Rapporto fra politica augustea e letteratura. | |
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006..:: 18.05.2015
GALLO MATESE ..:: Nel lungo arco dell'età che si suole
chiamare di Augusto, dalla morte di Cesare nel 44 a. C. alla
morte di Augusto nel 14 d. C., gli avvenimenti della storia
dapprima hanno un corso celere, dalle guerre civili alla
pacificazione augustea, alle riforme costituzionali ed ai
provvedimenti di restaurazione del principe; poi segue una
stasi dell'evoluzione politica, e la dinamica delle forze
sociali si arresta sotto la paternalistica dittatura di
Augusto. Parallelamente nella letteratura si ha dapprima una
fase di grande fioritura, nella quale i poeti seguono con
ansiosa attesa le vicende del trapasso politico, godono
della rinnovata pace e della restaurazione morale e
collaborano col principe nella diffusione del suo programma;
in una seconda fase le energie spirituali si vanno spegnendo
e la letteratura tende a diventare accademica ed
esercitazione retorica, perdendo ogni profondità di
contenuto morale e civile. L'età di Augusto, almeno nella
sua prima parte, è fra quelle della letteratura mondiale che
videro una maggior copia di ingegni letterari fiorire
contemporaneamente, per aver trovato nell'epoca un clima
propizio; può essere paragonata con l'età di Pericle o con
l'età di Luigi XIV, e con queste epoche ha comuni quei
caratteri «classici» che derivano da analogia di condizioni
storiche e spirituali. E' difficile stabilire quale peso
abbia avuto nel fiorire delle lettere il deliberato
proposito del principe di utilizzare i letterati in appoggio
alla sua politica. Egli era cosciente dell'importanza che
avevano le lettere per propagandare il suo programma, e
diede personalmente direttive ai letterati; non amava però
le adulazioni dirette smaccate e maldestre, e preferiva che
i letterati traducessero nell'arte gli ideali a cui il suo
principato si ispirava. Per ottenere ciò non erano nemmeno
necessarie eccessive forzature, perché vi erano sostanziali
coincidenze fra i principi programmatici di Augusto e le
aspirazioni degli uomini di cultura: la celebrazione della
pace augustea corrispondeva ad un sentimento e ad
un'aspirazione profonda dei cuori; la politica a favore
dell'Italia e la rivalutazione delle sue antiche tradizioni
era ben accolta dei letterati, per la maggior parte
provenienti dalla borghesia italica, e tradizionalisti come
lo sono generalmente i provinciali delle classi possidenti.
Accanto ai temi moralistici, come la celebrazione della
«pietas» tradizionale, della santità della famiglia, della
santità dei costumi, del ritorno alla terra, Augusto
suggeriva ai letterati temi più propriamente politici, quali
la missione universale pacificatrice dell'impero romano e la
fede nel destino di Roma. Augusto stesso fu letterato di
multiforme attività: scrisse in prosa ed in versi, tragedie,
epigrammi, opere storiche. Come si addice all'indole pratica
dell'uomo politico, il suo stile era semplice e chiaro, e di
questo ci è rimasta testimonianza nel «Monumentum Ancyranum»,
un'iscrizione da lui dettata, scoperta in un tempio ad «Ancyra»,
una sorta di manifesto propagandistico del regime augusteo,
che riassume l'opera politica e le benemerenze del principe
verso il popolo e lo stato. Augusto, pur avendo rapporti
diretti con i principali letterati del suo tempo ed
occupandosi personalmente delle direttive della politica
culturale, lasciò il compito specifico di protettore dei
poeti al suo fido collaboratore e ministro C. Cilnio
Mecenate. Appartenente ad un'antica famiglia etrusca, ricco
signore dell'ordine equestre, Mecenate era un abile
diplomatico ed un raffinato uomo di cultura. Fu seguace
dell'epicureismo e cultore dilettante di poesia leggera, e
le sue doti di uomo di mondo gli consentirono di intrecciare
rapporti di vera amicizia con i poeti del circolo, sui quali
non faceva pesare troppo la mano con rigide imposizioni,
lasciando una certa libertà di ispirazione e di temi.
Tuttavia, in compenso di cospicui aiuti materiali che
Mecenate dava ai poeti, essi erano tenuti a conformarsi in
una certa misura alle linee della politica augustea, a
rivolgere almeno una parte della loro produzione alla
celebrazione degli ideali morali, civili e patriottici
propugnati da Augusto. Al suo circolo appartennero Virgilio,
Orazio, Properzio, dei quali ci è ben nota l'opera, e altri
un tempo celebrati, la cui opera è andata perduta, come
Vario Rufo, autore di una tragedia, «Thyestes», e di un
poema epico o didascalico «De morte».
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