014..::.11.05.2013
Nella foto, la soprano, Luciana Distante.
Proseguiamo questo «percorso musicale» a
cura di Luciana Distante, soprano. E' una iniziativa
dell'Assodolab riservata a coloro che amano la "buona
musica" e gli "autori del passato" che ci accompagnerà per tutto l'anno 2013 su
queste pagine web del nostro Supplemento di informazione
on-line
www.lasestaprovinciapugliese.it
La prossima uscita sarà il prossimo sabato.
La Redazione
Prof. Agostino Del Buono
Regione Puglia, LECCE..:: Già in Nabucco (1842), il
soprano Abigaille sviluppa un personaggio più complesso e
articolato. Il ruolo richiede un soprano drammatico
d’agilità di grande potenza e flessibilità. Il ruolo impone
anche difficoltà tecniche rilevanti (do sovracuti da
emettere scoperti a voce piena o in pianissimo, trilli di
forza, salti d’ottava considerevoli, attacchi sulle note
gravi, tessitura onerosa), funzionali a mettere in luce il
carattere iracondo della principessa. Tra le più celebri
Abigaille spiccano Maria Callas, Anita Cerquetti, Elena
Souliotis, Ghena Dimitrova e, recentemente, Maria Guleghina.
Ma con I lombardi alla prima crociata (1847) che viene
segnato un passaggio fondamentale.
L’opera si compone di quattro atti che brevemente
ripercorriamo. Il primo atto, “La vendetta”, si svolge a
Milano, tra il 1095 e il 1097. Paganoè stato esiliato perchè,
geloso del fratello Arvino, ha cercato di ucciderlo nel
giorno delle sue nozze con Viclinda. Dopo anni ritorna a
Milano da penitente in cerca di riconciliazione. In realtà
egli comincia a ordire una trama contro il fratello,
servendosi di Pirro e di alcuni sicari. Arvino ha un
presentimento e si prepara contro la minaccia. La notte
dell’attentato al buio, Pagano colpisce qualcuno con la sua
spada: è il padre. Disperato, cerca di suicidarsi ma viene
arrestato.
L’atto II, “L’uomo della caverna”, si svolge invece ad
Antiochia. Il tiranno Acciano prega Allah perché scateni la
sua ira contro i crociati. Suo figlio Oronte è innamorato di
una prigioniera cristiana, Giselda, figlia di Arvino e
Viclinda, e vuole convertirsi al cristianesimo. Intanto
Pirro arriva nei pressi della città e raggiunge Pagano, che
si è ritirato in una caverna e fa l’eremita per espiare le
sue antiche colpe. Pagano si dichiara disponibile ad
accompagnare i crociati nella città infedele ma quando si
accorge che si tratta dei Lombardi, anche Pagano si arma.
Nel frattempo, nell’harem, Sofia annuncia a Giselda che
Acciano e Oronte sono stati uccisi; la giovane impreca
contro l’ingiusto dio che permette la guerra e Arvino
sopraggiunto, vorrebbe ucciderla per la sua empietà: quella
è una guerra santa. Il pio eremita, che non è stato
riconosciuto, la salva: "Si tratta, dice, di una povera
pazza".
Nell’Atto III, "La conversione", Oronte non è morto; ferito
e travestito da crociato, ritrova Giselda nella valle di
Josafath. I due si promettono eterno amore. Devono fuggire,
perché Arvinoli sta cercando per separarli; ha anche sentito
che Pagano si aggira nei pressi, e si ripromette di punirlo
in modo definitivo. Oronte e Giselda si rifugiano nella
grotta dell’eremita. Qui il ferito viene battezzato, e spira
tra le braccia della fanciulla amata.
Nell’ultimo atto, “Il Santo Sepolcro”, Giselda ha una
visione: Oronte predice che troveranno acqua nel deserto. I
crociati, in realtà, stanno soffrendo la sete, ma la fonte
di Siloe si mette miracolosamente a gettare acqua.
Riprendono i combattimenti e l’eremita è ferito a morte.
Portato nella tenda di Arvino, rivela di essere Pagano. Il
comandante crociato lo perdona, lo prende in braccio e lo
conduce all’entrata della tenda. Da lì può vedere che la
bandiera cristiana sventola su Gerusalemme conquistata.
Il personaggio di Giselda, è quello di una fanciulla presa
nel vortice di odi fatali che si inseguono attraverso il
mondo intero. La figlia di un notabile milanese, cui lo zio,
Pagano, prepara una strage familiare e che, poi pentito, ma
non libero dal fanatismo, si fa eremita. Il suo cuore, come
quello del fratello Arvino, è pieno di rancore che si sfoga
sui mussulmani. Eppure questa ragazza è capace di una vita
spirituale che non si fa condizionare dagli eventi. Per
questo la sua preghiera alla Vergine sgorga dal cuore e non
è un atto dovuto. Il suo amore supera le differenze di razza
e di cultura, le detta parole profetiche contro i Crociati,
che si abbandonano ad atti di criminalità. La sua fede è
incrollabile e la conversione dell’amato Oronte è generata
dalla sua forza e non dalla sua violenza così come lo è la
sua partecipazione all’atto finale: la conquista di
Gerusalemme della città santa.
Per quanto riguarda il ruolo e la vocalità, occorre
sottolineare che, alla prima assoluta dei Lombardi (11
febbraio 1843 alla Scala di Milano) Giselda fu Erminia
Frezzolini che godeva di un’enorme considerazione. Il
pubblico e la critica la consideravano l’erede della Pasta e
della Malibran. Verdi l’ammirava e tenne in grande
considerazione le capacità della Frezzolini tanto che si
potrebbe pensare il compositore utilizzò l’arte del giovane
soprano per sostenere le novità del suo stile.
Giselda è ruolo da soprano lirico d’agilità con un momento,
il Finale del II Atto, decisamente drammatico. L’agilità è
chiamata in causa fin dal Concertato del I Atto, “T’assale
un fremito”. Il canto fiorito segna l’intera parte, pur
prestandosi a situazioni teatrali diverse. Nel Rondò del II
Atto contribuisce ad un canto di grazia, molto ispirato, che
sfoga in una roulade che porta la voce fino al re bemolle
toccato nuovamente nella Cadenza. Nell’Allegro Moderato,
“No! Giusta causa”, invece, si fa rabbioso e diventa il
trampolino di lancio verso l’estremo acuto che schiocca come
un colpo di frusta. Lo ritroviamo nel III Atto, dopo che il
Coro angelico è cessato e prima che l’anima di Oronte canti.
In questo caso la coloratura è di grazia per espressa
indicazione di Verdi, mentre la voce tocca il do acuto.
Peraltro grazia e brillantezza sono richieste dalla
Cabaletta della Visione, “Non fu sogno”. Si tratta del pezzo
più arduo dell’intera partitura, specie se Giselda viene
affidata a voci pesanti e non particolarmente versate nel
belcanto del primo Ottocento. Non c’è dubbio che in questo
caso Verdi tiene in grande conto l’eccezionale virtuosismo
della Frezzolini. Esso comunque va ad inserirsi in una parte
che richiede anche altri requisiti, a cominciare da un
lirismo purissimo per intonare la preghiera del I Atto,
“Salve Maria”. Il brano è di "una vaghissima e pure
semplicità e scioltezza melodica, ricca di commozione per il
movimento armonico e per il vario ed efficace strumentale:
la fede e l'agitazione della giovinetta vi sono espresse in
una fusione e con una sincerità di ispirazione comunicative
e convincenti" .
Nel II Atto occorre dare un slancio appassionato alla
melodia di “Se vano è il pregare”. Al contrario
“No!...giusta causa!” deve essere declamato. Il Duetto con
Oronte e il sacrato Terzetto, “Qual voluttà trasfondere”
sono scevri di coloratura, ma vogliono passione, declinata
in modi diversi: quella del tempo d’attacco e della stretta
de Duetto richiede foga e amoroso trasporto, mentre il Tempo
di mezzo, accompagnato dall’arpa non disdegna una certa
mollezza. Il Terzetto necessita ispirazione e un piglio
profetico. La tessitura è schiettamente sopranile, sfoga
fino all’estremo acuto, senza quell’uso del grave che invece
c’è nella vocalità di Abigaille. Si deve aggiungere una
dinamica che al canto d’impeto, forte e fortissimo, trapassa
al piano e si abbandona alle più dolci ed ispirate mezze
voci che in taluni casi l’autore richiede in modo esplicito.
Luciana Distante
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