008 ..:: 03.06.2022
..:: Sopra, una fotografia dell'epoca del
Teatro della Scala di Milano.
TRINITAPOLI ..:: In questo articolo metteṛ
in risalto alcuni punti fondamentali: Il Clarinetto in
Orchestra; I diritti e la tutela degli orchestrali; la
diaspora degli orchestrali.
Il Clarinetto in Orchestra.
Per l’instabilità di molte orchestre ed enti teatrali,
raramente furono banditi appositi concorsi per il
reclutamento degli orchestrali. Le assunzioni, pertanto,
erano prerogativa degli stessi impresari o enti teatrali,
che spesso si rivolgevano a mediatori o ad agenzie per
reclutare le prime parti o l’intera massa orchestrale.
In diversi casi, le assunzioni o i licenziamenti furono
determinati anche su segnalazione dei direttori d’orchestra.
Luigi Amodio, ad esempio, nel 1924 fu assunto al Teatro alla
Scala di Milano per intercessione di Arturo Toscanini,
mentre un tal Bianchi, suonatore di clarinetto piccolo Mib
sempre del teatro alla Scala di Milano, su segnalazione del
direttore Tullio Serafin, nel marzo del 1911 fu licenziato
per le sue modeste capacità musicali.
Diritti e tutela degli orchestrali.
Mal pagati e poco tutelati, nel primo Novecento gli
orchestrali vivevano la loro professione nella precarietà
più assoluta e anche la sottoscrizione di contratti (spesso
ambigui), non sempre garantiva e tutelava il lavoro degli
orchestrali. Per questi motivi, nel febbraio del 1910 fu
fondata a Milano l’Unione Orchestrale Italiana con lo scopo
dell’elevazione artistica e morale, nonché dei miglioramenti
professionali e materiali dei suoi aderenti. L’unione mirava
a tutelare ed assistere legalmente gli orchestrali, dalla
sottoscrizione dei contratti con gli enti teatrali, fino al
pagamento finale per il lavoro svolto in orchestra. Tra i
soci fondatori di questo sodalizio, vi erano tutti i
clarinettisti all’epoca scritturati al teatro alla Scala e
successivamente ne fecero parte anche altri clarinettisti
che esercitavano in altre parti d’Italia e all’estero.
Durante il Ventennio fascista, il regime dette vita ad una
serie di organismi con il chiaro intento di assoggettare e
controllare tutte le attività musicali italiane. Nacque
coś, il sindacato Nazionale Fascista Musicisti (1933) con
l’annessa Cassa nazionale di Assistenza, L’unione dell’Arte
teatrale (1934), il Centro lirico Italiano (1936) e il
Consorzio degli editori Italiani di musica (1938). Nel 1932,
inoltre, sottoscrisse il primo Contratto collettivo
nazionale di lavoro per gli orchestrali dipendenti da
imprese liriche od enti lirici. Si tratṭ di una grossa
conquista per gli orchestrali che, per la prima volta,
videro stabiliti in modo chiaro diritti e doveri,
retribuzioni e periodi di ferie, prima lasciati al libero
arbitrio dei singoli enti teatrali.
Nella gran parte dei teatri italiani, il lavoro si aggiṛ
nei primi decenni intorno a due, tre mesi annui, poi negli
anni Trenta il numero totale di mesi lavorativi crebbe fino
a quattro. Non stupisce pertanto che, molti clarinettisti,
all’attività orchestrale alternavano spesso quella didattica
e/o bandistica.
La diaspora degli orchestrali.
La progressiva crisi dell’opera, con la conseguente chiusura
di diversi teatri, la mancanza di stabilità del lavoro in
orchestra e, in alcuni casi, i forti contrasti politici
verificatisi durante il regime fascista, spinsero un gran
numero di clarinettisti a cercare fuori dall’Italia una
migliore collocazione professionale. Escludendo i
clarinettisti che occasionalmente o per brevi periodi furono
attivi in orchestre estere.
Massimo Santaniello
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