Vita e opere di Domenico Gaetano Maria Donizetti. |
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043..:: 30.11.2013
Nella foto, la soprano, Luciana Distante.Proseguiamo questo «percorso musicale» a cura di Luciana Distante, soprano. E' una iniziativa dell'Assodolab riservata a coloro che amano la "buona musica" e gli "autori del passato" che ci accompagnerà per tutto l'anno 2013 su queste pagine web del nostro Supplemento di informazione on-line www.lasestaprovinciapugliese.it Questa è la nostra ultima uscita in questo Anno 2013. Considerato l'ampia collana pubblicata in queste pagine web, è molto probabile che per l'Anno 2014 vi saranno altri interventi nel settore musicale, a cura del soprano Luciana Distante. La Redazione Prof. Agostino Del Buono
Regione Puglia, LECCE..:: Domenico Gaetano Maria
Donizetti nasce a Bergamo il 29 novembre 1797 da una
famiglia di umili condizioni, quinto dei sei figli di Andrea
Donizetti e Domenica Nava. Nel 1806 Gaetano viene ammesso
alle “Lezioni caritatevoli di musica” dirette e fondate da
Simone Mayr. Il ragazzo dimostra subito di essere uno
studente esuberante e particolarmente sveglio, tanto che
Mayr decide di seguire personalmente la sua istruzione
musicale in clavicembalo e composizione. Nel 1815, su
raccomandazione di Mayr, Donizetti si trasferisce a Bologna
per completare gli studi con padre Stanislao Mattei, che già
era stato insegnante di Rossini. Negli ultimi mesi del 1817
Gaetano ritorna a Bergamo e, grazie all’interessamento di
Mayr, riesce a firmare quasi subito un contratto per
scrivere quattro opere per l’impresario Zancla, esordendo a
Venezia nel 1818 con “Enrico di Borgogna”, opera seguita nel
1819 da “Il falegname di Livonia”, rappresentate entrambe
con discreto successo e nelle quali si percepisce
l’inevitabile influsso di Gioacchino Rossini. Nel 1822
presenta alla Scala “Chiara e Serafina”, un totale fiasco
che gli chiude per ben otto anni le porte del grande teatro
milanese. Il vero debutto nell’opera avviene nel 1822, al
Teatro Argentina di Roma, con “Zoraida di Granata”, che
viene accolta con entusiasmo dal pubblico. Il famoso
impresario teatrale Domenico Barbaja, che nella sua carriera
fa la fortuna anche di Rossini, Bellini, Pacini e molti
altri, chiede a Donizetti di scrivere un’opera semiseria per
il San Carlo di Napoli: “La Zingara” viene presentata nello
stesso anno e ottiene un importante successo. A differenza
di Rossini, Bellini e successivamente Verdi, i quali
sapevano amministrarsi nel lavoro, Gaetano Donizetti produce
con fretta, senza fare accurate scelte, seguendo ed
accettando, soprattutto, i ritmi frenetici e stressanti
imposti dalle condizioni della vita teatrale del tempo. Alla
fine della sua non certo lunga vita l’instancabile
compositore lascia circa settanta opere fra serie,
semiserie, buffe, farse, gran opéras e opéra-comiques. A
queste bisogna aggiungere 28 cantate con accompagnamento di
orchestra o pianoforte, diverse composizioni di carattere
religioso (fra cui due Messe da Requiem in memoria di
Bellini e Zingarelli, e gli oratori “Il diluvio universale”
e “Le sette chiese”), brani sinfonici, più di 250 liriche
per una o più voci e pianoforte e composizioni strumentali
da camera, fra cui 19 quartetti per archi che denotano
l’influenza dei principali classici viennesi, Mozart, Gluck,
Haydn, conosciuti e approfonditi con i suoi due maestri.
L’incredibile prolificità di Donizetti è dettata dalla sete
di guadagno in un’epoca nella quale il compositore non
percepiva i diritti d’autore intesi come lo sono oggi, ma
quasi solamente il compenso stabilito al momento della
commissione dell’opera. L’abilità di Donizetti sta nel fatto
che quasi mai scende a livelli artistici improponibili,
grazie al mestiere ed alla professionalità acquisiti durante
gli studi con Mayr: si tratta di quella che viene definita
la “poetica della fretta”, che farebbe sì che la fantasia
creatrice, invece di essere turbata e depressa dalle
scadenze che devono essere rispettate, è solleticata,
sollecitata e tenuta sempre sotto tensione. Nel 1830, con la
collaborazione del librettista Felice Romani, ottiene il
primo vero grande trionfo con “Anna Bolena”, presentata al
Teatro Carcano di Milano e, nel giro di pochi mesi, anche a
Parigi e Londra. Anche se il successo e la prospettiva
tangibile di una carriera internazionale gli permetterebbero
di rallentare gli impegni, Donizetti continua a scrivere a
ritmi incredibili: cinque opere in poco meno di un anno,
prima di arrivare ad un’altra tappa essenziale della sua
produzione, il capolavoro comico “L'elisir d'amore”, scritto
in meno di un mese ancora su libretto di Romani,
rappresentato nel 1832 con grandissimo successo al Teatro
della Canobbiana di Milano. Nel 1833 presenta a Roma “Il
furioso all'isola di San Domingo” e alla Scala “Lucrezia
Borgia”, che viene salutata dalla critica e dal pubblico
come un capolavoro. L’anno successivo firma un contratto con
il San Carlo di Napoli che prevede un’opera seria all’anno.
La prima che deve andare in scena è “Maria Stuarda”, ma il
libretto, tratto dal noto dramma di Schiller, non passa il
vaglio della censura a causa del finale cruento: i censori
napoletani erano ben noti per pretendere solo il “lieto
fine”. In dieci giorni Donizetti adatta la musica ad un
nuovo testo, “Buondelmonte”, che viene accolto non
certamente in modo positivo. Ma la sfortuna di quest’opera
non finisce: “Maria Stuarda”, ripresentata nella sua veste
originale alla Scala nel 1835 finisce in un clamoroso fiasco
causato dalle pessime condizioni di salute della Malibran,
nonchè dai suoi capricci da diva. In seguito al volontario
ritiro dalle scene di Rossini nel 1829 ed alla prematura e
inaspettata morte di Bellini nel 1835, Donizetti rimane
l’unico grande rappresentante del melodramma italiano.
Proprio Rossini gli apre le porte dei teatri della capitale
francese e invita Donizetti a comporre nel 1835 “Marin
Faliero” da rappresentare a Parigi. Nello stesso anno a
Napoli arriva lo straordinario successo di "Lucia di
Lammermoor", su un testo di Salvatore Cammarano, il
librettista, successore di Romani, più importante del
periodo romantico, che già ha collaborato con Mercadante,
Pacini e che scriverà successivamente per Verdi quattro
libretti, tra i quali quelli per "Luisa Miller" e "Il
trovatore". Tra il 1836 e il 1837 vengono a mancare i
genitori, una figlia e l’adorata moglie Vírginia Vasselli,
sposata nel 1828. Neanche i ripetuti lutti familiari
rallentano la sua ormai frenetica produzione. In ottobre,
amareggiato per la mancata nomina a direttore del
Conservatorio come successore di Nicola Antonio Zingarelli
(gli viene preferito il più "autenticamente napoletano"
Mercadante), Donizetti prende la decisione di abbandonare
Napoli e di trasferirsi a Parigi. Torna in Italia, a Milano,
nel 1841. Ha così l’occasione di assistere alle prove del
"Nabucco" di Verdi nel 1842 e ne rimane talmente
impressionato che, da quel momento, si adopera per cercare
di far conoscere il giovane compositore a Vienna, dove è
direttore musicale della stagione italiana. Nello stesso
anno dirige a Bologna, su invito dello stesso autore, una
memorabile esecuzione (la prima in Italia) dello Stabat
Mater di Rossini, il quale vorrebbe che Donizetti accettasse
l'importante incarico di maestro di cappella a San Petronio.
Il compositore non accetta in quanto anela a coprire quello,
ben più prestigioso e più remunerativo, di Kapellmeister
presso la corte asburgica.
Luciana Distante
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