027..:: 10.08.2013
Nella foto, la soprano, Luciana Distante.
Proseguiamo questo «percorso musicale» a
cura di Luciana Distante, soprano. E' una iniziativa
dell'Assodolab riservata a coloro che amano la "buona
musica" e gli "autori del passato" che ci accompagnerà per tutto l'anno 2013 su
queste pagine web del nostro Supplemento di informazione
on-line
www.lasestaprovinciapugliese.it
La prossima uscita sarà il prossimo sabato.
La Redazione
Prof. Agostino Del Buono
Regione Puglia, LECCE..:: Infine, è con La Traviata
(1853) che Giuseppe Verdi porta a maturazione il complesso
processo di evoluzione dei ruoli da soprano, segnando un
punto di non ritorno nell’assegnare alla donna un ruolo di
primaria centralità nell’opera. Si noti, infatti, che in
questo caso il titolo dell’opera fa esplicito e diretto
riferimento alla protagonista del dramma.
Brevemente, questa la trama dell’opera.
Violetta Valery (soprano), famosa e bella donna mondana,
amante del barone Douphol (baritono), durante un fastoso
ricevimento confida all’amica Flora Bervoix (soprano)
l’angoscia che l’opprime a causa della sua salute malferma.
Il visconte Gastone di Letorières (tenore), presenta alla
padrona di casa il giovane amico Alfredo Germont (tenore)
già suo ammiratore. Questi brinda a Violetta invitandola a
ballare, la donna però, colta da un improvviso malore, è
costretta a fermarsi. Il giovane restandole accanto le
rimprovera dolcemente la vita frivola che conduce e le
dichiara il suo amore. La giovane donna rimane interdetta,
il sentimento da lei ispirato in Alfredo la turba
profondamente; decide di regalargli il suo fiore preferito,
una camelia, invitandolo a tornare da lei quando sarà
appassito. All’alba gli invitati se ne vanno e Violetta,
rimasta sola, si rende conto di essere sinceramente
innamorata per la prima volta.
Nel secondo atto, Alfredo e Violetta vivono felici insieme
in una villa fuori Parigi. Il giovane, torna dalla caccia e
Annina la cameriera (soprano) lo informa che Violetta ha
dovuto vendere i suoi cavalli ed i suoi gioielli per far
fronte alle spese. Alfredo decide di tornare a Parigi
sperando così di porre rimedio alla disastrosa situazione
economica. Flora invita Violetta ad una festa che si terrà
la sera stessa. La giovane, rimasta sola in casa, riceve la
visita del padre di Alfredo, Giorgio Germont che l’accusa di
portare alla rovina economica il figlio e la scongiura di
rinunciare al suo amato per permettere all’altra sua figlia
di sposarsi: il fidanzamento è in crisi a causa del legame
scandaloso in cui è implicato il fratello Alfredo. La
giovane donna indugia a lungo, infine promette al
preoccupato genitore che dirà ad Alfredo di non amarlo più.
L’anziano signore si commuove. Mentre Violetta sta
scrivendogli una lettera d’addio, torna Alfredo. Non sapendo
che l’incontro è già avvenuto, le comunica che suo padre
vuole farle visita. La donna coglie questo come pretesto per
allontanarsi, non senza averlo prima abbracciato
calorosamente ed avergli dichiarato tutto il suo amore. Il
giovane crede che la donna amata si rechi a fare una breve
visita di cortesia ad una conoscente ma legge la lettera
d’addio di Violetta ed è colto da gelosia. Giorgio Germont,
che è nel frattempo sopraggiunto, approfitta della
situazione per convincere il figlio a tornare nella casa
paterna e lo consola.
La festa in casa di Flora è al culmine quando appare
Violetta accompagnata di nuovo dal barone Douphol. La
giovane donna rimane turbata quando si rende conto che tra
gli invitati è presente Alfredo che, mentre gioca e vince,
finge verso di lei totale indifferenza. Anche il barone
perde contro di lui, ed Alfredo offre la rivincita.
Preoccupata per la reazione di Douphol che vorrebbe sfidarlo
a duello, Violetta supplica il giovane di lasciare la festa,
ma lo spasimante di un tempo le controbatte che vorrà
andarsene solamente con lei al suo fianco. La giovane
rifiuta per adempiere alla promessa fatta al padre di lui, e
dichiara di essere l’amante del barone . A queste parole
Alfredo, colto da un irrefrenabile impulso, dinanzi agli
altri convitati getta una borsa piena di denaro ai piedi di
Violetta trattandola alla stregua di una prostituta. Il
violento gesto suscita in tutti indignazione, in particolare
in Giorgio Germont, appena giunto alla festa, che lo
redarguisce aspramente senza però svelargli la verità. La
donna dichiara ancora una volta il suo amore per Alfredo
che, ormai pentito della sua ignobile azione, è sfidato a
duello dal barone.
Nell’ultimo atto la giovane donna è gravemente malata di
tisi. Il medico confida alla fedele Annina che ormai non le
restano che poche ore di vita. Sola, legge nuovamente la
lettera di Giorgio Germont in cui le comunica di aver messo
al corrente il figlio di tutta la verità e dell’arrivo di
Alfredo deciso a chiederle perdono. I due si abbracciano
teneramente ricordando i giorni felici e sognando un futuro
radioso insieme: Violetta vuole continuare a vivere e ad
amare. Purtroppo la giovane è colta da un malore e
rimprovera dolcemente Giorgio Germont, che nel frattempo è
arrivato, di essere quasi in ritardo. Augura ad Alfredo un
futuro felice con una bella sposa e gli dona un medaglione
con il proprio ritratto affinché non la dimentichi. Ormai
esausta, si spegne tra le braccia dell’unico grande amore
della sua vita.
Violetta subisce delle trasformazioni nel corso dell’opera.
Inizialmente Verdi descrive questa donna immettendola in un
ambiente festoso, dove la musica rende bene il senso della
folle corsa verso un piacere effimero che porterà
all’autodistruzione. “Il brindisi nel primo atto è un
aspetto della sua anima, è la sua febbrile sete di piacere,
fa parte spiritualmente dei rapidi e ubriacanti vocalizzi
della Violetta di Follie, follie!, di Sempre libera degg’io”,
ricorda Massimo Mila .
Quella della donna cortigiana che si lascia travolgere dalla
frenesia della vita è dunque la prima immagine che ci viene
data di Violetta. La voce è metallica, acuta, si lascia
andare in agilità nervose. Le caratteristiche formali della
vocalità di Violetta sono utili a comprendere meglio il
personaggio, soprattutto quando avvengono dei mutamenti. É
bene soffermarsi sul recitativo della scena quinta, dove
Violetta è per la prima volta sola, come recita la
didascalia. Verdi, dopo la carrellata iniziale sugli
invitati, le “inquadrature” veloci e alternate su Alfredo e
Violetta durante il brindisi, pone ora la protagonista in
primo piano, “chiude” sul suo volto. Violetta inizia proprio
a questo punto la sua metamorfosi in donna forte. Si rende
conto di provare un sentimento che fino ad allora le era
ignoto, cerca di ribellarsi (qui tornano le agilità della
prima Violetta), ma poi, nella cabaletta finale, si lascia
conquistare dall’amore di Alfredo. Verdi rende benissimo
questa seduzione avvenuta con la voce fuori scena di Alfredo
che riprende il tema che lo caratterizza, elemento di
rottura e di stimolo dal punto di vista psicologico e
sentimentale, sulla quale s’interseca la voce di Violetta
che ormai ha ceduto e canta le ultime frasi, che parlano di
diniego, sulla stessa melodia di Alfredo, mostrandosi in tal
modo vinta dal suo amore.
La cabaletta "Sempre libera degg'io" merita attenzione
perchè ha una forma diversa dal solito: "invece di avere
prima della ripresa il consueto breve ritornello o
intermezzo orchestrale o corale, ha intercalata a questo
punto una ripetizione della frase di Alfredo “Amor, amor è
palpito dell'universo intero», cantata all'interno, con
improvviso cambiamento di tempo e di ritmo, e cioè passando
dall'Allegro brillante in 6/8 all'Andantino in 3/8. [...] È
in questa pagina che per la prima volta lottano insieme il
calore di una passione viva e sincera con gli ultimi guizzi
di una frivolezza che invano tenta di resistere" .
La musica, ancora una volta, riesce a far comprendere ciò
che le parole non possono. La metamorfosi di Violetta non è
ancora terminata. Divenuta donna forte grazie all’amore di
Alfredo, affronta Germont, il padre del suo amato, e si
trasforma in eroina romantica. In questo senso è da leggersi
il suo sacrificio per amore di Alfredo. É sempre l’amore il
“motore” che riesce a muovere Violetta nel suo difficile
cammino. Disposta a tutto per amore, pretende amore per
poter superare ogni ostacolo. Ottenuta la famiglia che ha
sempre desiderato si sacrifica a patto che Germont,
privandola di Alfredo, l’ami come un padre, quel padre che
lei non ha avuto.
Il duetto Violetta-Germont è costituito da una serie di
cantabili: "Pura siccome un angelo", "Non sapete quale
affetto", "Un dì quando le veneri" (con la relativa risposta
di Violetta: "Piangi, piangi"), "Morrò! la mia memoria";
"tutti di carattere ritmico ed espressivo differente e
collegati fra loro da brevi recitativi e dialoghi a
declamazione semplice, ora drammatica, ora melodica, spesso
strumentalmente commentati" .
L’amore trasfigura dunque Violetta, ormai soprano drammatico
irriconoscibile rispetto al primo atto. É avvenuto il
passaggio da cortigiana a donna forte ad eroina. E da
eroina-martire Violetta muore. Ancora una volta Verdi va
oltre le parole del testo, ci fa conoscere una Violetta
trasfigurata, un angelo ormai, non più una donna,
reinserendo per la terza volta il tema di Alfredo, che ha la
funzione di estrema unzione: il principio vitale dell’amore
le dona la forza per farla gridare di gioia nel momento del
trapasso.
Il ritmo e gli accenti si fanno febbrili, le illusioni
cadono a un tratto; «e allora la giovinezza e l'amore si
ribellano in un ultimo grido disperato: "Gran Dio! morir sì
giovine!". Poi la morte scende rapida su la vittima e la
soffoca: il cielo sembra aprirsi, cessano gli spasmi del
dolore, la gioia rinasce; è sempre la voce immortale
dell'amore che la richiama: "Amor è palpito dell'universo"»
.
Sempre Mila nota che “Violetta muore con una solennità
straordinaria per una fragile etera, fino all’ultimo
sbigottita dinanzi alla morte e piangente sui piaceri
perduti: i tragici e lenti accordi ribattuti in un andante
sostenuto sono, sì, segnati con un estremo pianissimo (pppp),
che conviene alla delicatezza del personaggio, ma hanno in
sè un’intrinseca austerità raccolta e minacciosa: nella
strumentazione hanno larga parte le trombe, quasi morisse un
eroe beethoveniano, o un Sigfrido. E Violetta muore come un
eroe e un martire” .
La traviata è un’opera il cui argomento è scomodo ancora
oggi, sia pure in maniera meno dirompente rispetto al XIX
secolo: la storia di una prostituta d’alto rango decisa a
cambiare vita nell’inutile tentativo di farsi accettare
all’interno della società borghese è considerata decisamente
immorale e scandalosa. Non stupisce quindi, l’interesse
della censura volto a moralizzare e “normalizzare” il
soggetto in questione .
A Parigi, dove era fuggito con Giuseppina Strepponi per
fuggire alle dicerie malevole del paese natale, e dove
riceveva il libretto del Trovatore che un sempre più
ammalato Cammarano andava componendo, Verdi assistette a una
rappresentazione teatrale di un noto romanzo dell’epoca: La
Dame aux camélias di Alexandre Dumas. Nel romanzo, Dumas
junior descriveva il suo giovanile amore per Alphonsine (Du)
Plessis, nota cortigiana della Parigi degli anni ’40, sotto
forma di pseudonimi: Alphonsine si tramuta in Marguerite
Gautier, Alexandre diviene Armand Duval. Se il soggetto,
nella sua cornice francese, a Verdi piacque così tanto da
volerlo mettere in scena alla Fenice (ove l’attendeva un
altro contratto), in Italia non sarebbe mai potuto piacere,
vista la scabrosità della vicenda e la sua tremenda
attualità: il compositore voleva ambientare la nuova opera
(dal titolo provvisorio di Amore e morte) nel secolo in cui
stava vivendo. Ma, come in Rigoletto (1851) la Censura si
era scandalizzata per la presenza in scena di un sicario e
di una prostituta, così avrebbe implacabilmente colpito e
reciso le camelie che sfoggiava la fanciulla “traviata”. Il
primo colpo inferto fu sull’ambientazione: la vicenda venne
anticipata di un secolo, in quel XVIII secolo, pieno di
crinoline e parrucche che Verdi trovò imbarazzanti e
insopportabili.
Mentre Verdi e Piave si dannavano per accontentare le
richieste della Censura, si trovarono a dover faticare anche
per la scelta dei cantanti: il compositore richiese
espressamente “una donna di prima forza” (un soprano,
quindi), scartando la favorita Marietta Alboni, brillante
contralto. La Cruvelli, apprezzatissima da Verdi, cantava
sempre all’estero, e la scelta ricadde su Fanny Salvini
Donatelli, virtuosa, ma il suo physique du role poco si
confaceva a Violetta Valery. Presago di un esito assai poco
felice, Verdi non si stupì quando La traviata ebbe un
insuccesso pieno, il 6 marzo 1853. Solo le repliche (l’anno
successivo, Verdi cambiò soprano e baritono, e il Teatro San
Benedetto vide un successo pari a quelli di Ernani e
Rigoletto), e la progressiva scomparsa della Censura (con
l’Unità d’Italia) riuscirono a “nobilitare” lo sventurato
amore di Violetta e Alfredo.
Luciana Distante
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