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Emergenza educativa: il fenomeno e le recenti direttive del MIUR.

009 ..:: 27.01.2017 :: 18:30

 

 

 

 

 

::: SOVERATO :: Il disagio giovanile è un fenomeno molto più diffuso di quanto se ne abbia la percezione dal punto di vista della pubblica opinione e dell'istituzione politica.
E’difficile individuare quali siano i sintomi del disagio negli adolescenti e ciò aggrava la difficoltà nel ricercare le ragioni del disagio, le sue origini e la conseguente difficile “soluzione” al problema.
Il disagio vissuto dai giovani è un disagio che nasce e che cresce nel periodo dell’adolescenza e della preadolescenza in quanto è un meccanismo dinamico che può diminuire ma allo stesso tempo crescere in base alle risposte che i giovani ricevono dall'esterno. È proprio su questo ambiente esterno che dobbiamo porre particolare attenzione a quelli che sono i fattori di "rischio" spesso la causa delle difficoltà. Tali fattori di rischio li ritroviamo in quelli che sono i normali ambienti di vita dei ragazzi, come la famiglia, gli amici, la scuola, il tempo libero, il lavoro. Attualmente nel mondo giovanile e adolescenziale emerge una forte perdita di identità, di valori, in quanto i modelli di riferimento (genitori, scuola, mondo degli adulti), proiettano sui giovani stessi uno stato di disagio. Si registra in sostanza l'esistenza di un profondo malessere nella vita quotidiana dei giovani. Partendo quindi da un'analisi dei bisogni e dalle risposte che i servizi pubblici offrono, nasce l'esigenza di ampliare e diversificare gli interventi per e con i giovani stessi.
Negli ultimi anni si è resa evidente l’esistenza di una specificità del tema “giovani e lavoro” e il disagio che essi vivono, che ha portato al centro dei dibattiti e delle politiche governative la formazione e le politiche per l’occupazione come strumenti per la transizione giovanile. Le analisi mostrano tuttavia che siamo ancora lontani dall’avere a disposizione strumenti adeguati per affrontare l’entità del problema.
In questa difficile fase di passaggio da una economia industriale a una economia basata sulle attività terziarie, dall’economia nazionale all’economia globalizzata caratterizzata da profondi mutamenti nei metodi di produzione ed organizzazione del lavoro, con conseguenti stravolgimenti demografici, sono le giovani generazioni a subire la maggior parte degli oneri dovuti ai cambiamenti.
I giovani si trovano di fronte a tali e tante incertezze e difficoltà da rappresentare oggi una categoria sociale a rischio. La mancanza di lavoro stabile e quindi di autonomia economica fa registrare un ritardo sempre maggiore dell’uscita dei giovani dalla famiglia di origine e allontana sempre più la prospettiva di formazione di un proprio nucleo familiare e di mettere al mondo dei figli. Infatti il fenomeno della denatalità ha raggiunto livelli senza precedenti e rappresenta un segnale di forte disagio sociale e di disgregazione.
I ricorrenti e costanti mutamenti sociali hanno modificato la nostra percezione del concetto di “giovani” che, negli ultimi anni, risulta essere molto dilatato a causa dei mutamenti comportamentali imposti dagli andamenti sociali ed economici.
Oggi quando si parla di giovani, in qualsiasi ambito, si fa riferimento ad una fascia di età che oramai sfiora, e frequentemente supera, i 30 anni. È del tutto evidente che individuare il target della fascia cui ci si riferisce è fondamentale per poter fare una programmazione di interventi mirati.
L’attuale crisi economica sta caratterizzando quest’ultimo periodo con una forte recessione economica senza precedenti che scarica gran parte del suo peso sulle fasce più deboli ed in partìcolar modo sui giovani.
Le aziende in difficoltà hanno reagito con l’espulsione di lavoratori adulti e la riduzione del turn over, azioni di fatto che non hanno permesso il ricambio generazionale sui posti di lavoro con un conseguente aumento del tasso di disoccupazione giovanile. A bloccare tale ricambio occupazionale contribuiscono anche le difficoltà del sistema pensionistico (Riforma Fornero).
Con l’entrata in vigore del cosiddetto “pacchetto Treu” contenente misure per l’occupazione giovanile è stato introdotto nel panorama del lavoro il concetto di flessibilità, ritenendo che la differenziazione delle tipologie di inserimento lavorativo potesse garantire un livello maggiore di occupati, invece l’applicazione di tali istituti ha fatto registrare una sempre maggiore condizione di diffusa precarietà e flessione dell’occupazione.
Tale condizione ha generato una diffusa sfiducia che ha di fatto ritardato l’inizio della ricerca del lavoro e alimentato una minore disponibilità ad accettare lavori non adeguati alle proprie aspettative, che di fatto si è tradotto in un periodo di prolungata formazione e permanenza nelle ormai denominate “aree di parcheggio formativo” che, benché utili, non rappresentano una prospettiva di inserimento lavorativo nonostante l’alta specificità e professionalità raggiunta.
La situazione è particolarmente difficile ma in particolar modo critica nel Mezzogiorno dove sempre più «flessibilità» è uguale a «precarietà». Non si può non riconoscere che l’utilizzo delle tipologie contrattuali flessibili, pur avendo sostenuto l’occupazione per diversi anni, in particolare quella giovanile e femminile, ha portato con sé una dose di crescente insicurezza, soprattutto tra i giovani.
Alla luce di questo quadro allarmante e preoccupante, che non riguarda solo i giovani, sono state introdotte ulteriori norme in materia per promuovere l’occupazione e favorire l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro, prevedendo, da un lato, incentivi all’occupazione, oltre a quelli già introdotti dalla Legge 92/2012 e dall’altro modificando la flessibilità in entrata, come il contratto a termine, il contratto intermittente, il part-time, ecc…, inoltre il Decreto Legge n.76 del 28 giugno 2013 (convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 99), prevede incentivi per le nuove assunzioni a tempo indeterminato di giovani lavoratori che saranno riconosciuti per le assunzioni avvenute a partire dal 7 agosto 2013, e fino al 30 giugno 2015, subordinatamente alla verifica da parte dell'Inps della capienza delle risorse finanziarie.
L’incentivo, è riconosciuto per le assunzioni di lavoratori di età compresa tra i 18 ed i 29 anni, che siano privi di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi ovvero siano privi di un diploma di scuola media superiore o professionale.
Le modalità di intervento sono essenzialmente tre:
1. l’assunzione di giovani con meno di trent’anni;
2. la stabilizzazione di coloro che già lavorano ma con contratti precari;
3. la possibilità di assumere con contratti “atipici” cioè precari accorciando i tempi di inattività tra un contratto ed un altro portandoli da 10-20 giorni rispetto ai 60-90 attuali.
Questo strumento normativo, non certamente risolutivo, è un’azione positiva nella strategia di contrasto alla disoccupazione a cui si dovranno accompagnare altre misure di incentivo alle aziende per investire nelle nuove tecnologie, onde poter garantire gli attuali livelli occupazionali e creare nuovi posti di lavoro, facilitando l’accesso alla ripartizione delle risorse dei Fondi strutturali tra i territori nazionali, stanziate dall'articolo 1, comma 12, del citato DL n. 76, nonché ai fondi europei stanziati e non sempre utilizzati dall’Italia.
Si può pensare così di mettere in piedi una serie di strumenti per poter affrontare questa emergenza economica e sociale, ripartendo dal lavoro e dalla sua centralità , considerando per esempio la flessibilità, una condizione d’ingresso, che ha come tappa successiva la trasformazione del lavoro flessibile in un rapporto stabile.
La Convenzione sui diritti dell'infanzia, approvata dall'Onu il 20 novembre 1989, e ratificata dall’Italia con la legge 176/91, è il più importante tra gli strumenti per la tutela dei diritti dei bambini.
Gli Stati firmatari adottano tutti i provvedimenti affinché il fanciullo sia effettivamente tutelato contro ogni forma di discriminazione o di sanzione motivate dalla condizione sociale, dalle attività, opinioni professate o convinzioni dei suoi genitori, dei suoi rappresentanti legali o dei suoi familiari. E’ quanto recita l’articolo 2 della Convenzione sui diritti dell'infanzia, approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, e ratificata dall’Italia con la legge 176/91.
La Convenzione, riconosciuta da 193 paesi, è il più importante tra gli strumenti per la tutela dei diritti dei bambini e rappresenta un vero e proprio strumento vincolante per gli Stati contraenti. Secondo il documento, “sono bambini gli individui di età inferiore ai 18 anni, i cui interessi devono essere tenuti nella massima considerazione in ogni circostanza”.
L’Italia si è impegnata, quindi, a vigilare sul funzionamento delle istituzioni, servizi e istituti che hanno la responsabilità dei fanciulli e che provvedono affinché la loro protezione sia conforme alle norme stabilite dalle autorità competenti. In particolare per la salute e la sicurezza, tema, quest’ultimo, che rientra fra le competenze specifiche del ministero dell’Interno.
Il Viminale è in prima linea anche contro il disagio giovanile: espressione di difficoltà esistenziali e di assenza di motivazioni. Bullismo, violenza, assunzione di droghe, fenomeni che indicano situazioni di disagio, non sempre sono presenti in ambienti socio-culturali poveri, spesso sono associati a stati di ricchezza materiale e a mancanza di stimoli, quindi sono collocati in un contesto di maggiore complessità e non circoscrivibili a una specifica categoria sociale.
Il MIUR promuove il Patto di Corresponsabilità educativa come uno strumento educativo e formativo che promuove percorsi di crescita responsabile. L’idea di sviluppare e implementare lo strumento educativo denominato “Patto di Corresponsabilità” nasce dall’intento di offrire agli insegnanti, ai ragazzi e alle loro famiglie un occasione di confronto responsabile, di accordo partecipato, di condivisione di metodologie e obiettivi fondanti la vita comunitaria in ambiente scolastico. Il Patto contiene, in sé, una forte valenza simbolica offrendo, concretamente ed esplicitamente, un modello di relazione prosociale centrato non solo sul rispetto delle regole, ma anche sulla valorizzazione delle norme di comportamento intese quale cornice di riferimento funzionale alla tutela del più ampio progetto educativo coinvolgente gli studenti-cittadini in crescita. Il compito di accompagnare i ragazzi nel loro percorso di formazione globale della persona non è, attualmente, di facile attuazione.
Un’azione di prevenzione e contrasto al disagio giovanile realizzata da diverse istituzioni scolastiche con ottimi esiti è «LO SPORTELLO D’ASCOLTO».
La scuola, insieme alla famiglia, è la principale agenzia di formazione e di socializzazione dell’individuo, uno dei perni su cui far leva per promuovere il benessere integrale (fisico, psicologico, relazionale) dei nostri ragazzi. La scuola, infatti, non è e non può essere il luogo dove avviene la pura e semplice trasmissione delle nozioni, dove ci si limiti a fornire informazioni rispetto a questa o quella materia. Al contrario, la scuola è un luogo di vita, dove si sperimentano molteplici incontri tra coetanei, dove si impara la convivenza civile e a relazionarsi con gli adulti. Alcune di queste esperienze si tramutano in importanti occasioni di crescita che verranno ricordate negli anni, altre si risolveranno con il ciclo di studi, altre, infine, potrebbero produrre contrasti, disagi, sofferenza. Sta di fatto che tutti dalla scuola si aspettano molto, sia sotto il profilo umano, dello sviluppo personale, sia sotto il profilo dell’apprendimento e della preparazione al futuro professionale. L’iniziativa di istituire lo Sportello d’Ascolto Psicologico sempre più spesso presso scuole sia pubbliche che private si inserisce in un progetto più ampio teso a valorizzare l’individuo nella sua interezza e a stimolarne una crescita tanto cognitiva quanto emozionale. La scuola rappresenta sicuramente l’ambito privilegiato di un intervento psicologico che possa contribuire ad affrontare le problematiche sempre presenti in tutte le fasi della crescita individuale e a prevenire il disagio giovanile. A questo proposito è importante definire che cosa è uno Psicologo e che tipo di attività svolge. Chi è lo Psicologo e cosa fa nella Scuola In base all’art. 1 della Legge n. 56/1989 che ha istituito e regolamentato questa figura professionale, “la professione di psicologo comprende l’uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità. Comprende altresì le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito”. Lo psicoterapeuta, invece, è uno psicologo o un medico che ha acquisito, tramite una ulteriore specializzazione post-lauream almeno quadriennale, delle tecniche specifiche utili a contrastare i disagi e la patologia della sfera psichica, emotiva, relazionale. Le principali funzioni degli psicologi impegnati all’interno delle scuole possono essere individuate nelle seguenti attività (http://www.ordpsicologier.it ): costituire un’opportunità per favorire delle riflessioni; costituire un momento qualificante di educazione alla salute e prevenzione del disagio, per il benessere psicofisico degli studenti e degli insegnanti promuovere negli studenti la motivazione allo studio e la fiducia in se stessi; costituire un momento qualificante di ascolto e di sviluppo di una relazione di aiuto; costituire un momento qualificante per la prevenzione del disagio evolutivo; collaborare con le famiglie per la prevenzione del disagio e dell’abbandono scolastico; rappresentare uno strumento per la formazione e la riqualificazione del personale docente; rappresentare uno strumento, una modalità ed un’occasione per la formazione dei genitori.
La presenza di uno Sportello di Ascolto Psicologico all’interno della scuola è una grande opportunità per affrontare e risolvere problematiche inerenti la crescita, oppure legate all’insuccesso, alla dispersione scolastica, al bullismo, o ancora tipicamente connesse al periodo dell’adolescenza. Lo Sportello di Ascolto è uno spazio dedicato prioritariamente ai ragazzi, ai loro problemi, alle loro difficoltà con il mondo della scuola, la famiglia, i pari, ecc., ma è anche un possibile spazio di incontro e confronto per i genitori per capire e contribuire a risolvere le difficoltà che naturalmente possono sorgere nel rapporto con un figlio che cresce. Lo Psicologo Scolastico, dunque, è a disposizione degli studenti, dei genitori, degli insegnanti che desiderino un confronto con un esperto di relazioni e comunicazione tenuto al segreto professionale. Il colloquio che si svolge all’interno dello Sportello d’Ascolto non ha fini terapeutici ma di counseling, per aiutare il ragazzo a individuare i problemi e le possibili soluzioni, collaborando con gli insegnanti in un’area psicopedagogia di intervento integrato. Lo Sportello d’Ascolto Psicologico è un servizio di promozione della salute intesa nel senso più ampio che ne dà l’Organizzazione Mondiale della Sanità: benessere fisico, psichico, socio-relazionale, con obiettivi di prevenzione del disagio e delle devianze, oltre che di educazione alla gestione del proprio equilibrio mentale nel rispetto della propria individualità. Tale Sportello, attivo nell’orario scolastico e gratuito per gli utenti (studenti, genitori, insegnanti) rappresenta un’occasione di avvicinamento ad una preziosa figura di aiuto, lo Psicologo appunto, offrendo nel corso dell’anno scolastico ad ogni studente la possibilità di sperimentare il valore della riflessione guidata dall’esperto, preferibilmente esterno all’Istituzione scolastica. Il Servizio offre una consultazione psicologica breve finalizzata a ri-orientare il preadolescente in difficoltà. La riflessione con l’esperto permette di ridurre la confusione, ristabilire ordini di priorità sulla base dei valori del ragazzo, focalizzare le proprie esigenze tenendole separate dalle pressioni di tipo sociale cui l’adolescente è sensibile. La tutela offerta dalla segretezza professionale e il clima di non giudizio che contraddistinguono la professione dello Psicologo, favoriscono una profonda riflessione sulla propria esperienza. La rielaborazione nella relazione con lo psicologo, attraverso un ascolto attento, empatico e non giudicante, e l’attenzione agli aspetti meno manifesti del parlare e dell’agire, permettono una reale comprensione delle vicende del proprio mondo interiore, delle risonanze emotive che esse hanno per l’adolescente, promuovendo l’instaurarsi di una relazione privilegiata e significativa, sede di reale ascolto ed apprendimento. Lo Sportello d’Ascolto non si delinea, quindi, come un percorso psicoterapico e prevede un massimo di 4-5 incontri per studente, in genere sufficienti per consentirgli di focalizzare le soluzioni attuabili, a riscoprire le proprie potenzialità inespresse, ad uscire dall’impasse che in alcuni momenti della vita causa passività e sofferenza. Se, invece, nel corso degli incontri dovessero emergere problematiche che necessitano un maggior approfondimento, lo psicologo si occuperà di indirizzare lo studente presso un Servizio adeguato al proseguimento del lavoro. Destinatari Nello spirito di collaborazione e di alleanza educativa che anima le Istituzioni scolastiche, il Servizio si propone di fornire un punto di riferimento psicologico per la Scuola nel suo insieme, ed è pertanto aperto, in genere, anche a tutti gli adulti che sentano l’esigenza di confrontarsi sulle problematiche vissute a scuola nel rapporto con i preadolescenti e gli adolescenti. Lo psicologo si rende quindi disponibile al confronto anche con insegnanti e genitori, al fine di considerare e sperimentare modalità di relazione più funzionali al benessere degli allievi. Contenuti e Segretezza I contenuti di ogni colloquio sono strettamente coperti dal segreto professionale. Tuttavia, dovessero emergere delle aree-problema su cui fosse importante intervenire dal punto di vista educativo-preventivo, lo psicologo fornirà alla Scuola opportune indicazioni per promuovere in seguito nuove iniziative di prevenzione-intervento. Gli adolescenti che vogliono accedere individualmente al Servizio devono presentare il previsto modulo di consenso informato (fac-simile allegato) debitamente compilato e firmato da entrambi i genitori o dal genitore/affidatario. Per le modalità di accesso allo Sportello si prega di prendere visione del documento di presentazione del servizio dove è indicato POF. Metodologia e interventi Le attività di ascolto rivolte agli alunni sono effettuate seguendo il metodo del colloquio psicologico, accogliendo il richiedente in spirito di non-giudizio, indirizzandolo nell’analisi del problema e nella comprensione del suo vissuto. In sintesi, l’attivazione di questo Servizio sarà un’occasione per i ragazzi: di ascolto; di accoglienza e accettazione; di sostegno alla crescita; di orientamento; di informazione; di gestione e risoluzione di problemi/conflitti. Rispetto ai genitori, si privilegia il potenziamento delle capacità genitoriali e delle abilità comunicativo-relazionali con i figli, affinché essi possano trovare ascolto e supporto: nell’esercizio di una genitorialità piena e consapevole; nell’empowerment delle proprie competenze educative. Nei confronti dei docenti, infine, vengono fornite specifiche indicazioni psicopedagogiche da integrare nelle attività curriculari. Oltre ai colloqui individuali, il Servizio offerto dalla scuola può prevedere, su richiesta dei docenti, ampio spazio dedicato all’incontro delle classi gestito con il metodo del circle-time, allo scopo di costruire insieme una realtà in cui prendere coscienza di sé, dell’altro da sé e apertamente discutere dei propri vissuti, delle emozioni e delle problematiche tipiche dei ragazzi.
 

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