007 ..:: 26.11.2016 :: 18:30
La copertina del libro di Matteo de Musso, Luce dalla
Santa Casa.
Un altro viaggio per l’Italia è compiuto. E' infatti
giunto al termine un lungo girovagare alla ricerca
dell’autentica religiosità popolare presente in modo
pregnante in tutta la penisola italiana, legata al culto
della “Madonna di Loreto”, con lo scrupolo di documentare di
volta in volta la fondatezza storica e culturale che si lega
per ogni dove a quella devozione.
Ma è stato semplicemente un viaggio? A me pare proprio di
no. Direi sinceramente che quello compiuto dal collega
Matteo de Musso nel suo ultimo studio dal titolo:
“LUCE DALLA SANTA CASA”, introdotto degnamente dalla
prefazione di Mons. Giovanni TONUCCI, Delegato Pontificio
per la S. Casa, è stato un pellegrinaggio autentico, forse
un tantino atipico, se vogliamo, ma pur sempre un
pellegrinaggio! Dimenticavo di precisare che de Musso è
Socio Ordinario della Società di Storia Patria per la
Puglia, e questo suo ultimo lavoro esce per l’appunto con il
Patrocino di quella prestigiosa Associazione.
Ma torniamo a noi. Cosa sia un pellegrinaggio lo sappiamo.
Se è consuetudine recitare preghiere, litanie, invocazioni e
canti religiosi per impetrare grazie o per esprimere
gratitudine per quelle ricevute dalla Madonna venerata sotto
quel titolo, è il camminare, cioè il compiere materialmente
un percorso verso di lei, ieri a piedi, oggi in auto e
torpedoni, verso un santuario o una cappella, il mezzo più
autentico per manifestare adesione spirituale alla Vergine.
Infatti la storia di tante comunità locali, e de Musso nel
suo testo l’annota doviziosamente, parla dei tempi passati
in cui tale venerazione si manifestava proprio con un
pellegrinaggio a Loreto e poi magari, a riprova
dell’adesione al messaggio evangelico che da quel luogo
emanava, (la “luce” come de Musso la definisce) ed in forza
soprattutto di quelle folgoranti parole: “HIC VERBUM CARO
FACTUM EST” (qui il Verbo si fece carne) si edificavano per
ogni dove cappelle che a volte imitavano perfino nel
dimensionamento interno il prototipo di Ancona.
de Musso ha camminato per ogni parte della nostra penisola e
grazie alle testimonianze raccolte ed alle sue ricerche, ha
sviscerato per noi le espressioni più genuine ed autentiche
della devozione popolare nei confronti della “Madonna bruna”
e, venendo giù dalle Alpi per raggiungere la Sicilia, egli
ha documentato molte di quelle manifestazioni in cui
religiosità, folklore, pietà e tradizioni si mescolano fino
a divenire un humus ricco cui ancora oggi si può e si deve
(aggiungerei io) attingere a piene mani.
Ecco allora sotto i nostri occhi, giusto per citare alcune
di quelle peculiarità: i riti che si celebrano a Sulmona (Aq),
per esempio, ove la Madonna di Loreto, pur discostandosi
iconograficamente dalla classica raffigurazione delle Marche
(ma questo è un aspetto comune ad altre località citate nel
testo), è chiamata anche la “Madonna che scappa”. Nel testo,
de Musso ci parla anche della “Serenata del viso adorno”,
tipicità culturale di Torino di Sangro (Ch). Ma come non
citare ancora il toccante rito che si compie a Potenza
Picena (Mc) ove la Madonna di Loreto è chiamata anche “la
Madonna de li cuppitti” con la raffigurazione plastica di
una casetta di legno su cui è assisa la Madonna con il
Bambino in braccio? E volendo, potremmo ancora aggiungere le
“carità” di Montanaro (To). Tutto questo giusto per far
comprendere lo spessore culturale del lavoro compiuto da de
Musso che ha toccato quasi tutte le regioni d’Italia. Il
suo, chiaramente, non è e non poteva essere un discorso
esaustivo; non poteva cioè egli includere tutti luoghi
legati al culto della Madonna di Loreto… e così ci anima la
speranza che lui possa un giorno o l’altro riprendere il suo
“viaggio”, con tantissime altre novità lauretane per noi.
Michele Soccio
misoccio@gmail.com
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