037..:: 19.10.2013
Nella foto, la soprano, Luciana Distante.
Proseguiamo questo «percorso musicale» a
cura di Luciana Distante, soprano. E' una iniziativa
dell'Assodolab riservata a coloro che amano la "buona
musica" e gli "autori del passato" che ci accompagnerà per tutto l'anno 2013 su
queste pagine web del nostro Supplemento di informazione
on-line
www.lasestaprovinciapugliese.it
La prossima uscita sarà il prossimo sabato.
La Redazione
Prof. Agostino Del Buono
Regione Puglia, LECCE..:: In Rigoletto, grande
capolavoro operistico verdiano, gli elementi classici della
narrazione, quali il tempo e lo spazio, vengono assoggettati
alla necessità di sottolineare la complessità psicologica
del protagonista.
Colpisce infatti, rispetto a precedenti opere verdiane, una
nuova concezione ed un utilizzo innovativo del tempo. Spicca
la rapidità con la quale gli eventi si succedono, senza
peraltro pregiudicare la caratterizzazione dell’ambiente e
dei personaggi. Osserverà con amarezza Rigoletto nel secondo
atto, dopo aver confortato Gilda ‘disonorata’ dal duca: «E
tutto un sol giorno cangiare poté». Colpisce in particolare
il ritmo del primo atto. Dopo il preludio, si susseguono la
ballata "Questa o quella" e il duettino con la contessa di
Ceprano, che sono già una compiuta raffigurazione scenico -
musicale del duca. Analogamente, la prima frase di
Rigoletto, «In testa che avete, signor di Ceprano», esprime
i provocatori atteggiamenti che il buffone di corte si
consente a spese dei cortigiani.
A loro volta, con l’arrivo di Marullo, i cortigiani
apprendono che in casa di Rigoletto vive una donna e,
scambiandola per la sua amante, preparano la vendetta, dando
il via a quella serie di malintesi e scambi di persona in
cui si consumerà il dramma.
Tutti questi rapidi avvenimenti sono scanditi da
un’incalzante raffigurazione melodica, il cui ritmo è
frenato, anzi, quasi bruscamente stoppato, soltanto
dall’ingresso di Monterone e dalla sua fatale maledizione.
Altro segno evidente dell’evoluzione di Verdi si ravvisa
nell’utilizzo dello spazio e dell’ambientazione. Emblematica
in tal senso è la scena dell’incontro Rigoletto -
Sparafucile della scena successiva. La melodia di un
violoncello e di un contrabbasso - sommessa, in sordina -
emerge sugli ‘staccati’ dei fiati e sui ‘pizzicati’ degli
archi; ed è cupa, sinistra, come le frasi che i due
personaggi si scambiano. Quanto al "Pari siamo" di
Rigoletto, che si sviluppa su continui mutamenti di tempo, è
evidente il gioco di un genere di declamazione melodica
altrettanto cangiante. Il duetto che segue alterna momenti
di affannosa concitazione, come l’Allegro vivo iniziale
introdotto dalla piena orchestra ("Figlia!", "Mio padre"),
ad altri di canto disteso e affettuoso: così l’Andante "Deh,
non parlare al misero", melodia nostalgica di Rigoletto alla
quale Gilda risponde con frasi trepidanti, all’unisono con
il primo oboe e il primo violino. Questo duetto procede con
trapassi di tono, come il veemente "Culto, famiglia, patria/
il mio universo è in te", la cui iperbolica enfasi faceva
inorridire i cultori dell’aulica compostezza rossiniana.
Ma Verdi mirava all’eloquenza scenica, che d’altronde non
precludeva melodie ampie e di calda affettuosità come il
"Veglia, o donna, questo fiore" rivolto a Giovanna, la
‘custode’ di Gilda.
Ricompare a questo punto il duca, che capovolge il principio
romantico del tenore vittima del baritono (vale a dire del
giovane eroe, ricco di virtù, piegato dalla scaltra
virulenza di un uomo maturo), ergendosi per di più, data
l’ampiezza della sua parte, quasi a coprotagonista.
Monterone prima, quindi Gilda e Rigoletto sono le sue
vittime. Quando il duca, introdottosi nella casa di
Rigoletto con la complicità di Giovanna, ascolta l’ultima
parte del duetto baritono-soprano e apprende che Gilda è
figlia del suo buffone di corte, si limita a un solo
laconico commento, «Sua figlia!».
Di Gilda il duca sembra, inizialmente, sinceramente
invaghito. Anzi lo è, tanto Gilda differisce dalle sue
abituali conquiste. Di qui l’appassionato "È il sol
dell’anima, la vita è amore" e la candida risposta di Gilda
("Ah de’ miei vergini sogni son queste").
Il Rigoletto vanta anche una parte corale di rilievo. Il
"Zitti, zitti, moviamo a vendetta” dei cortigiani che
rapiscono Gilda è un Allegro fortemente ritmato, mentre
subito dopo, a conclusione del primo atto, è l’orchestra a
delineare la disperazione di Rigoletto. La scena e l’aria
del Duca che apre il secondo atto si attengono, diversamente
dagli altri ‘assoli’ di questo personaggio, alla struttura
rituale: recitativo ("Ella mi fu rapita"), Adagio ("Parmi
veder le lacrime") e cabaletta (Allegro "Possente amor mi
chiama"), dilazionata dal coro "Scorrendo uniti remota via"
dei cortigiani.
Successivamente, l’iniziale, simulata veemenza di
"Cortigiani, vil razza dannata", che poi si muta in
un’implorazione ("Miei signori, perdono, pietade") iterata
dal corno inglese accompagnato dai soli archi; l’entrata
improvvisa di Gilda, mentre fiati e archi prorompono in un
Allegro; il patetico racconto "Tutte le feste al tempio"; il
concitato "Solo per me l’infamia" di Rigoletto, seguito
dall’accorato "Piangi, piangi, fanciulla" si susseguono con
straordinaria continuità di ispirazione, per poi prorompere
nell’Allegro vivo "Sì, vendetta, tremenda vendetta":
clamoroso, plateale, primordiale sotto certi aspetti, ma
teatralmente travolgente.
Il terzo atto è contrassegnato da un’inventiva melodica
grazie alla quale ambientazione e avvenimenti procedono
simultaneamente, pur con marcati contrasti di tono. Allo
sconsolato colloquio iniziale fra Rigoletto e Gilda segue
l’elettrizzante cinismo della canzone "La donna è mobile"
del duca, che Verdi tenne segreta ancora a prove iniziate e
che la sera della prima rappresentazione fu ‘trissata’.
Quindi un breve, tetro dialogo Rigoletto-Gilda, ma subito
dopo lo stupefacente quartetto
Gilda-Maddalena-duca-Rigoletto, che armonizza e fonde
quattro diversi stati d’animo.
Segue la tempesta, con la singolare trovata del vento mimato
a bocca chiusa dalle voci maschili del coro, il dialogo
Sparafucile - Maddalena e l’estremo sacrificio, mentre la
tempesta s’intensifica. Poi, mentre l’uragano si smorza,
l’orgoglioso soliloquio di Rigoletto, che crede d’aver
annientato un uomo potente, ma è richiamato alla realtà dal
canto del duca, che ancora una volta intona "La donna è
mobile". Infine, l’ultima melodia dell’agonizzante Gilda
("Lassù in cielo, vicino alla madre") e l’estremo grido di
Rigoletto, evocante la maledizione di Monterone.
Luciana Distante
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