009..:: 01.12.2013
Nella foto, la professoressa Luciana Distante.
Lecce..:: Penultima opera di Verdi, che con il conclusivo
Falstaff, segna un punto d’arrivo di sintesi e di apertura
verso nuovi orizzonti. Verdi abbandona per la prima volta
con Otello, lo schema dell’opera drammatica suddivisa in
arie, duetti, ecc…separati da recitativi, e fonde le forme
chiuse in un discorso unico, dove il recitativo ha un
notevole rilievo, raggiungendo spesso una forza drammatica e
lirica senza precedenti.
Otello è l'opera in cui Verdi è riuscito a scavare più in
profondità nella psiche umana. Il contesto socio-politico
(l'isola di Cipro sotto il dominio veneziano e la guerra
contro i Turchi) influisce solo marginalmente sulle azioni
dei protagonisti. Lo ha fatto partendo da un dramma
dell'ammiratissimo William Shakespeare, in cui Il
compositore si concentra sull'evoluzione dei sentimenti del
generale al servizio della Repubblica veneziana Otello nei
confronti della moglie Desdemona, che passano dall'amore
sconfinato alla gelosia mortale. A scatenare la follia di
Otello è il suo alfiere Jago, risentito nei suoi confronti
per avergli preferito Cassio per la promozione al grado di
capitano. Un ulteriore fondamentale cambiamento rispetto a
Shakespeare è legato alla figura di Jago, che nell'opera di
Verdi - Boito assume un’importanza molto maggiore. Se nella
tragedia teatrale Jago impersona chi, a causa della sua
invidia, gelosia, rabbia, perfidia, trascina verso la morte
Desdemona e quindi Otello, nell'opera lirica egli diventa la
personificazione stessa del Male, una figura satanica che
prova gioia nel distruggere il Bene. É subito dopo aver
convinto Cassio a chiedere a Desdemona di intercedere presso
Otello affinché gli venga reso il grado di capitano che Jago
intona il suo "Credo".
Il grande, demoniaco, Credo, quest’aria sui generis,
definita «aria fatta di parlato» o «declamato
melodico»,scritto da Boito in versi sciolti, ci presenta
Iago come «un malvagio che non possiede neppure la metà
delle motivazioni del suo omonimo shakespeariano. (2) Iago è
malvagio senza ragione ma come conseguenza naturale del suo
esistere»Il Credo esplicita anche un altro aspetto
tutt’affatto assente nella tragedia shakespeariana: la
questione religiosa, che rivedremo anche nel ‘coro degli
omaggi’. Ancora una volta ci ritroviamo immersi nelle parole
di Schlegel. Nel ‘Credo scellerato’ Iago viene presentato, a
dispetto del testo introduttivo alla disposizione scenica,
come un personaggio diabolico. Le sue blasfeme anafore
mettono in parodia il Credo Romano e va ben oltre il primo
Iago che Boito aveva tratteggiato in un’aria a versi più
regolari e tutta impostata sul tema dell’invidia umana.
Anche subito dopo il credo, Iago, quando invoca Satana e
guarda il dialogo tra Desdemona e Cassio somiglia molto a un
Klingsor che si prepara a mettere in atto tutti i suoi
strumenti magici per fermare Parsifal.
Jago, il quale a quanto si dice, era destinato a essere il
protagonista dell’opera, è musicalmente quasi il personaggio
principale. La caratterizzazione di questo mostro umano non
era certo facile e Verdi ricorre, in realtà, a dei mezzi
spesso molto curiosi per imprimergli sulla faccia quella
che, a quanto è dato presumere, è la maschera appropriata.
Il più significativo è Otello, in cui si rivela, alle volte,
uno stato d’animo profondamente sentito, ma che molto spesso
non ci permette di dimenticare che egli è il tenore eroico
della vecchia opera italiana. (3)
Per esempio nel passo:
«Addio, schiere fulgenti, addio vittorie,
dardi volanti e volanti corsier!
. . . . . . . . . . . . . . .
Della gloria d’Otello è questo il fin!»
e più tardi nel giuramento:
«Sì, pel Ciel marmoreo, giuro! per le attorte
folgori!
per la Morte e per l’oscuro mar sterminator!»
il quale, secondo le vecchie concezioni italiane, è
tanto impressionante che persino Jago, oscuro di sé,
esce dalla parte e lo intona anche lui.
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Otello ritiene sacro il vincolo dell’amicizia, infatti,
lui è descritto come una persona che ripone piena fiducia
nei suoi due amici, Cassio e Jago, tanto da non accorgersi
del doppio gioco di quest’ultimo. Ciò dimostra anche
l’ingenuità di Otello.
Desdemona, a tratti, è una figura molto ben riuscita. È
sempre molto dolce, ma non sdolcinata, e si muove su ritmi
lenti. Lei è un agnello sacrificale, vittima inconsapevole
del suo eroe brutalizzato dal veleno demoniaco di Iago.
Nell’ultimo atto le è assegnata la «canzone del salce» che,
come nell’opera romantica tedesca, rappresenta il «brivido
premonitore». Lei ne rifugge e cerca protezione nella fede.
Un’Ave Maria, intonata all’uopo, inizia con un mormorio
liturgico e si perde allo stesso modo più tardi.
Cassio, il povero innocente Cassio, è un giovane del tutto
incolore, al quale solo nel primo atto si arrossano un po’
le gote, per il vino. Qui Verdi ha trovato l’occasione di
sviluppare il suo senso realistico: nella sua ebrietà lo fa
addirittura balbettare, interrompe senza riguardo la melodia
e le parole, non solo, ma gli fa riprendere la parola sulla
seconda sillaba e commettere altre sconvenienze del genere.
Verdi era un conservatore, un romantico e Boito un
innovatore, più tendente al decadentismo. Eppure alle grandi
innovazioni di tipo musicale del conservatore Verdi
corrispose una stretta osservanza della lettera del pensiero
prevalente da parte di Boito, l’innovatore. Questo
probabilmente perché entrambi vivevano nel proprio tempo ed
entrambi capivano, forse meglio di altri, dove stessero
andando la poesia musicale e l’opera. Il ritorno sulle scene
di Verdi non sarebbe potuto essere più fertile di sviluppi
per il teatro europeo del tempo. Egli si mosse in sintonia
con la sensibilità del fin de siècle scegliendo come
soggetto uno dei drammi psicologici più inquietanti di tutto
il teatro di prosa, dove l’azione è prodotta dall’intreccio
di passioni tanto assolute quanto devastanti - dall’odio
maligno di Jago alla cieca gelosia di Otello sino all’amore
innocente di Desdemona.Verdi coronò l’evoluzione naturale
del suo teatro, cresciuto in ambiente romantico e
sviluppatosi in una direzione ricca di chiaroscuri. Da
qualche tempo aveva preso atto, Verdi, che i valori intorno
a lui erano mutati, e che se era tramutato il tempo delle
battaglie per i grandi ideali, era venuta l’ora di sondare
gli abissi vertiginosi dell’animo umano, scavando in
profondità dalla traccia indicata da alcuni suoi personaggi
tenorili come Stiffelio, Riccardo (Simon Boccanegra) e Don
Carlo. (4)
Otello è l’esito di queste sue riflessioni estreme
consegnato alla posterità, e figura ancora oggi nei
repertori come uno dei drammi più moderni e sconvolgenti.
Nell’universo musicale, le cui misure sono in pratica
sconfinate, Giuseppe Verdi rappresenta un fenomeno unico.
Affermando che non vi sono stati musicisti come lui non si
vuole certo dire che non vi siano stati altri creatori di
melodie di bellezza superiore alle sue. Si vuole porre
l’accento sul fatto che probabilmente nessun musicista ha
saputo con altrettanta intuizione e sicurezza seguire
costantemente l’evoluzione della cultura e della realtà
sociale, inserendosi nella storia del proprio tempo con la
stessa intelligenza e duttilità. (5) Prova ne è il fatto di
una carriera che, in quanto a durata, ha superato qualsiasi
altra, e ha prodotto lavori che, a un primo ascolto,
sembrano provenire da due autori diversi e lontani nel
tempo. Il risultato è questo immenso capolavoro chiamato
Otello.
Luciana Distante
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Note:
1) Personaggi: Otello, moro, generale dell’armata veneta
(tenore); Jago, alfiere (baritono); Cassio, capo di squadra
(tenore); Roderigo, gentiluomo veneziano (tenore); Lodovico,
ambasciatore della Repubblica Veneta (basso); Montano,
predecessore di Otello nel governo dell’isola di Cipro
(basso); Desdemona, moglie di Otello (soprano); Emilia,
moglie di Jago (mezzosoprano); un araldo (baritono).
2) Shakespeare William. Othello, Mondadori, Milano 1992;
3) La verità dell'invenzione drammatica di Verdi non stava
nell'imitazione «veristica» della realtà, come fu per
Puccini, né corrispondeva alla verità astratta del mito,
come avvenne per Wagner. In lui il «vero» s'incarnava nel
groviglio delle passioni umane tradotte sulla scena nel
linguaggio universale della musica. In questo difficile
gioco, tipico del teatro, fra realtà e finzione, essere e
apparire, va ricercata non solo la unicità del maestro di
Busseto, ma anche la ragione del profondo legame con
Shakespeare. «Inventare il Vero» è, appunto, la direttrice
fondamentale della ricerca verdiana nel segno del
drammaturgo di Stratford: il suo referente per tutta la
vita.
4) Abbiati Franco, Giuseppe Verdi, Ricordi, 4 voll., Milano,
1959;
5) Abbiati Franco, Storia della musica, Garzanti, Milano,
1967.
www.assodolab.it
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