005..:: 25.07.2010
MONTALBANO JONICO - MT..:: La scuola è cambiata in modo radicale e profondo solo in
due momenti.
Una prima volta è successo quando in seguito all’invenzione
della stampa si sono diffusi in modo capillare libri e
manuali. In quegli anni la scuola delle botteghe artigiane e
dell’apprendimento attraverso l’apprendistato e l’esperienza
concreta si è trasformata nella scuola dei libri e delle
lezioni di cattedra.
Ora sotto la spinta delle tecnologie digitali (non solo
computers, ma un insieme assai complesso di apparati
tecnologici che lavorano in sinergia) l’appren-dimento dei
nostri studenti sta cambiando una seconda volta in modo
profondo e sostanziale, ritornando a nuove modalità di
apprendimento esperienziale.
Le modalità con cui gli alunni apprendono sono completamente
diverse da quelle che la scuola, ancora adesso, utilizza. La
scuola, rimasta immutata per secoli, è oggi scossa dal
terremoto digitale al quale non può sottrarsi, la tecnologia
sta plasmando la vita e il modo di apprendere dei nuovi
studenti e tutto questo avviene al di fuori della scuola.
L’homo sapiens, capace di decodificare segni ed elaborare
concetti astratti è sul punto di essere soppiantato
dall’homo videns che non è portatore di un pensiero, ma
fruitore di immagini, con conseguente “impoverimento del
capire” dovuto, secondo Giovanni Sartori (Homo videns.
Televisione e post-pensiero, Laterza, 1998) all’incremento
del consumo di televisione. Si passa, quindi, dall’homo
sapiens, all’homo videns, per arrivare all’homo zappiens: un
individuo in grado di trovare un senso anche in un flusso di
informazioni discontinuo, in grado di capire rapidamente
dove cliccare e cosa selezionare in una pagine Internet e di
portare avanti più azioni/interazioni in parallelo.
La scuola, tuttavia, va perdendo terreno ogni giorno di più
perché, invece di interagire con l’espansione esponenziale
delle informazioni, superficiali finché si vuole, ma
comunque elementi di conoscenza messi a disposizione dai
media, sembra un rifugio in cui ci si rinchiude per essere
protetti dal fluire della conoscenza e dal suo accrescersi.
Per cui oggi la scuola non è più il luogo della
movimentazione della conoscenza, ma quello in cui alcune
conoscenze, dopo essere state trasmesse e classificate, si
sedentarizzano, stagionano, e si staticizzano.
“Se una macchina del tempo consentisse a un nostro antenato,
per esempio un abitante della fine ‘800, di trascorrere una
giornata nella nostra epoca e di visitare una delle grandi
città, certamente non riconoscerebbe quasi niente: gli
ambienti della vita quotidiana sono infatti, profondamente
mutati…” (Biondi, 2007).
Se il nostro antenato, però, atterrasse in un’aula, con i
suoi banchi, la cattedra e la lavagna, capirebbe certamente
di trovarsi in una scuola, “uno degli ambienti che ha subito
minori cambiamenti”.
La scuola ha il dovere di attrezzarsi per conoscere quello
che sta avvenendo nell’universo giovanile, è fondamentale
parlare ai ragazzi con i loro stessi linguaggi, di cui sono
consumatori insaziabili nelle loro vite extra scolastiche
fatte di I-pod, sms, messaggistica istantanea, finestre
aperte in simultanea, video, immagini, community; un forte
divario tra mondo scolastico e mondo reale, potrebbe
procurare inevitabili riflessi negativi sul lavoro
scolastico. Se non si capiscono i ragazzi il loro mondo, non
si riuscirà in alcun modo ad educarli.
“Migliorare la qualità e l’efficacia dei sistemi
d’istruzione e formazione dell’Unio-ne europea; agevolare
l’accesso di tutti i sistemi d’istruzione e formazione;
aprire i sistemi d’istruzione e formazione al resto del
mondo” è quanto raccomandato nella relazione sugli Obiettivi
strategici per l’istruzione e la formazione nel Consiglio
europeo di Stoccolma del marzo 2001.
Tutti i paesi membri hanno sviluppato strategie didattiche
mirate a integrare diversi stili tecnologici, d’insegnamento
e di apprendimento.
A scuola con la LIM
Per supportare il cambiamento, comunque, occorre una
visione nuova e soprattutto un’immagine della scuola del
futuro, che faccia comprendere gli scenari nei quali gli
studenti potrebbero muoversi tra venti o trenta anni. A
distanza di molti anni e dopo che altre tecnologie hanno
tentato il loro ingresso nelle aule scolastiche con alterne
fortune, è ancora una lavagna a suscitare l’interesse, le
aspettative e gli auspici che un tempo sono stati riservati
all’ardesia: la Lavagna Interattiva Multimediale (LIM) o
lavagna digitale.
In effetti, il processo di integrazione dei nuovi media
negli ultimi trenta-quaranta anni (anni in cui la parola
“rivoluzione” è stata già utilizzata ed abusata, per
l’introduzione dell’audiovisivo prima, del computer poi) è
avvenuto senza un effettivo cambiamento nella metodologia o
nella struttura dell’insegnamento.
Esistono differenti modalità per insegnare e promuovere
l’apprendimento. Gli approcci più tradizionali privilegiano
il trasferimento di nozioni in forma testuale e orale dove
l’apprendimento è soprattutto un lavoro mentale di
ricostruzione astratta e di memorizzazione del sapere.
Con questa modalità, che tuttora caratterizza l'esperienza
scolastica, si produce però una conoscenza inerte,
decontestualizzata dalle situazioni reali e dai problemi
concreti e incapace dì offrire allo studente strumenti per
"dare senso alla sconcertante moltitudine dei fenomeni
naturali e sociali incontrati dagli studenti fuori dalla
scuola". La conoscenza resta inerte "perché le sue essenze
non sono mai scoperte dagli studenti, e di conseguenza gli
studenti non hanno occasione di usare queste essenze per
dedurre, spiegare, predire, padroneggiare praticamente
fenomeni concreti e problemi del loro ambiente" (Engestròm,
1995), A questa modalità possiamo contrapporre esperienze di
insegnamento capaci di sviluppare una "conoscenza attiva"
dell'oggetto di apprendimento.
Alcuni autori, per indicare l'efficacia di questo approccio,
rievocano la metafora della bottega dell'artigiano, laddove
attraverso un naturale processo di apprendistato, l'esperto
era capace di guidare i propri allievi all'uso di strumenti
e tecniche anche complessi. In questo approccio gli
strumenti svolgono un ruolo cruciale, diventano dei
"mediatori" che, come nella bottega dell'artigiano,
permettono dì facilitare "l'attività umana fornendo un
supporto all'attività intellettuale, consentendo
un'espansione delle capacità di memoria, di elaborazione e
di gestione di informazioni di diversa natura" (Pontecorvo,
2000).
È soprattutto in questa prospettiva che la LIM può diventare
un indispensabile strumento per l'apprendimento e in questo
contesto di riferimento profondamente diverso rispetto al
passato, l’utilizzo consapevole della lavagna digitale può
produrre una reale innovazione nel modo di fare scuola. La
LIM è una tecnologia che nasce per la scuola e non è una
tecnologia introdotta a scuola a partire da altri settori
professionali; si innesta su un substrato di innovazione
digitale comunemente accettato, che vede negli studenti
degli utenti inconsapevoli, ma fortemente influenzati dalle
modalità comunicative dei nuovi linguaggi.
La LIM viene spesso definita come una "finestra sul mondo",
a testimonianza della possibilità di aprire la classe al
mondo esterno, estendendo un ambiente che per troppo tempo è
rimasto chiuso in se stesso e costretto a spiegare "le cose
del mondo" solo con libri e parole.
La LIM offre possibilità inedite per esplorare e indagare
visivamente la realtà.
Le nuove tecnologie didattiche costituiscono una variabile
da gestire con grande attenzione all’interno dei processi di
insegnamento apprendimento, proprio per la loro influenza
sul processo cognitivo non richiede stravolgimenti
nell’orga-nizzazione dell’aula, si installa al muro accanto
alla lavagna di ardesia e si integra immediatamente
nell’ambiente della classe.
Anche la lavagna di ardesia è stata ai suoi tempi una nuova
tecnologia. Quello che oggi ci appare come un vero e proprio
ferro del mestiere dell’insegnante e una delle componenti
imprescindibili dell’aula, poco meno di due secoli fa fu
accolto come un’innovazione in grado di rivoluzionare la
didattica. In qualità di tecnologia didattica, la lavagna
suscitò l’entusiasmo di pedagogisti e insegnanti che la
considerarono uno strumento indispensabile per “fare
scuola”, al pari di libri, banchi, matite e quaderni, e ne
auspicarono l’adozione dapprima in ogni scuola e poi in ogni
classe. Un auspicio, questo, che è divenuto realtà nell’arco
di pochi decenni e che nel tempo ha mantenuto le sue
promesse, riconoscendo all’ardesia tutte le qualità di una
“tecnologia didattica” efficace.
Maria Teresa D’Elia
www.assodolab.it
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