal 1923 e tuttora esistente seppure con modalità diverse.
I Patti Lateranensi sono stati rivisti nel 1984 con l’accordo di Villa Madama, che ha apportato alcune novità piuttosto significative nei rapporti tra Stato e Chiesa.
Tra queste si possono ricordare le seguenti:
- l’abrogazione del principio della religione di Stato;
- le innovazioni nella disciplina del matrimonio alla luce della legge sul divorzio (l. n. 898/1970);
- il superamento del principio dell’obbligatorietà dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole.


Cenni storici.
I Patti Lateranensi non furono gli unici accordi stipulati negli anni successivi alla Prima guerra mondiale tra il Vaticano e stati esteri, nell'ottica di rendere libera la professione della religione cattolica e di ridare un ruolo diplomatico di primo piano al papato. Tra gli altri vi furono accordi con la Lettonia (stipulato nel 1922), con la Baviera (1924), con la Polonia (1925) con la Lituania e con la Romania (entrambi stipulati nel 1927), con la Prussia (stipulato nel 1929), con il Baden (1932) e con la Germania nazista (nel 1933).[2]
La connessione dei Patti lateranensi con la linea d'indirizzo segnata dai precedenti Concordati fu notata sin dal 1929, come risposta alla critica secondo cui il Papato aveva barattato il suo potere temporale ed il grandioso imprigionamento nel quale ha prosperato per quasi sessant'anni, in cambio di vantaggi di interesse della sola chiesa italiana[3].
Gli accordi politici
I Patti Lateranensi (la «Conciliazione») tra Stato e Chiesa nel 1929 per la risoluzione della "Questione romana" si conclusero in maniera soddisfacente per le parti in causa. L'inizio di trattative segrete avvenne grazie all'iniziativa di tre zelanti sacerdoti: padre Giovanni Genocchi dei Missionari del Sacro Cuore di Gesù, di don Giovanni Minozzi fondatore con padre Giovanni Semeria dell'O.N.M.I.. Quest'ultimo riferì che proprio in casa di suoi parenti i tre si riunirono per discutere e studiare la possibilità di trovare una via di uscita per riallacciare le relazioni tra Stato e Chiesa.
Le discussioni e i lavori durarono tre giorni al termine dei quali padre Genocchi si incaricò di portare all'allora segretario di Stato Vaticano, il cardinale Pietro Gasparri, il risultato del loro lavoro.
Finalmente il 26 agosto 1926 furono designati ufficiosamente e informalmente due incaricati: uno dal governo Mussolini e l'altro da parte di papa Pio XI.
Per la prima volta figura l'avvocato concistoriale Francesco Pacelli quale plenipotenziario per il Vaticano, fratello di Eugenio Pacelli, futuro segretario di Stato prima e papa Pio XII poi. Da parte italiana fu scelto Domenico Barone.
L'11 febbraio ricorreva il 71º anniversario della prima apparizione di Nostra Signora di Lourdes; la scelta di firmare il concordato in quell'occasione intendeva rimarcare la soddisfazione da parte vaticana per i nuovi patti e poteva avere altri significati politici. Il 13 febbraio 1929 Pio XI tenne un discorso a un'udienza concessa a professori e studenti dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, che passò alla storia per un passaggio in cui Benito Mussolini è indicato come «un uomo [...] che la Provvidenza Ci ha fatto incontrare[4]»:
« Le condizioni dunque della religione in Italia non si potevano regolare senza un previo accordo dei due poteri, previo accordo a cui si opponeva la condizione della Chiesa in Italia. Dunque per far luogo al Trattato dovevano risanarsi le condizioni, mentre per risanare le condizioni stesse occorreva il Concordato. E allora? La soluzione non era facile, ma dobbiamo ringraziare il Signore di avercela fatta vedere e di aver potuto farla vedere anche agli altri. La soluzione era di far camminare le due cose di pari passo.
E così, insieme al Trattato, si è studiato un Concordato propriamente detto e si è potuto rivedere e rimaneggiare e, fino ai limiti del possibile, riordinare e regolare tutta quella immensa farragine di leggi tutte direttamente o indirettamente contrarie ai diritti e alle prerogative della Chiesa, delle persone e delle cose della Chiesa; tutto un viluppo di cose, una massa veramente così vasta, così complicata, così difficile, da dare qualche volta addirittura le vertigini. E qualche volta siamo stati tentati di pensare, come lo diciamo con lieta confidenza a voi, sì buoni figliuoli, che forse a risolvere la questione ci voleva proprio un Papa alpinista, un alpinista immune da vertigini ed abituato ad affrontare le ascensioni più ardue; come qualche volta abbiamo pensato che forse ci voleva pure un Papa bibliotecario, abituato ad andare in fondo alle ricerche storiche e documentarie, perché di libri e documenti, è evidente, si è dovuto consultarne molti. Dobbiamo dire che siamo stati anche dall’altra parte nobilmente assecondati. E forse ci voleva anche un uomo come quello che la Provvidenza Ci ha fatto incontrare; un uomo che non avesse le preoccupazioni della scuola liberale, per gli uomini della quale tutte quelle leggi, tutti quegli ordinamenti, o piuttosto disordinamenti, tutte quelle leggi, diciamo, e tutti quei regolamenti erano altrettanti feticci e, proprio come i feticci, tanto più intangibili e venerandi quanto più brutti e deformi.
E con la grazia di Dio, con molta pazienza, con molto lavoro, con l’incontro di molti e nobili assecondamenti, siamo riusciti « tamquam per medium profundam eundo » a conchiudere un Concordato che, se non è il migliore di quanti se ne possono fare, è certo tra i migliori che si sono fin qua fatti; ed è con profonda compiacenza che crediamo di avere con esso ridato Dio all’Italia e l’Italia a Dio. »
Il 23 aprile 1929 cominciò il dibattito in Senato per la ratifica dei Patti Lateranensi, dibattito concluso il 25 maggio con un voto a favore, al termine di vivaci discussioni e polemiche anche all'esterno del Senato stesso. Sei senatori votarono contro l'approvazione: fra essi Benedetto Croce. Anche la Camera dei deputati votò l'approvazione dei Patti, ma vi furono due dissenzienti, anche se la Camera era formata completamente da elementi del Partito fascista. Lo scambio delle ratifiche avvenne con una solenne cerimonia in una saletta dei Palazzi apostolici, con Mussolini, che vestiva l'uniforme diplomatica con la feluca, ricevuto con tutti gli onori. Era il 7 giugno 1929. Dopo un'ora dalla partenza di questi dal Vaticano, alle dodici in punto, entrarono in vigore i Patti, e nacque lo Stato della Città del Vaticano, con lo scambio delle consegne tra i Carabinieri, che subito dopo lasciarono l'ex territorio italiano passato al Vaticano, e le Guardie Svizzere in alta uniforme. Il clima era di grande cordialità e di amicizia.
Alle ore zero dell'indomani, 8 giugno, entrarono in vigore le sei leggi principali del nuovo Stato, promulgate dal Pontefice subito dopo il mezzogiorno del giorno 7, fra cui la Legge Fondamentale, che all'art. 1 prevede che il Sommo Pontefice è sovrano dello Stato della Città del Vaticano.

L'inserimento nella Costituzione.
Nel 1948 i Patti furono riconosciuti costituzionalmente nell'articolo 7, con la conseguenza che lo Stato non può denunciarli unilateralmente come nel caso di qualsiasi altro trattato internazionale, senza aver prima modificato la Costituzione. Qualsiasi modifica dei Patti deve inoltre avvenire di mutuo accordo tra lo Stato e la Santa Sede, in tal caso la revisione dei Patti non richiede un procedimento di revisione costituzionale.
L'articolo 7 non ha comunque inteso parificare il contenuto dei Patti alle norme costituzionali, ma soltanto costituzionalizzare il principio concordatario, con la conseguenza che essi, per il tramite della legge di esecuzione, avrebbero dovuto ritenersi soggetti al giudizio di compatibilità con i principi supremi dell'ordinamento da parte della Corte costituzionale.
Con le sentenze n. 30 e 31 depositate il primo marzo 1971, i Patti lateranensi vennero posti tra le fonti atipiche dell'ordinamento italiano. Pertanto, i Patti Lateranensi devono essere modificati col procedimento ordinario nel caso ci sia mutuo consenso fra Stato e Chiesa, con il procedimento aggravato proprio delle leggi costituzionali nel caso sia lo Stato unilateralmente a modificare il testo dell'atto. Inoltre, le disposizioni dei Patti possono essere dichiarate costituzionalmente illegittime solo se contrastano con i principi supremi dell'ordinamento costituzionale (Corte cost. 16/1982, 18/1982).
Si ricordi comunque che, se gli articoli 7 e 8 della Costituzione prevedono un sistema differenziato di disciplina dei rapporti tra lo Stato e le varie confessioni religiose, altre disposizioni (si vedano gli articoli 19 e 20 della Costituzione) prevedono invece un regime di tutela uniforme per ciò che attiene all'esercizio del culto da parte dei fedeli.
Il Concordato (ma non il Trattato) fu rivisto, dopo lunghissime e difficili trattative, nel 1984, fondamentalmente per rimuovere la clausola riguardante la religione di Stato della Chiesa cattolica in Italia. La revisione che portò al nuovo Concordato venne firmata a Villa Madama, a Roma, il 18 febbraio dall'allora presidente del Consiglio Bettino Craxi, per lo Stato italiano, e dal cardinale Agostino Casaroli, Segretario di Stato, in rappresentanza della Santa Sede. Il nuovo Concordato stabilì che il clero cattolico venisse finanziato da una frazione del gettito totale IRPEF, attraverso il meccanismo noto come otto per mille e che la nomina dei vescovi non richiedesse più l'approvazione del governo italiano.
Nel precedente Concordato, nel quale ancora vigeva la norma del giuramento dei nuovi vescovi al Governo italiano, l'unico vescovo che non era obbligato a giurare fedeltà all'Italia era colui che fa le veci del Pontefice nella sua qualità di vescovo di Roma, cioè il cardinale vicario. Questa eccezione alla regola, che appariva nel Concordato, era stata prevista proprio in segno di rispetto dell'indipendenza del Papa nei riguardi dell'Italia.
Il suo vicario non deve essere sottoposto al giuramento, perché rappresenta il vescovo effettivo della città di Roma, ovvero il Pontefice. Per quanto riguarda la celebrazione del matrimonio, si stabilirono altresi’ le clausole da rispettare perché un matrimonio celebrato secondo il rito cattolico possa essere trascritto dall'ufficiale di stato civile e produrre gli effetti riconosciuti dall'ordinamento giuridico italiano oltre a porre delle limitazioni al riconoscimento in Italia delle sentenze di nullità matrimoniale pronunciate dai tribunali della Chiesa che prima avveniva in modo automatico. Si stabili’, inoltre, che nelle scuole si potesse richiedere l'esenzione dall'ora di religione cattolica, prima obbligatoria, che tuttavia restò curriculare, mancando l'occasione di rendere al contrario facoltativa la frequenza per gli interessati a tale materia: la scelta relativa deve essere effettuata e comunicata all'atto dell'iscrizione prima dell'inizio dell'anno scolastico.

Il dibattito politico sull'abolizione del Concordato.
Non può essere proposto un referendum per l'abolizione o la modifica del Trattato, del Concordato o delle leggi collegate a essi perché non sono ammessi, nel nostro ordinamento, referendum riguardanti i trattati internazionali. Come prevede l'art. 7 della Costituzione, «le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale»: ciò significa che le modifiche bilaterali possono essere adottate con legge ordinaria, mentre, argomentando a contrario, quelle unilaterali richiedono il procedimento aggravato art. 138 Cost. Nulla vieta, peraltro, che tale legge ordinaria o costituzionale sia proposta dal corpo elettorale, in quanto l'art. 71 Cost., nel disciplinare l'iniziativa legislativa del popolo, non menziona alcuna restrizione riguardante l'una o l'altra fonte del diritto. Dopo gli accordi di Villa Madama alcuni costituzionalisti ritengono che si sia rafforzata la tesi che il Concordato possa essere sottoposto a referendum, non avendo la valenza di un vero e proprio trattato internazionale fra stati ma solo di accordo con una confessione religiosa.

Dibattito sulla possibilità di recesso unilaterale.
Oltre all'accordo bilaterale e alla modifica costituzionale unilaterale, esiste una terza strada, cioè la denuncia unilaterale del concordato e la dichiarazione di un governo di non rispettare più il trattato con paese estero (possibilità che non può essere reclamata ai sensi dell'art. 4 della Convenzione di Vienna trattandosi di trattato firmato precedentemente a questa), per precisa scelta politica (dettata, ad esempio, dalla convinzione che la Chiesa avrebbe violato il trattato con alcune ingerenze politiche); inoltre, introducendo ad esempio il divorzio o sottraendo alla legislazione ecclesiatica, come prescrive l'articolo 11 del Trattato Lateranense, la giurisdizione sul controverso caso delle antenne di Radio Vaticana poi rimosse, come stabilito dalla Corte suprema di cassazione[7], lo Stato italiano si sarebbe già distaccato da alcuni punti dei Patti, ritenuti ormai superati: a quel punto resterebbe il riferimento in Costituzione, ma de facto non ci sarebbe più la legge ordinaria e il vincolo del trattato con Stato estero.
Tale scelta potrebbe essere contestata dalla controparte per violazione del diritto internazionale o dalla Corte Costituzionale (la quale può comunque abolire parti di leggi collegate al Concordato, se vengono giudicate in contrasto con l'ordinamento e lo spirito della Costituzione: prima del 1984, quando era ancora in vigore la norma sulla religione di Stato, vi fu la sentenza n. 117 del 2 ottobre 1979 che abolì il "giuramento su Dio", che legittimò l'ateismo attivo e delegittimò nei fatti lo status della religione cattolica come "sola fede dello Stato") e sarebbe comunque al limite della forzatura giuridica essendo presente il riferimento nell'articolo 7 (ciò non impedisce che possa venire fatto, vista l'impossibilità di obbligare fisicamente un governo estero a rispettare un trattato), anche se è già accaduto, sia per paesi esteri (la Francia con lo stesso Vaticano e con la NATO) e anche in Italia. Tuttavia, come ebbe a pronunciarsi lo stesso Pio XI con il noto simul stabunt vel simul cadent, non molto tempo dopo la ratifica dei Patti, a seguito della crisi dei rapporti tra Chiesa e Governo italiano guidato da Mussolini, un eventuale recesso unilaterale riaprirebbe inevitabilmente la crisi nei rapporti tra i due stati derivante dalla Questione Romana conclusasi ufficialmente con la firma del trattato (art.26).
Il cosiddetto trattato italo-libico venne sconfessato e sospeso durante la guerra civile libica, nonostante fosse stato ratificato dal Parlamento e quindi divenuto fonte del diritto (come prescritto dalla Costituzione che riconosce i trattati ratificati).
La dottrina giuridica rimane combattuta e incerta sulla possibilità, per questo la maggioranza dei giuristi risulta sostenere le prime due soluzioni rispetto alla terza.


Marfa

 

 



 

Note:
1. ^ Patti Lateranensi, Sezione Convenzione Finanziaria su Vatican.va
2. ^ Grignola Antonella e Ceccoli Paolo, Nel nome di Dio, Demetra Edizioni, ISBN 88-440-2288-1, pagina 231
3. ^ "In una parola, che il Vaticano ha sacrificato la sua missione universale ai suoi interessi peculiarmente italiani": André Géraud,The Lateran Treaties: a Step in Vatican Policy Foreign Affairs, July 1929.
4. ^ a b Allocuzione di Sua Santità Pio XI ai professori e agli studenti dell'Università cattolica Sacro Cuore di Milano «Vogliamo anzitutto», 13 febbraio 1929.
5. ^ Consulta Online - Sentenza n. 30 del 1971
6. ^ Consulta Online - Sentenza n. 31 del 1971
7. ^ Radio Vaticana / Radicali: Bene la sentenza della Cassazione, ma il Concordato va abolito, su radicalparty.org, 4 ottobre 2003. URL consultato il 7 giugno 2015.
8. ^ Ateismo e legislazione italiana, su Uaar.it. URL consultato il 7 giugno 2015.
9. ^ Concordato, su Uaar.it. URL consultato il 7 giugno 2015.
10. ^ Teodori Massimo, La presidenza della camera ha bloccato una mozione radicale per la denuncia del trattato lateranense in seguito al furto dell'ior, su Radio Raciale.it, 21 ottobre 1982. URL consultato il 7 giugno 2015.







 

 

 

 

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